Ricordi di un campo estivo davvero speciale…

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Tutto era pronto per il campo estivo…

6 Luglio 2020: pronti a partire col campo estivo! L’ansia è alla porta, bussa, vuole, prorompente, prendere il sopravvento. Disinfettante c’è, mascherina indossata, ambienti sterilizzati, autorizzazioni da firmare… manca solo il cuore. Senza un “cuore largo” non ha senso partire nè per il campo estivo, nè per altri luoghi… Nulla può prendere vita e nulla, soprattutto, sembra valga la pena di essere vissuto.

Troppe richieste, troppi ostacoli, troppa burocrazia sul cammino prima di poter giungere alla realizzazione del campo estivo. La paura di non essere stati abbastanza scrupolosi  potrebbe da un momento all’altro far credere che non sia la cosa giusta da fare, eppure solo allargando il cuore ci si accorge di poter far spazio a ogni cosa.

Le tre settimane vissute di GrEst non sono state solo la prima esperienza di socializzazione dopo il lockdown per gli operatori, per le famiglie e i bambini, ma sono stati volti, storie e condivisioni.

Ogni giorno è stata una scoperta…

Il campo estivo ha dato modo di riconoscere davvero quanto il mondo fuori fosse cambiato, quanto ciascuno di noi si fosse trasformato e quanto, soprattutto, sentissimo il bisogno di ritrovarci.

Solo il cuore è riuscito a contenere la distanza dei corpi e a trasformarla in occasione per guardarsi da più lontano. Questo ha concesso di avere una visione più ampia delle situazioni, di conoscere la paura di mamma A. dinanzi allo starnuto del figlio, il sorriso di L., contenta di potersi “finalmente liberare qualche ora” del fratellino, gli sguardi incuriositi di S. per le lancette dell’orologio che dovevano muoversi piano per poter stare più tempo a giocare…

È proprio attraverso la strada del cuore che ciò che umanamente poteva risultare troppo difficile è divenuto possibile, perché solo il cuore può contenere abbastanza spazio per superare i metri quadri necessari a ciascuno per muoversi in sicurezza e trasformarli in percorsi.

Sentieri esplorati da strambi animali e da uno un po’ più speciale di altri, un piccolo riccio che, per proteggere i suoi amici, doveva necessariamente mantenersi lontano.

Cosa abbiamo imparato

Proprio sulla sua scia della storia del riccio, abbiamo imparato, tra pennelli e pannelli, a prenderci cura dei nostri compagni di viaggio. Abbiamo imparato ad ascoltare di più dentro di noi, a incontrare le nostre emozioni. Giorno dopo giorno, il nostro amico pieno di aculei, con l’aiuto dei bimbi, è riuscito ad avvicinarsi agli altri senza far loro del male, ad affrontare e a vincere le sue paure.

E così siamo giunti anche noi al termine del viaggio, un viaggio fatto di tappe significative che ci hanno concesso di conoscerci e amarci, attraverso giochi un po’ diversi dal solito, canzoncine cantate mantenendo foulard, storie raccontate ciascuno sul proprio segnaposto,  con le mani sempre profumate, i denti un po’ nascosti e gli occhi sempre sorridenti.

Guardarsi da una prospettiva nuova può significare anche questo, scoprire una parte di sé attraverso una nuova luce, scoprire che non è solo la bocca a poter sorridere, che non si è sempre uguali a come ci si aspettava o immaginava, scoprire quanto spazio può contenere un cuore.

Noi, al momento, non abbiamo finito di contare.

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