“Un gruppo tutto al maschile”

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Cosa resta del padre? La paternità nell’epoca ipermoderna (Raffaello Cortina Editore, 2017) è il titolo di un libro di Massimo Recalcati, noto psicoanalista lacaniano italiano. In questo scritto l’Autore affronta il tema della paternità nel mondo di oggi, con un interrogativo di fondo che in modo senza dubbio più superficiale di quello scelto da Recalcati potremmo racchiudere nella domanda “Come si può essere genitori oggi e come si può avere una funzione di guida per i nostri figli?”. 

Questo interrogativo ha accompagnato come sottofondo anche tutti gli incontri genitoriali che ho tenuto come psicologa nell’ambito del Progetto T.E.R.R.A. che dal 2018 porta avanti a livello nazionale un modello di inclusione sociale e contrasto alla povertà educativa, coinvolgendo diverse realtà territoriali accomunate da un sistema socio educativo che fatica a prevenire la dispersione scolastica. All’interno del Progetto, l’Associazione Officine Psicologiche si occupa di molteplici attività abbracciando l’intera fase dello sviluppo adolescenziale: entra nelle scuole, attraverso l’attivazione di sportelli d’ascolto; entra nelle case, attraverso la strutturazione di interventi di tutoring digitale in piccoli gruppi.

Si rivolge a studenti e professori e, da quest’anno, anche ai genitori. Questo perché ci si è resi conto che nel lavoro svolto sino ad ora mancava un elemento importante, oserei dire fondamentale, i genitori appunto. Coloro che ogni giorno si trovano a dover rispondere a molteplici richieste lavorative, familiari e personali, con il rischio di un sovraccarico concreto ed emotivo che spesso non trova spazio per essere accolto. Coloro che, soprattutto nella situazione acuta di emergenza sanitaria, si sono trovati soli a gestire nelle loro abitazioni le normali attività scolastiche, non sempre pronti e adeguatamente preparati per supportare i propri figli, con il rischio di conflitti e tensioni tra le mura domestiche. È proprio da queste riflessioni che nasce l’esigenza di creare uno spazio di ascolto per i genitori dei ragazzi coinvolti nelle attività di Tutoring Digitale, portando avanti due percorsi distinti ma paralleli, accomunati dalla dimensione gruppale, dal potere della condivisione e dell’ascolto reciproco. 

In questo contesto ho l’occasione di condurre un gruppo tutto al maschile, di incontrare e conoscere tre papà, che chiameremo con i nomi di fantasia Alessandro, Filippo e Vittorio. Due di loro sono calabresi, uno è lombardo. Due si collegano agli incontri da casa, uno dall’ufficio. Due di loro si rivolgono a me con un linguaggio scherzoso e confidenziale, uno tende ad essere più ossequioso. Uno di loro è ansioso, teme di non saper rispondere agli interrogativi che pongo; un altro appare spavaldo, ha sempre qualcosa da dire; il terzo sembra avere tanto da condividere ma spesso preferisce rimanere in silenzio.

Tante differenze ma un elemento, forse il più importante, in comune: l’essere padre di ragazzi adolescenti, i quali spesso non ottengono bei voti a scuola, con i quali è difficile parlare, ai quali è complesso dire cosa fare. Queste sono le richieste che Alessandro, Filippo e Vittorio portano nel gruppo, ponendo a me ma nel profondo anche a loro stessi interrogativi centrati su una dimensione concreta legata al come è opportuno comportarsi con i propri figli per ottenere qualcosa da loro, che sia del rispetto maggiore o un bel voto in più. 

La conformazione iniziale del gruppo tutto al maschile, per un attimo, mi ha fatto temere che sarebbe stato impossibile allontanarsi da questa dimensione centrata sul fare che i papà portavano spontaneamente negli incontri, per avvicinarsi invece ad un’area più emotiva e riflessiva. Un timore forse più da donna che da psicologa, legato alla mia esperienza clinica ma anche al pregiudizio culturale che vede nell’essere maschile una dimensione principalmente normativa, in contrapposizione a quello femminile dove dovrebbe esservi più spazio per l’emotività e l’affettività. I ruoli di padre e di madre, in effetti, sono stati distinti fin dall’antichità anche sulla base di queste caratteristiche. 

Ma una risorsa propria del genere umano, femminile o maschile che sia, è proprio questa: saper andare oltre i pregiudizi apprendendo dall’esperienza, poter cambiare idea sviluppando un nuovo pensiero, più o meno integrato con il vecchio. E soprattutto poterlo condividere, attraverso la parola e l’ascolto, innescando un processo creativo che in gruppo appare con molta più intensità rispetto a quando ciò avviene singolarmente. E questo è proprio quello che è accaduto tra me, Alessandro, Filippo e Vittorio. Perché è vero che in questo lavoro non sono solo i terapeuti ad aiutare i pazienti, ma sono anche i pazienti a far crescere il terapeuta. 

Incontro dopo incontro i tre papà si sono dati la possibilità di entrare a contatto con una dimensione più interna, personale e profonda che li ha portati a ridefinire la loro iniziale domanda di aiuto, spostando l’attenzione dai figli a loro. Richiamando alla mente la loro adolescenza, sono riusciti a dar voce alla difficoltà ora sperimentata nel mantenere quel difficile equilibrio, necessario per lo svincolo emotivo e l’autonomia, tra il concedere libertà e quindi fiducia e il porre dei limiti attraverso le regole. Permettendo a sé stessi di correre il rischio di essere impopolari, hanno iniziato ad uscire dalla fantasia del “padre infallibile” per abbracciare una dimensione più autentica di padre “sufficientemente buono”, che fornisce protezione, infonde fiducia e sicurezza, che sa contenere con il suo essere sì normativo ma anche affettivo. Rievocando le loro esperienze di figli, hanno toccato con mano la fatica dell’offrirsi come esempio dal quale il figlio ha la possibilità di discostarsi scegliendo per sé, anche se questo può aver inizialmente generato frustrazione e delusione. 

Questi incontri hanno rappresentato l’inizio di un cammino che dovranno continuare non da soli ma assieme ai propri figli, perché è proprio da questa relazione che nasce il Padre e in questa costante interazione che si impara ad esserlo.  

Cosa resta del padre? O meglio, cosa resta del padre oggi? Un interrogativo ampio, complesso ma estremamente attuale, che va ben oltre questo articolo ma anche oltre le 139 pagine scritte da Recalcati e che prende spazio all’interno di una società in continuo mutamento in cui il ruolo del padre, in un continuo viaggio tra prove ed errori, merita di essere pensato, accolto, condiviso, riconosciuto e risignificato, non solo per i figli ma anche per gli stessi genitori. 

 

A cura di: Alice Iuso – Psicologa e Psicoterapeuta Officine Psicologiche
Referente gruppi di genitori del Tutoring Digitale. 

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