La didattica a distanza per un cambiamento radicale.

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foto di: Mark Claus

In questa lunga e complessa transizione, dopo i mesi di “chiusura”, a causa del diffondersi della pandemia Covid 19, ora che stiamo per ricominciare, è importante e possibile provare a tracciare un primo bilancio, seppur parziale e in divenire, sullo stato dell’arte della didattica a distanza. 

Al di là di alcune immediate reazioni manichee, che l’hanno immediatamente dipinta come una maledizione portatrice di sciagure o come la panacea di tutti i mali, la didattica a distanza è stata una vera e proprio prova di “resilienza” oltre che di resistenza.

Nell’era del Coronavirus ogni aspetto della nostra vita è stato rivisitato e corretto, ogni abitudine e ogni azione sembravano dipendere da “un battito digitale” per rimanere in vita. Le regole di comunicazione, le esigenze, la gestione del tempo e persino l’ordine delle priorità sono state ridisegnate nelle maniere più varie e fantasiose. La scuola in particolare ha fatto sentire prepotentemente il suo valore e il suo ruolo che forse qualcuno aveva dimenticato, sconvolgendo le vite di tanti. La scuola è (o comunque dovrebbe essere) per sua natura un ambiente stimolante che favorisce la nascita di legami e relazioni di fiducia e permette alle idee di circolare, contagiando e arricchendo quotidianamente chi ne fa parte, volenti o nolenti.

L’ idea che la scuola non sia solo un luogo fisico, ma anche e soprattutto un luogo mentale ci ha permesso di rimodulare e reinventarci durante questo difficile periodo passato tra le mura domestiche davanti allo schermo di un PC. La prima vera difficoltà\necessità per noi, era ricreare quella comunità coinvolgente fatta di spazi mentali, di ascolto e di supporto, ma soprattutto cercare di inserire, nella difficile gestione generale, un PON.

Il disorientamento e lo stordimento profondo avvertito da tutti a causa della pandemia sommati alle difficoltà informatiche, ai problemi di connessione, al mare magnum delle piattaforme, all’incertezza generale, alla remota ma pur sempre forte speranza di ritornare alla normalità, ci hanno messo a dura prova. Ma allo stesso tempo ci hanno spinto a trovare le forme più fantasiose per continuare i percorsi iniziati.

Questa nuova modalità di insegnare, in effetti, anche se viene definita didattica a distanza, in realtà, in qualche modo, le distanze le ha accorciate, ha avvicinato le nostre vite: le nostre e quella degli studenti e dei colleghi . Siamo entrati virtualmente nella cucina, nella camerata o nel soggiorno di ognuno, abbiamo visto talvolta passare sornioni i gatti sulle tastiere o abbiamo sentito abbaiare i cani, abbiamo sbirciato le foto di famiglia appese alla parete o ascoltato la voce dei familiari perché non eravamo riusciti a disattivare l’audio tempestivamente. Ecco che oltre allo scambio di conoscenze, di nozioni e di gesti consueti tipici dell’ambiente scolastico si è aperto un varco, uno spazio più ampio che ha accresciuto ulteriormente le nostre relazioni.
Alla fine nel nostro caso in questo caleidoscopio di emozioni, sensazioni e  paure abbiamo optato per i video- tutorial nel tentativo di essere meno “invadenti” nel sistema scolastico e di distrarre un po’ i nostri bimbi dalla tensione.

I nostri progetti nascono per “sporcarsi le mani” per conoscere nella pratica chi la storia la ricostruisce pezzetto dopo pezzetto e allora i nostri studi, i nostri giardini le nostre case, sono diventati laboratori virtuali, inserendosi tra i vari blogger che diffondevano tutorial su come passare il tempo durante la quarantena. Noi abbiamo provato a fare viaggiare i ragazzi e le loro famiglie con delle visite virtuali, abbiamo provato a coinvolgerli in attività manuali da poter fare in condivisione anche con gli altri membri della famiglia.
Eh no! non è stato facile per nessuno ma speriamo che questa esperienza possa servire per migliorare le opportunità di apprendimento, speriamo che tutto questo sia servito a  cambiare radicalmente il modo di gestire il tempo, le relazioni docenti-studenti, le distanze, i percorsi di apprendimento e le metodologie di insegnamento.

Di: Ghiselda Pennisi, Associazione Mnemosyne
Foto di copertina: Mark Claus by Unsplash

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