Una pagina triste della mia vita, e il mio papà “Virgilio”

di

Ginevra, 12 anni

In questo testo voglio parlare di un periodo in cui mi sono sentita come Dante, che si era  perso in una selva oscura. Voglio raccontare dei primi mesi del 2019 perché sono stati i più dolorosi  e tristi della mia vita.

È il 30 dicembre 2018, eravamo ad Arezzo per il Capodanno e mio padre venne chiamato da  mio zio perché nonno non stava bene, aveva un grave problema ai polmoni. Mio padre mi disse  che doveva tornare a Caserta ma non mi volle rivelare il motivo e io ero rimasta spiazzata da questa  sua decisione perché non ci avrebbe mai lasciate da sole senza una valida ragione, per di più in un  posto che conoscevamo poco.

Quando tornammo, il 2 gennaio, non trovai mio padre a casa, allora  chiesi spiegazioni, volevo sapere il motivo per cui lui non fosse lì a dirci “Bentornate!”. Volevo  sapere di più e ho insistito, finché mia mamma non mi disse che mio nonno era in ospedale e che  papà era lì con lui.

Io rimasi come una statua di ghiaccio davanti a lei, provando a credere che fosse tutto uno  scherzo o che stessi sognando, ma non era così. Passai la notte a farmi mille domande fino al  momento in cui sentii la porta di casa aprirsi e successivamente chiudersi, era mio padre.

Avevo  intenzione di scendere ma non lo feci, non so il perché ma in quel momento volevo solo  abbandonarmi nel mondo dei sogni.  La mattina dopo mi svegliai in totale tranquillità, ma quando mi ricordai ciò che era successo  avvertii come un vuoto.

Vidi mio padre, corsi ad abbracciarlo sperando che potesse trovare un po’  di conforto in un tenero gesto d’amore ma non fu così. Si vestì velocemente ed uscì dalla porta di  casa.  Io feci colazione, mi lavai, indossai la prima cosa che riuscii a trovare nell’armadio anche  perché in quel momento non potevo e non riuscivo a prestare attenzione a cosa stavo indossando,  visto tutto quello che stava accadendo.

Cominciai a fare i compiti delle vacanze che mi erano  rimasti, ma non riuscivo a concentrarmi, non riuscivo a distogliere i miei pensieri da nonno e da  tutto quello che stava vivendo.  Continuai a farmi le stesse domande ogni singolo giorno: “Starà bene?”, “Guarirà?”,  “Quando potrò vederlo?”

La domanda, però, che mi tormentava di più era se l’avrei rivisto poiché  nessuno mi diceva come stava, se stava migliorando o peggiorando. Cominciai anche a chiedermi  se fosse già andato in cielo e che non me lo avessero detto per proteggermi.  Ecco appunto, credevano di proteggermi non parlandomene mai, io però non volevo essere  protetta, io volevo solo la verità, una notizia che mi facesse intuire che mio nonno potesse salvarsi.

Passarono così due mesi e il primo febbraio scoprii che mio nonno era uscito dall’ospedale  e in quel momento vidi uno spiraglio di luce che illuminò quel periodo così cupo.  Insistetti nel vedere il mio nonnino, ma i miei genitori non vollero, perché dicevano che  doveva ancora rimettersi in forma, allora io rispettai la loro decisione.

Il 14 febbraio arrivò la notizia che speravo non arrivasse mai, nonno non si era svegliato. Io  lo venni a sapere in maniera ufficiale fuori scuola alla fine delle lezioni. Scoppiai a piangere, non  riuscivo a trattenermi e proprio in quell’esatto istante sentii che una parte di me non sarebbe mai  tornata.

Il Virgilio che mi aiutò ad uscire dalla selva oscura, cosa che mi stupì, fu mio padre. Lui che  aveva sofferto così tanto, avendo perso tutti e due i genitori, lui che aveva passato intere notti in  ospedale, lui che aveva fatto mille sacrifici per restare vicino a nonno, lui che non mi ha mai fatto  preoccupare, è riuscito a portarmi fuori dalla selva, fuori da quel periodo cupo che mi stava  uccidendo.

Cercava di distrarmi in tutti i modi, giocando, cantando, ballando, ma io vedevo che  era triste come me. Allora un giorno ci sedemmo e facemmo una lunga chiacchierata parlando di  nonno ma anche di come ci sentivamo ad averlo perso. Dopo quel pomeriggio passato a parlare,  io mi sentii meglio perché sapevo che avrei sempre potuto contare su di lui e lui su di me.

Gli sono grata per questo e per tutto quello che fa per non farmi stare male, gli voglio un  bene infinito e non smetterò mai di ringraziarlo, perché anche il più piccolo dei gesti, se fatto con  amore, può avere un grande significato.

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