LA FORMAZIONE TRANSCULTURALE

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La migrazione costituisce un evento traumatico nella storia dei singoli e delle famiglie, sia che si verifichi all’interno di un progetto predefinito, sia che avvenga in condizioni di emergenza. I migranti perdono i riferimenti del contesto culturale in cui sono nati e cresciuti e si trovano a vivere una condizione di disorientamento. Ciò li rende fragili, in particolare le donne, in occasione di una nuova maternità: le neo mamme migranti, non solo, come tutte le donne in occasione del parto, sono più vulnerabili, ma lo sono doppiamente in quanto si trovano a vivere questo delicato momento in solitudine. La letteratura clinica ha messo in evidenza come il periodo perinatale e i primi anni di vita costituiscano un momento di particolare vulnerabilità per lo sviluppo della relazione genitori bambino, nelle famiglie migranti, a causa della mancanza di coesione e compresenza del gruppo di appartenenza e della famiglia allargata. La competenza materna e la modalità di protezione e di cura dei piccoli si fonda infatti in molti paesi d’origine sul sostegno delle co-madri e sulle famiglie allargate, nonché su conoscenze tradizionali tramandate e condivise nel contesto culturale di appartenenza. Il compito materno è quindi sostenuto sia materialmente che culturalmente da un’esperienza gruppale. La solitudine spesso vissuta nella migrazione rende più fragili le donne e le famiglie e l’isolamento sociale rende faticoso e difficile lo svolgimento dei compiti genitoriali.

Molti casi di depressione, difficoltà relazionali e di sviluppo, conflitti familiari e maltrattamento, hanno origine nella rottura dei legami, nella mancanza di supporto da parte delle famiglie d’origine e nella perdita del rapporto con il contesto culturale. Un problema che nel paese di provenienza avrebbe trovato soluzione, nella migrazione può esplodere in comportamenti violenti che si ripercuotono direttamente sui bambini. Anche i ruoli di genere subiscono nella migrazione trasformazioni a volte traumatiche perché non elaborate e condivise. Le potenzialità offerte dai servizi, invece, non sono conosciute e utilizzate.

Il concetto di vulnerabilità che viene usato per definire la condizione delle madri, dei bambini e delle famiglie migranti in questa fase del loro percorso, è strettamente correlato alle condizioni dell’accoglienza che vengono messe a disposizione da parte dei diversi servizi preposti alla primissima infanzia. Per questo motivo, nella costruzione del progetto INVIOLABILI, abbiamo ritenuto necessario un approfondimento formativo che affronti la violenza domestica in un’ottica transculturale, capace di comprenderne il portato e i possibili superamenti. È importante che gli operatori educativi, sociali e sanitari siano formati all’approccio transculturale per poter incontrare i bisogni di questa parte della popolazione e per poter offrire risorse efficaci che vengano incontro ai bisogni specifici di questa fase.

In particolare la formazione deve fornire esperienze e strumenti per operare un decentramento culturale, che permetta l’ascolto e la comprensione di rappresentazioni diverse e la valorizzazione delle competenze presenti. La consapevolezza di poter utilizzare in maniera complementare diversi riferimenti culturali, senza metterli in contrapposizione ma utilizzandoli per arricchire il campo comunicativo, consente sia agli operatori che agli utenti dei servizi di trovare modi nuovi e creativi di convivenza e di “meticciamento”. Ogni cultura infatti ha proprie rappresentazioni di come cresce un bambino, di come debba essere educato, dei tempi del suo sviluppo e dei compiti di ciascun genitore ed è necessario essere consapevoli delle differenze e della necessità di confrontarsi affinché gli interventi che proponiamo possano essere efficaci.

Un altro tema necessario per attivare risorse di prevenzione e monitoraggio in questo contesto è un utilizzo consapevole e professionalizzato della mediazione linguistico-culturale, necessaria per una comunicazione efficace sul piano linguistico ma soprattutto per creare un contesto comunicativo utile sul piano della comprensione culturale e della fiducia reciproca. Una buona mediazione linguistico-culturale permette infatti la costruzione di una base di alleanza che consente la mobilizzazione delle risorse presenti nelle famiglie e l’utilizzo competente di quanto l’ambiente di accoglienza può mettere a disposizione.

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