UNA RETE DI SOSTEGNO PER MONICA

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La violenza è una mancanza di vocabolario (Gilles Vigneault).

Monica, (nome di fantasia) è una mamma presa in carico nell’ambito del progetto INVIOLABILI, è di origine straniera (nigeriana) e ha due bambine di 4 anni e 5 anni. È sposata da diversi anni con un connazionale. Entrambi sono disoccupati, il marito fa qualche lavoretto saltuario, ma la condizione economica della famiglia è fortemente precaria. Da dicembre 2021 ha iniziato a partecipare all’attività di sostegno genitoriale e le sue bambine alle attività rivolte ai nostri piccoli beneficiari dai 2 ai 6 anni.

Monica, dopo qualche mese di partecipazione, ha iniziato a perdere molto peso e spesso si è presentata trascurata, le bambine invece sono apparse quasi sempre serene, tranquille e molto partecipi alle attività. Un giorno, al termine dell’attività di sostegno genitoriale, la donna decide di condividere con le operatici alcune difficoltà della sua vita: il marito nell’ultimo periodo, a causa delle grandi difficoltà economiche e dell’assenza di lavoro, è diventato molto nervoso nei suoi confronti ed è spesso ubriaco. Questo nervosismo si traduce in una violenza verbale ma anche e soprattutto fisica: tutto ciò avviene sempre in presenza delle bambine. È successo spesso che questi eventi si verificassero di notte, svegliando dal sonno le piccole che erano nella stanza accanto. Monica racconta, con le lacrime agli occhi, che una notte il marito l’ha perfino lasciata fuori casa fino alle prime ore del mattino senza permetterle di rientrare. È stanca di subire queste violenze, ma non è pronta a denunciare, a lasciare la casa in cui ha vissuto per tanto tempo insieme alle bambine e al marito. Non vuole lasciare il quartiere e la rete che si è, con fatica, costruita negli anni. Pensa di non riuscire da sola a prendersi cura delle sue figlie soprattutto da un punto di vista economico. Ha paura che denunciando il marito, farebbe loro del male precludendogli la possibilità di vivere con il padre. Monica è piena di dubbi e paure, sa di aver bisogno di aiuto ma ha comprensibilmente paura del cambiamento che potrebbe aspettare lei e le sue bambine.

L’équipe di progetto decide di proporre a Monica di rivolgersi ad un CAV, un luogo in cui le donne vittime di violenza possono raccontare la propria storia ed essere ascoltate e accolte, chiedere consiglio ad avvocati, essere supportate psicologicamente: Monica accetta. Si organizza un incontro di rete tra l’équipe di INVIOLABILI, il CAV e la mediatrice linguistico-culturale – figura indispensabile per comprendere appieno il peso che la violenza e la separazione dal marito hanno nella cultura nigeriana e per permettere a Monica di sentirsi pienamente compresa. Durante i colloqui, realizzati sempre in rete, si è parlato degli aspetti legali, di cosa comportasse depositare una denuncia penale nei confronti del marito, dell’attivazione del Tribunale dei minorenni e del processo, si è parlato della violenza assistita che le bambine hanno vissuto in questi mesi.

La situazione viene definita dalle operatrici del CAV ad alto rischio. Monica decide quindi di denunciare il marito e richiedere accoglienza per lei e le bambine in una casa protetta. Le operatrici di INVIOLABILI, insieme alle operatici del CAV e la mediatrice linguistico-culturale accompagnano Monica e le sue figlie in Questura. Inizia una giornata lunga e pesante emotivamente: la denuncia viene depositata e vengono allertati immediatamente i Servizi Sociali in reperibilità. L’Assistente Sociale raggiunge Monica e le bambine in Questura per accompagnarle poi alla casa protetta che le ospiterà, situata in un comune diverso da quello di residenza.

Si avvia così il processo: al marito di Monica, con applicazione dell’art. 403, è stata sospesa la responsabilità genitoriale con l’obbligo di seguire percorsi di valutazione genitoriale e percorsi presso il Ser.D di competenza. Gli incontri tra l’uomo e le bambine, che saranno attivati a seguito dei percorsi di valutazione, saranno gestiti dal Servizio Sociale attraverso lo spazio Neutro. Monica e le bambine rimarranno nella struttura protetta per un periodo di almeno 6 mesi.

Al momento in cui scriviamo, Monica è ancora collocata presso la struttura di accoglienza, le bambine sono state iscritte in una nuova scuola. Chiedono spesso del padre e Monica accoglie le loro domande e dubbi e, con l’aiuto degli operatori, spiega alle bambine cosa è accaduto e cosa accadrà. Monica sta cercando, con il supporto degli operatori della casa protetta e dell’équipe di INVIOLABILI, di ricostruire la sua vita partendo da sé stessa. Cercare lavoro, imparare meglio la lingua italiana sono i primi passi che Monica, supportata da una rete che è stata in grado di attivare, sta compiendo per restituire a sé stessa e alle proprie figlie una vita sicura e dignitosa. È un percorso difficile, pieno di dubbi e di incertezze: la stanchezza del dover vivere in un posto diverso, non scelto, condividendo spazi e quotidianità con altre persone, che spesso non comprendono la sua cultura e i suoi bisogni; la mancanza delle vecchie abitudini, della casa in cui ha visto crescere le bambine; la fretta di riprendere in mano la propria vita, di riguadagnare la propria autonomia.

Di tanto in tanto Monica ci chiama per sapere quando potrà andarsene per poter ricominciare il prima possibile. La ascoltiamo, le stiamo accanto, le ricordiamo che il cammino è ancora lungo ma che le risorse personali su cui può contare sono molte e che tante persone stanno lavorando per lei, per aiutarla a costruire giorno dopo giorno il futuro a cui aspira per la sua famiglia.

Le sofferenze che vive una donna e una madre vittima di violenza sono innumerevoli: denunciare una persona amata, con la quale si è condiviso un percorso di coppia e costruito un progetto di vita, sapendo di privare così del padre i propri bambini; il dolore vissuto, un dolore inaspettato, faticoso da accettare e da riconoscere. Così come è enorme la sofferenza dei bambini vittime di violenza assistita, che risultano spesso invisibili agli occhi dei propri genitori, incapaci di comprendere – e spaventati dal vedere – la grande sofferenza che portano dentro, nel vivere quotidiano in un clima di forte tensione ed incertezza, circondati da violenza e dolore. Ma Monica è riuscita ad andare oltre tutto questo, trovando proprio nelle figlie la forza di denunciare e di uscire dal ciclo della violenza, nella speranza di un domani migliore.

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