Corigliano Calabro, un murales racconta la vita del nostro tempo attraverso i valori etici e morali

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A Corigliano Calabro, durante l’estate, l’artista Alfonso Caravetta ha realizzato un murales nel quartiere Gallo d’Oro. Qui spiega l’opera: 

Il dipinto murale è suddiviso in 4 parti collegate fra di loro dalla narrazione sociale e religiosa che tratta del vivere il nostro tempo attraverso i valori etici e morali riconducibili alle tre virtù teologali: fede, speranza e carità. Tutta la metà destra, per chi osserva il dipinto, tratta esplicitamente di queste virtù. La prima scena da destra, raffigura un eremita con il busto nudo e scarno che prega intensamente nella notte, posto sulla sua stuoia di vimini intrecciata e logora, contempla le sacre scritture. Appoggiato a questo altare anacoretico un bimbo indo-asiatico (con un’aureola color blu indaco) seduto sulla nuda terra e scalzo interagisce con un tablet. Il rimando nella dislocazione temporale collega i due stati di nudità, il primo quello dell’anacoreta, per scelta, l’altro, del bimbo, per uno stato sociale d’indigenza. Un parallelismo si riscontra anche nei diversi medium: i testi sacri del vecchio, la parola di Dio; il tablet del fanciullo, la realtà virtuale dell’uomo. Due connessioni diverse: una con Dio, l’altra con internet. Due attese diverse di risposta, una immediata, l’altra eterna. Questa prima scena racchiude la Fede (il vecchio eremita) e la Speranza (il bambino). Il paesaggio muta dalla prima alla seconda scena, si passa da uno sfondo con una notte fitta ad una con la luna piena che riflette la sua luce sul mare, simbolo di vita (l’acqua) di morte (la profondità), di eternità per il moto perpetuo delle onde del mare. La seconda scena raffigura un missionario laico che protegge con un mantello impermeabile dalla pioggia, un bimbo di colore, essa richiama al Cristo sulle acque che durante una tempesta salva i suoi discepoli e i precetti che Gesù indica per la cura dei bambini e dei più piccoli che può sintetizzarsi nel versetto evangelico in Mc 9,37: “Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me non accoglie me, ma colui che mi ha mandato”.

La scena centrale di tutto il murale è questa, e rappresenta il più alto atto d’amore, la carità: offrirsi agli altri, ai bisognosi, agli ultimi, ai più deboli. Non deve avere volto la Carità, così come il missionario laico, ma deve portare luce lì dove non ve n’è, il cielo rispetto a prima si schiarisce, è l’alba. Il bimbo che vediamo raffigurato di colore è solo, senza genitori, probabilmente persi, e cammina con una scarpetta in mano che il mare gli ha restituito, come la sua vita: è l’esigua speranza di un nuovo cammino, la possibilità di vivere. La metà sinistra del murale racchiude la missione di S. Giovanni Bosco, il carisma e lo stile salesiano, presente a Corigliano Rossano nell’Opera salesiana dell’Oratorio – Centro Giovanile e nella Parrocchia dei SS Leone e Nicola, martiri di Ceuta, affidata ai Salesiani. In questo quadrante è espressa l’attività salesiana verso i più giovani ed il ricordo dei due giovani francescani Coriglianesi. Nella seconda scena della parte sinistra, più centrale vi è un bambino che dondola su un’altalena sospesa nel cielo sereno e luminoso, un momento felice. È la vita che oscilla tra felicità e spensieratezza. Ognuno di noi in fondo è salito su un’altalena per librarsi nell’aria e sognare. Sotto il bambino un graffito di tipo lettering che racchiude lettere, numeri e simboli. Il graffito rappresenta la conoscenza, la formazione attraverso la creatività e la libertà espressiva. Un messaggio artistico contemporaneo che invita alla bellezza come forma di rivalsa sociale ed alla gioia di vivere. Un dipinto che accompagnerà molti bambini a diventare uomini in un futuro migliore.

 

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