Un #PonteRADIO ai “Ponti” del Laurentino 38

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Web radio ai Ponti del Laurentino 38

Come creare un relazione con i ragazzi dei “Ponti”, al Laurentino 38, anche attraverso il microfono di una web radio? Ilaria ha rivissuto i suoi primi giorni e le sue prime sfide come operatrice del centro di aggregazione Pontedincontro

 

Un quartiere di Roma. Nel 1975 avrebbe dovuto emulare gli standard architettonici nordeuropei: 11 ponti che scavalcano un anello di strade e uniscono blocchi di abitazioni di edilizia popolare. Oggi è annoverato tra gli insuccessi dell’urbanistica capitolina il Laurentino 38. I “Ponti”, per i romani. Uno di quei quartieri della periferia sud in cui si è rivelato difficile vivere. E crescere. Relativamente pochi minuti di auto dal centro, grazie alla vicina Via Colombo che disegna sei velocissime corsie di asfalto fino alle Terme di Caracalla, passando per il cuore dell’Eur. Eppure, la distanza dalla Roma delle cartoline sembra enorme e incolmabile. Qui è un’altra Roma. La lotta contro la dispersione scolastica e la povertà educativa ci ha portato anche qui.

Fase di brainstorming tra ragazzi e operatori per #PonteRADIO
Fase di brainstorming per #PonteRADIO

Una giovane tirocinante. Ilaria ha impresso nella memoria il primo incontro con i ragazzi del centro di aggregazione giovanile Pontedincontro. Ed anche le difficoltà e le soddisfazioni nella fase di costruzione di una relazione con i ragazzi. Mai facile. Ma fondamentale, come il lavoro dei centri di aggregazione giovanile di Roma.
Ci racconta questa esperienza, oggi, appena concluso il tirocinio. Entrata a far parte a tutti gli effetti della famiglia del Ponte. Un percorso che è coinciso con quello della nascita della web radio del Centro del Laurentino 38: #PonteRADIO. Sguardi nuovi, per una nuova avventura nata con il progetto #AltaFrequenza. I ragazzi della redazione di #PonteRADIO si incontrano tutti i venerdì dalle 16.30 alle 18.30!

 

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L’arrivo ai Ponti. La storia di Ilaria

I Ponti del Laurentino 38
I Ponti del Laurentino 38 – Foto da www.archidiap.com

Prima uscita: Laurentina. Sulla destra alcune gru e un enorme fabbricato bianco e grigio, in costruzione. Dall’altro lato della strada si stagliano i primi palazzi, parallelepipedi di oltre dieci piani, in cemento armato olivastro. Svolto a sinistra, poi a destra: via Sapori.
Ultima rotonda, trattengo sempre il respiro per un attimo. Non so perché. Le torri e gli edifici di edilizia popolare mi inghiottono, immensi, rena e ruggine. La quiete un po’ irreale del primo pomeriggio.

Via Ignazio Silone. Passo sotto il primo cartello bordeaux: “Municipio Roma IX – 1° PONTE”. Sono una forestiera, un’ospite inattesa che entra senza bussare. Rallento. L’asfalto rattoppato a singhiozzi, mi costringe a zigzagare tra le buche e i dossi degli attraversamenti pedonali e delle radici dei pini che premono da sotto. Sorpasso un bar. Un paio di ragazzi attraversano. Migliaia di finestre, una sull’altra, file e file. Quarto, quinto ponte. Lancio uno sguardo alle saracinesche abbassate, sui ballatoi. Ho negli occhi le immagini dei documentari, delle inchieste, dei video che ho visto negli ultimi mesi. Suggestioni. Là in alto, cerco quello che già so. Sesto ponte. La strada fa una curva più lunga. Settimo. Svolto a destra, una breve rampa in salita, sinistra. Entro con il motorino sotto la tettoia di cemento formata dalla costa del ponte. Parcheggio.

 

Costruire una relazione con i ragazzi del Laurentino 38

La mia esperienza con i ragazzi e le ragazze “del Ponte” è stata costellata di momenti di soddisfazione personale per i piccoli traguardi relazionali raggiunti, quanto di momenti di riflessione su quelli che inizialmente ho avvertito come fallimenti. Non sempre è stato facile trovare la chiave di connessione con alcuni ragazzi, specie durante le sessioni di confronto e dialogo di gruppo.

Ad esempio sugli argomenti da scegliere per i podcast della web radio. Talvolta è bastato un attimo di distrazione o una parola di troppo per rimetterci tutti in discussione, portando gli operatori a una riflessione congiunta per rinegoziare termini e modalità di approccio. Fino a rivalutare la fattibilità dell’intero intervento. Ma ciò è stato avvertito da me e dall’équipe come uno stimolo a trovare vie alternative ed escogitare nuove strategie di relazione. Per aprire varchi e costruire ponti con e tra i ragazzi. Insegnandomi che nessun tentativo è mai vano e che il fenomeno umano comprende il ripensare se stessi e gli altri continuamente, senza perdere di vista gli obiettivi che direzionano questo movimento.

Il dialogo con i ragazzi stessi è stato fondamentale: preparare tè e biscotti e riunirsi insieme per discorrere dei luoghi che abitano nel quartiere, del loro interagire con questi spazi che paiono, a un occhio ‘forestiero’, ostili o poco accoglienti, e del loro modo di percepirli come familiari. Inventare spunti di coinvolgimento, di ascolto reciproco, di superamento del giudizio che ciascuno ha di se stesso e che spesso proietta sugli altri.

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