La cosa peggiore è perdere se stessi

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Noelia, 14 anni

Perdere spaventa un po’ tutti, forse è una delle poche paure che ci accomuna veramente. Un bambino ha paura di perdere un giocattolo bramato da tanto tempo, un ragazzo spera di non perdere una partita di calcio per la quale si è allenato duramente. Un padre non vorrebbe mai perdere il suo lavoro, una madre avrà timore di perdere un figlio.

Il nostro spirito di competizione ci porterà a non voler perdere neanche la più amichevole partita a carte giocata tra amici. Abbiamo paura di perderci in una città che stiamo visitando per la prima volta o, quando c’è una fitta folla di persone, teniamo i nostri cari vicini così da non perderli di vista.

Dal latino pèrdere vuol dire anche dissipare, tradire, mandare a male, distruggere. Quando ho chiesto alla mia famiglia e ai miei amici cosa avessero paura di perdere, tutti loro mi hanno risposto con oggetti, persone o ricordi.

In una società come quella di oggi, credo che perdere se stessi sia la cosa peggiore, soprattutto per noi ragazzi che ancora dobbiamo trovare la nostra strada e capire chi siamo. Come fai a perdere qualcosa che non conosci? O peggio, come fai a ritrovarla?

Dante, nel suo capolavoro intramontabile, ci descrive la sua perdizione paragonandola a una selva così scura da ricordare la morte; forse la cosa peggiore è che rappresenta la vita. Nessuno ci prepara a quella selva, Dante stesso era sorpreso di essersi perso.

Desideriamo non cadere mai, non vorremmo mai perderci, vacillare, essere tristi. Vorremmo solo divertirci, viaggiare, scoprire nuovi posti. Vorremmo percorrere tutte le vie e scegliere quella che ci piace di più. Vogliamo provare emozioni, sentimenti, conoscere persone, nuovi amici. Desideriamo vincere, desideriamo essere desiderati, amati, voluti, accettati. Vorremmo solo vivere. Ma potremmo mai arrivare al nostro Paradiso, se prima non ci perdiamo un po’ nella nostra selva oscura?

A volte ci sembra che la selva duri per sempre, ci sembra impossibile superarla da soli: forse è per questo che Dante immagina che Virgilio lo accompagni nel suo tortuoso viaggio. Virgilio rimane sempre fedele a Dante, lo aiuta, lo supporta lo accompagna fino a dove può. Virgilio può essere un amico, un familiare, potrebbe anche essere il riflesso nel nostro specchio, perché se c’è una cosa che Dante ci insegna, è che nel nostro viaggio faticoso, solo una persona ci rimarrà sempre fedele: noi stessi.

Ci sorprende sempre perderci, siamo sempre convinti di sapere dove stiamo andando, siamo sempre convinti di sapere cosa vogliamo. Cresciamo tutti ascoltando le favole più fantasiose con un lieto fine ormai quasi scontato. Quelle favole però non raccontano quanto sia difficile correre con una sola scarpetta, o quanto rimanere in equilibrio su un tappeto volante sia praticamente impossibile. Nessuno ci avvisa che a volte la nostra bussola può rompersi, facendoci perdere la nostra strada. Ci ritroviamo semplicemente catapultati in una realtà che pretende tutto da noi ma non ci dà quasi niente. Abbiamo paura perché ci ritroviamo in quella selva sempre da soli.

La cosa peggiore è che neanche conosciamo noi stessi. È come sedersi a tavola con uno sconosciuto che però conosci da sempre. Potremmo anche fingere davanti agli altri, ma quando siamo soli le nostre maschere devono cadere, ci troviamo di fronte a qualcuno che non ci appartiene e questo ci spaventa. La selva non è un posto intorno a noi, noi stessi siamo la nostra selva: il nostro cuore, i nostri pensieri, le nostre domande, i nostri dubbi ci tengono in gabbia come se fossero una prigione per la nostra anima. Scappare dalla selva può essere facile, ma come si scappa da se stessi?

Dante, tuttavia, non si scoraggia, va avanti anche quando non vede la luce, cammina, corre, forse desidera volare eppure non rimane mai fermo, e perché dovremmo farlo noi? Sperate, amate se volete farlo, scoprite i posti che desiderate, piangete, logoratevi nella vostra selva, abbiate paura nelle vostre tenebre e solo a quel punto riuscirete a vedere la vostra luce. Che tu abbia perso un oggetto, i sensi, la retta via, non temere: non perde un albero le foglie ogni autunno, per poi far sbocciare dei fiori più belli? Perdersi alla fine è un buon segno, significa solo che hai iniziato uno dei viaggi più difficili e meravigliosi che tu possa mai intraprendere: la vita.

“Lo duca e io per quel cammino ascoso
intrammo a ritornar nel chiaro mondo;
e senza cura aver d’alcun riposo,
salimmo sù, el primo e io secondo,
tanto ch’i’ vidi de le cose belle
che porta ‘l cel, per un pertugio tondo.
E quindi uscimmo a riveder le stelle.”

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