“Siamo ricchi!” Dal P.I.R. di Brescia notizie che incantano.

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Ci troviamo giù nel piano interrato dell’ Istituto Mantegna, nello spazio dedicato al laboratorio degli apprendimenti.
La stanza è ampia, senza finestre, illuminata dalle luci bianche e fredde dei neon: manca un po’ il respiro. Tavoli quadrati senza una precisa distribuzione, sedie impilate, accumuli di materiali residui, manufatti più o meno incompleti testimoni di percorsi pregressi, strumenti di lavoro appoggiati qua e là o appesi alle pareti, colori, tanti colori, persino un dignitoso e comodo lavandino: tutto qui dentro pare pronto a trasformarsi per evolvere in qualcos’altro.
In questo approssimativo disordine che stimola la creatività l’aula è viva e, come in un set cinematografico che si rispetti, sembra attendere il suo “Ciak, azione!” .

Arrivano i ragazzi, che già un po’ ci conoscono ma che di primo acchito non mancano di mostrare timidezze o esuberanze, talvolta anche una qualche istintiva riluttanza nei riguardi dell’attività del giorno, ancor prima che venga loro presentata. Un appello, un sorriso, un personale benvenuto, uno sprono all’ascolto e l’invito a scegliersi un grembiule del colore prediletto, a munirsi di guanti all’occorrenza: basta poco per ritrovare l’ attenzione e il loro bell’entusiasmo. Le postazioni sono pronte, le tavole tematiche imbandite, stavolta con scarti vegetali della natura più disparata e con alcuni tipici strumenti da cucina.

U. si munisce di pestello metallico e con notevole foga colpisce ripetutamente il legno di faggio già in parte degradato, riducendolo in brandelli; F. sceglie i fondi di caffè e li massaggia a mani nude concentrandosi sui granelli che le si infilano negli spazi tra le dita e sotto le unghie; A. non ha dubbi, per lei ci sono le foglie secche di sottobosco da sbriciolare: le sfrega tra un palmo e l’altro: lo fa piano e con fatica, poco a poco affina la tecnica, il risultato è appagante;
N. dal canto suo con l’aiuto delle forbici sminuzza bucce di patate, cipolle, carote, arance, mandarini; E. si dedica ai gusci d’uovo che tanto gli ricordano le torte della nonna e per mezzo di mortaio li riduce in poltiglia, forse ancora non sa quanto lavoro stia risparmiando alla microfauna terricola ai fini di rendere disponibile il calcio alle piante. Insomma, la macchina di demolizione funziona bene, ognuno sta facendo la sua parte, l’impegno non manca, l’atmosfera si fa giocosa e mentre un intenso profumo di arancia e caffè inebria le nostre menti, i colpi del pestello di U. martellano sempre più convinti vibrando dalle fondamenta al tetto della scuola. All’improvviso il tagliere sottostante si spacca in due, U. ci rimane male, si è lasciato prendere la mano … non avrebbe voluto fare danni! Ma U. non si perde d’animo, ritrova la misura e con più consapevolezza ritorna di nuovo a colpire, mentre le nostre orecchie sopportano ancora un po’.
La frazione di compost è pronta: una miscela perfetta di componenti organici ormai ridotti in briciole che diventerà dapprima cibo per la microfauna del suolo e in seconda battuta nutrimento per le nostre future piante.

Come ogni nuovo germoglio dopo aver affermato le proprie radici sotto terra trova la strada per salire su in superficie, anche per noi è giunto il momento di spostarci dai laboratori di lavoro sotterranei per spingerci fino al piano di sopra e poi fuori nel cortile dell’istituto presso l’orto scolastico. Ci appropriamo di una delle prose reduci dall’inverno appena trascorso e tutti insieme accovacciati smuoviamo la terra, rimuoviamo le infestanti e inseriamo adeguatamente il compost. N. all’improvviso incappa in un lombrico, lo raccoglie insieme ad un cumulo di terra in alto tra le mani e con tutta la gioia del mondo urla al cielo: “Siamo ricchi! Siamo ricchi!”
Il terreno è fertile. La stagione è appena cominciata. Si prospetta un buon raccolto.

 

FABIO GUIDOTTI – PIR Post Industriale Ruralità 
Orto terapia #terracheemoziona

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