La magia delle parole: quando Harry Potter incontra la psicologia.
di Nuovi Orizzonti
SPORTELLO DI ASCOLTO PSICOLOGICO “PROGETTO T.E.R.R.A.”
La magia delle parole: quando Harry Potter incontra la psicologia.
Introduzione
È capitato a tutti, leggendo un libro o guardando un film, di rimanere particolarmente colpiti da una situazione o anche da uno specifico particolare, tanto da ricordarci quella frase o quell’episodio a distanza di anni. La lettura, così come la visione di un film, spesso può essere utile in quanto offre una simulazione della vita sociale, “costringendo” il lettore o lo spettatore ad assumere diversi punti di vista.
Durante gli Sportelli d’Ascolto, inseriti nell’ambito delle iniziative formative previste all’interno dello Sportello di Ascolto Psicologico di Progetto T.E.R.R.A (Talent Empowerment Risorse e Reti per Adolescenti) svoltisi in alcuni istituti della provincia di Brescia, sono stati spesso utilizzati riferimenti a libri, film o serie tv per entrare in contatto e in relazione con ragazzi ed adolescenti, realizzando esperienze immersive in cui usare la propria immaginazione e l’empatia. In alcuni casi, per esempio, si è fatto ricorso alla saga di “Harry Potter” per riflettere su alcune tematiche, rilevanti dal punto di vista socio-culturale e psicologico, e per richiamare metafore e figure simboliche nei momenti in cui le parole non riescono ad essere sufficienti per descrivere uno stato d’animo o una determinata emozione.
Le parole” che curano
Le parole sono il perno della terapia e della scrittura, e nella saga di Harry Potter assumono ancora più importanza. Basti pensare che per usare un determinato incantesimo e, per farlo funzionare in modo corretto, il piccolo mago deve pronunciare specifiche formule verbali. Le parole, pronunciate con una certa intensità, assumono un ruolo fondamentale nella saga, soprattutto quelle che vengono etichettate come “proibite”. Un esempio è dato dal nome di “Voldemort”, il mago più malvagio ed oscuro mai esistito. La paura di rivivere quei momenti terribili è talmente forte che ai maghi viene proibito di dire il suo nome, optando invece per il più cauto “Colui che non deve essere nominato”. Il fatto di non pronunciare il suo nome tuttavia, non fa altro che rinforzare la paura. Infatti non verbalizzare qualcosa che ci terrorizza, non fa altro che contribuire a mantenere la paura stessa.
Riuscire, invece, a nominare l’innominabile può permettere di iniziare a prendere consapevolezza di alcuni aspetti, mentalizzandoli, diminuendo progressivamente il peso emotivo della paura, o della parola, agevolando l’accettazione e l’elaborazione. Lo stesso Silente, preside di Hogwarts, in più occasioni dice integralmente il nome “Voldemort”, dimostrando di chiamare le cose con il loro nome: “le parole sono, per la mia opinione non tanto umile, la nostra fonte di magia più inesauribile, capace sia di ferire che di curare”.
Gli incantesimi che curano.
Durante una delle sue lezioni di Difesa contro le Arti Oscure, il professor Lupin mostra agli studenti del terzo anno come affrontare i “Mollicci”, creature magiche che assumono la sembianze di ciò che ci spaventa di più. Il professore insegna così agli allievi un incantesimo chiamato “Riddiculus”, incantesimo che converte il Molliccio in qualcosa di ridicolo, annientandolo. Quando qualcosa, o qualcuno, ci spaventa, anche noi possiamo “riddicolizzare” la situazione o la persona rendendola divertente ai nostri occhi. Se il Professor Lupin fosse stato lo Psicologo Scolastico di Hogwarts, la magia utilizzata non sarebbe stata il “Riddiculus” ma la “defusione”, ossia quel processo con cui ci distanziamo dai nostri pensieri, non “fondendoci” con essi.
Noi, infatti, non siamo le nostre paure ma soprattutto le paure stesse, in realtà, non lo sono. Guardando ciò che ci turba da una giusta distanza, possiamo vedere quello che ci spaventa per ciò che è realmente: un semplice pensiero. Il professor Lupin stesso consiglia agli studenti di “imparare a guardare i pensieri dalla giusta distanza, a giocarci considerandoli per quello che sono: ossia solo pensieri, ingombranti e fastidiosi, ma solo pensieri”.
Un altro esempio è rappresentato dall’incantesimo “Expecto Patronum”, che in latino significa letteralmente “aspetto un protettore”. Questo incantesimo nel mondo magico serve per difendersi dai “Dissennatori”, creature oscure senza anima che si nutrono della felicità degli esseri umani, seminando disperazione. Nel mondo magico, l’unico modo per evocare questo incantesimo di protezione è concentrarsi su un ricordo felice ed evocare questa formula magica. Il protettore in questo caso non è una figura esterna ma è interno, e viene evocato direttamente grazie al ricordo di un’esperienza positiva. Più questo ricordo è felice, più l’incantesimo sarà potente.
Come ha dichiarato anche la scrittrice J.K. Rowling, autrice dell’omonima serie di romanzi, la figura del Dissennatore rappresenta la depressione, ma incarna anche tutti quei momenti di difficoltà, di buio o di oscurità, nei quali non riusciamo a trovare una via d’uscita. L’obiettivo in questi casi è aiutare il ragazzo a trovare il proprio “patronum”, verbalizzando l’evento negativo, ed evitando che uno o più “dissennatori” possano risucchiare la nostra felicità. Rendendo così il ricordo felice accessibile e richiamabile, tramite anche l’uso di una specifica parola chiave, nei momenti in cui si ha necessità.
Le case di Harry Potter: andare oltre le etichette.
Gli studenti del primo anno, al loro arrivo, vengono subito smistati in una delle quattro case grazie al Cappello Parlante, un cappello magico che, una volta posizionato sulla testa del mago, dichiara in quale delle 4 casate sarà lo studente. Ogni casa rispecchia le qualità e le caratteristiche che i fondatori cercano nei futuri maghi dando interessanti spunti di riflessione. Se i coraggiosi, gli audaci e i nobili d’animo vengono inseriti in “Grifondoro”, gli ambiziosi, gli astuti e gli intraprendenti sono di “Serpeverde”. Se i laboriosi, i pazienti e i leali si trovano in “Tassorosso” ecco che i saggi, i creativi e gli intelligenti sono di “Corvonero”.
Quasi tutti i fan di Harry Potter credono a questi luoghi comuni che riguardando le quattro case. Queste, in realtà, sono molto di più di una semplice divisione in camerate. Ogni persona ha i suoi lati positivi e negativi e l’appartenenza ad una casa rispetto ad un’altra nella Scuola di Hogwarts non viene fatta per etichettare il mago ma per aiutarlo invece a migliorarsi. Sfruttando così la sua unicità e i suoi punti di forza, che verranno valorizzati dal gruppo di appartenenza.
Un interessante riflessione svolta da una ragazza, alla domanda “ma quindi i Serpeverde sono cattivi?” è stata: “No. Li vediamo così perché forse vediamo la storia dal punto di vista di un Grifondoro e i Grifondoro e i Serpeverde sono rivali da sempre (…) Inoltre nel film il braccio destro di Voldemort è Peter Minus ed era un buono, un Grifondoro”. Quindi se la storia fosse stata raccontata da un Serpeverde, sarebbe stata diversa? Probabilmente si.
Questa studentessa ci insegna l’importanza dell’andare oltre ai preconcetti ed ai pregiudizi perché le etichette servono a descrivere la taglia di un vestito o le proprietà di un cibo, non servono a descrivere le persone. A volte basta guardare le cose da un altro punto di vista, da un’altra prospettiva. Come disse l’autrice J.K. Rowling, “l’immaginazione è il potere che ci consente di entrare in empatia anche con persone con cui non abbiamo mai condiviso direttamente esperienze”.
Spesso alcune dinamiche interiori possono essere non del tutto consapevoli oppure molto difficili da verbalizzare. Per questo l’uso di metafore e tecniche immaginative, può aiutare i ragazzi a raccontare e raccontarsi, facendo affidamento a situazioni lette, o viste. Con le quali è possibile stabilire un “ponte” per permettere al terapeuta di accedere al mondo della persona che racconta, o fa raccontare, la sua esperienza ed entrare così in un mondo magico. Un mondo in cui con i giusti incantesimi, sia possibile rivivere la capacità di vedere la bellezza e l’unicità di ognuno.
A cura della Dott.ssa Laura Mattia
Psicologa Referente Regione Lombardia “Sportello di Ascolto Psicologico”
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