Ero in un labirinto, non vedevo la luce in fondo al tunnel

di

Giulia, 15 anni

“Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita”.

Durante la nostra vita ci saranno sicuramente periodi di smarrimento, periodi di confusione, e soprattutto nell’età adolescenziale un momento “oscuro” in generale è molto frequente. Questa pandemia globale ha costretto noi ragazzi a passare parte della nostra adolescenza da soli, chiusi nelle nostre camere, privati dello sport, delle nostre amicizie e della nostra quotidianità.

Mi piace pensare alla selva oscura di ognuno di noi come ad un lungo tunnel, un lungo labirinto buio, non riusciamo a vedere subito la luce e forse ci convinciamo del fatto che non la vedremo mai. La mia selva oscura è proprio così: un labirinto oscuro, e ho fatto il mio “ingresso” in questo luogo tetro nel mese di aprile (2020); sono stata male fisicamente, e dopo mesi di agonia, a maggio sono stata finalmente ricoverata in ospedale.

Prima di arrivare a ciò ho dovuto sopportare molto dolore, e il fatto che stessi così male condizionava anche la mia famiglia; la settimana nella quale sono stata ricoverata è stata orribile, il dolore aumentava sempre di più e a quanto pare nessuno capiva come aiutarmi. Durante il giorno non trovavo pace e la notte il dolore era lancinante, non riuscivo a dormire, e mentre il dolore mi opprimeva e rendeva le mie giornate buie e cupe, arrivata la sera speravo di riuscire a chiudere occhio e trovare pace almeno la notte.

Dopo una settimana sono uscita dall’ospedale, ero angosciata, preoccupata e soprattutto esausta. Arrivata a casa cercavo di far vedere ai miei fratelli che stavo bene , soffrivo dentro, per evitare di far soffrire loro. Ogni giorno speravo che il dolore passasse e la sera mi coricavo temendolo. Non era vita. Non potevo andare avanti così, soffrivo e basta, non riuscivo a studiare bene, litigavo con la mia famiglia e mentivo ai miei fratelli, la cosa più destabilizzante era che i miei orari erano sfasati a causa delle mie notti insonni.

Ero in un labirinto, e non trovavo la via d’uscita. Nel mio labirinto non potevo muovermi, andare avanti o indietro perché qualsiasi passo facessi trovavo davanti a me muri insormontabili. Oramai tutto aveva perso senso, niente mi interessava più, e sicuramente la chiusura di tutte le varie attività a causa della pandemia non era un fattore favorevole.

Non sono uscita da sola da questo labirinto, ancora ne sono dentro, ma il grido disperato e silenzioso dei miei genitori preoccupati, per me è stato come un campanello dall’arme. Non potevo vivere in quel modo. Così un pomeriggio decisi di prendere uno dei miei libri preferiti e questo mi ha aiutato molto, vorrei citare due particolari frasi di questo libro: “Che genere di persone siamo? Che genere di persona sei tu? Non è forse questa la cosa più importante di tutte? Non è forse questo il genere di domanda che dovremmo fare a noi stessi tutto il tempo? Che genere di persona sono io?”.

È stato come se la domanda me la ponessi da sola, chi volevo essere io? Cosa stavo facendo? Che futuro volevo avere?, ho trovato inspirazione da questo libro e ancora una volta ho avuto la testimonianza del fatto che leggere è fondamentale non solo dal punto di vista culturale, ma anche da quello morale.

Un’altra frase che mi ha colpita particolarmente è stata: “Non è una gara su quale sia il giorno peggiore. Il punto è che tutti dobbiamo sopportare i cattivi giorni”. Questo mi ha fatto capire che ci possono essere dei periodi cupi e dolorosi, l’importante è rialzarsi; si può superare tutto, tranne la morte, ed io invece sono viva, viva e giovane, dovevo concedermi di vivere in serenità.

Ora che guardo indietro, sento che ho commesso degli errori, forse mi sono preoccupata troppo, inutilmente.
Per fortuna sto scoprendo che posso uscire da questo labirinto perché come Teseo ho un filo in mano, e alla fine del labirinto ci sono alcune persone che tengono l’altro capo del filo. In questo labirinto alcune volte trovo pace, ma quando scende la notte tutte le ansie e le mie paure si accaniscono sul mio corpo e provo un dolore immenso, un dolore lancinante un dolore che fa paura. Sono tante le persone che stanno tenendo il mio filo e che mi stanno aspettando: c’è mio padre, che è sempre pronto a darmi buoni consigli e quando ci vuole anche parole dure , mia madre la cui presenza per me è fondamentale, mia sorella, e poi ci sono anche le mie professoresse che sono sempre presenti, nel bene e nel male.

Ora la vedo la luce alla fine del labirinto, ne vedo solo un piccolo bagliore , il dolore è pressante e costante, ma io non sono “il mio dolore “, io sono Giulia, ho quindici anni e non mi farò rovinare questi meravigliosi anni della mia vita così facilmente. Voglio combattere, così come hanno fatto molte donne, uomini e bambini che stanno molto male e che nonostante tutto sorridono.

Un ruolo fondamentale in questo mio pensiero lo assumono i medici, i dottori e gli assistenti sanitari che in tutto questo periodo hanno dovuto superare una miriade di ostacoli e hanno continuato a fare il loro lavoro, nonostante le condizioni non siano delle migliori ; loro non hanno mai smesso di combattere contro questo nemico invisibile e devono essere d’esempio per ognuno di noi..

Dunque sono sicura che con volontà e forza d’animo posso superare questo mio periodo un po’ buio, e ora so che non si può pretendere sempre di essere perfetti; la vita stessa è ricca di imperfezioni, ma sono proprio queste ultime a farci desiderare di continuare a vivere e a ricordarci quanto sia bello farlo.

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