L’anoressia, il momento buio della mia vita

di

F. D. M.

Mi è stato chiesto di esporre un momento buio della mia vita, magari caratterizzato da attimi di sconforto e dal sentirsi perso e di come alla fine sono riuscito ad uscirne, eventualmente contando solo sulle mie forze e fidandomi ciecamente del mio modo di reagire a quella determinata circostanza o forse se ci sono state terze persone che mi hanno confortato e riportato sulla “retta via”, guidandomi in un percorso di rinascita interiore. Mi è stato chiesto infatti di paragonare l’accaduto con i fatti contenuti nella celebre opera di Dante Alighieri: La Divina Commedia.

Il momento buio della mia vita rappresenta infatti la selva oscura in cui Dante si è ritrovato nel mezzo del cammin della sua vita che, per quanto possa essere un esempio fittizio, ha costituito un po’ una parte della vita di tutti. Mentre quel qualcuno che mi ha sostenuto e motivato in quel periodo e di conseguenza anche aiutato ad uscirne potrebbe rappresentare quel Virgilio che guida Dante nell’Inferno. O se magari ho ricoperto contemporaneamente il ruolo di Dante e quello di Virgilio e quindi me la sono cavata da solo.

Bene! Quello di cui oggi vorrei parlarvi è un avvenimento risalente a circa tre anni fa, che ha avuto il suo culmine dopo un anno circa e che da qui si è protratto per quattordici mesi che, da una parte li ritengo i peggiori della mia vita, dall’altra mi sono serviti per capire molte cose, un po’ nella mia solitudine, un po’ avendo attorno persone che erano in grado di capire i miei pensieri e i miei sentimenti. Infatti in questi tre anni circa, ho sofferto di una malattia che secondo me può essere considerata anche più mortale di un tumore, poiché ad essa non esiste nessuna cura che può eliminarla: l’anoressia.

Partiamo dal presupposto che io sono sottopeso da quando avevo nove mesi e sin da piccolo ho cominciato a selezionare i cibi che “potevo mangiare” e quelli che “non potevo mangiare”. Alla fine ho ridotto così tanto la mia alimentazione che da Maggio del 2019 sono arrivato a mangiare solo uno yogurt bianco a settimana, il sabato pomeriggio, “l’unico premio” che potevo meritarmi.

Non capisco perché ma non riuscivo ad accettarmi e non riuscivo a volermi bene. Andando avanti nel tempo però la mia situazione peggiorò. Calavo di peso a vista d’occhio. Partendo dal non riuscire più a fare nemmeno uno scalino, a non riuscire più a reggermi in piedi, non riuscire più neanche a pensare o ragionare, arrivando a pesare 27 Kg.

“Sei troppo grasso… Sei un problema…” Occhi spenti; unghie che si spezzavano; denti e capelli rovinati; pelle verde; guance scavate; gambe fine come le mazze della scopa. Dovunque passavo tutti avevano gli sguardi fissi su di me, mi osservavano quasi schifati e a volte sentivo brutte frasi dette alle mie spalle. Ciò, se da una parte mi faceva sentire quasi felice, in quanto forse allora avevo raggiunto quello stato di magrezza che tanto desideravo, dall’altro mi faceva sentire anche un po’ imbarazzato, poiché il giudizio della gente non corrispondeva a quel che avrei sperato. Ad un certo punto le mie gambe andavano verso la paralisi per l’assenza di massa muscolare e anche il collo e la schiena non reggevano più.

Eh sì, stavo male…

Stavo male a tal punto che pensavo di stare bene. Stavo talmente male che alla fine qualcuno ha preso una decisione al posto mio sul da farsi…

14 Agosto 2019 è il giorno in cui qualcuno ha deciso che potevo ancora farcela, si era finalmente liberato un posto all’Ospedale Umberto I di Roma. Infatti nei mesi precedenti ero stato sbattuto qua e là in ospedali che non erano assolutamente in grado di risolvere il mio problema ed è stato anche questo ad aggravare la mia situazione. Il giorno di ingresso in ospedale, dopo avermi preso i parametri vitali ed aver eseguito gli esami necessari, non erano sicuri che sarei riuscito a sopravvivere, ma hanno comunque tentato quel che forse era impossibile.

22 Agosto 2019 è il giorno in cui mi hanno inserito il sondino naso-gastrico per procedere all’alimentazione forzata, dato che non ero più in grado di mangiare autonomamente. Ho avuto questo “tubo” nel mio corpo per circa due mesi, successivamente non riuscendo più a sopportare quel dolore indescrivibile, ho deciso di sfilarmelo da solo… e non continuo a raccontare cosa è successo dopo. Avevano intenzione di rimettermelo il giorno seguente ma, considerando che ormai il mio stomaco aveva ricominciato a riallargarsi, pregai tutti i dottori di lasciarmi provare a riiniziare da solo.

Da quel momento le cose sono andate migliorando e dopo tre mesi a Roma, hanno deciso di trasferirmi in un Centro DCA (Disturbi del comportamento alimentare), visto che ormai il peggio era passato, ma non ero ancora in grado di tornare a casa. La mia permanenza in quel luogo è durata otto mesi. Otto mesi che da una parte mi hanno fatto rinascere, ma che dall’altra mi hanno distrutto sia per le regole ferree presenti sia per la lontananza dai miei genitori. Infatti le visite erano previste solo una volta a settimana.

A complicare il tutto è stato il COVID 19. Infatti con lo svilupparsi del virus e il conseguente isolamento totale sono rimasto tre mesi senza vedere nessuno dei miei parenti e senza poterli chiamare, in quanto una regola imponeva il sequestro del telefono a tutti i ricoverati dall’inizio del percorso alla fine. Per fortuna, la mia salvezza è stato lo stringere una profonda amicizia con un’altra ragazza ricoverata e insieme ci siamo aiutati ad ammazzare il tempo, che sembrava interminabile. Ma finalmente arriva il 30 Giugno 2020, la data prefissata per le mie dimissioni. Quindi torno a casa e sembra che la situazione sia migliorata.

Ad oggi posso però dire che una malattia come l’anoressia non si può mai sconfiggere del tutto, ma si può solo imparare a conviverci. Posso quindi concludere che questo momento buio della mia vita mi ha insegnato molto e mi ha permesso di fare tante nuove esperienze che magari in altre circostanze non avrei vissuto e che sono stato aiutato molto da un certo “Virgilio” che è rappresentato dall’equipe di tutti i dottori, ma anche che comunque ci ho messo del mio perché mi sono impegnato molto ad alleviare questo mostro.

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