Le voci di OpenSpace | “Tifa per te!”

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Storie e testimonianze di chi vive in prima linea sul territorio 

In questi giorni difficili anche il progetto OpenSpace, che si rivolge ad alunni, famiglie e insegnanti ed è volto a contrastare la povertà educativa si è spostato online. Molti degli incontri e delle iniziative in programma sono diventati virtuali, ma non per questo meno autentici. In altri casi le attività si sono dovute interrompere, in attesa di poterle riprendere. Ma continuiamo a credere che anche questa esperienza, nelle difficoltà che ci presenta, possa essere un’opportunità di trasformazione e crescita.

Oggi la testimonianza che vi presentiamo è quella di Francesca Altomonte che a Reggio Calabria collabora con ActionAid per OpenSpace nell’attività Tifa per te!.

 

Tifa per te!

Assisto inerme a quanto accade in questi giorni, immobilizzata dalle paure diventate ormai da settimane incubi notturni. Cosa accadrà nella mia piccola città? Una città fantasma, questo vedo nei rari momenti in cui esco. Svegliarsi al mattino e pensare di non avere uno scopo. La paura di perdere quanto faticosamente costruito nel tempo non mi dà pace. No, non ho un contratto a tempo indeterminato. Siamo una partita IVA; dico siamo perché ogni giorno sono con i “miei” ragazzi e le “mie” ragazze e penso a loro, penso a cosa stiano facendo.

Avevo faticosamente costruito il mio gruppo di ragazzi, spesso pronti ad abbandonare la scuola senza troppi rimpianti. Mi chiedo se si rendano conto della gravità della situazione. Mi chiedo se riusciranno a seguire quanto indicato dagli insegnanti o se si alieneranno ancora di più durante questo lungo periodo di “vacanza”, perché per loro si tratta gioiosamente di questo.

E a me cosa succederà con tutte le attività ferme? Come farò la spesa? Come pagherò le bollette? Le attività riprenderanno? 

Non credo di essere la sola, in questo momento drammatico, a porsi queste domande. Bisogna stare attenti e non rischiare l’alienazione, alzarsi ogni mattina e fare tutto come al solito ma senza uscire. E il risvolto psicologico dove lo lasciamo? Per strada ci si guarda con diffidenza, si evitano contatti anche visivi, si abbassano gli occhi impauriti dal contagio!

Le conseguenze per la mia città saranno drammatiche. I locali, quei pochi che c’erano, chiuderanno. Che fine faranno le attività commerciali e le piccole botteghe? Riusciremo a rialzarci e a ricominciare da dove avevamo lasciato quando questo uragano sarà finito?

Mentre mi domando tutte queste cose e molte altre ancora, sorrido e dico a mia figlia: Alice vestiti, non restare in pigiama. Anche se siamo a casa non cambia nulla. Leggiamo, studiamo, cuciniamo insieme, facciamo tutte quelle cose che spesso, per mancanza di tempo di entrambe, non si possono fare. Mi accorgo però che, già in poche ore, l’atmosfera tra di noi è cambiata: Alice non è più elettrizzata per la chiusura delle scuole e sta realizzando che niente sarà come prima. 

Penso a mia madre, immunodepressa, che vorrebbe uscire e che invece si trova in un isolamento forzato. Penso a me che non posso fare nulla se non aiutarla nelle necessità essenziali, ma a lei non bastano perché ha bisogno della presenza, del dialogo.

Quante famiglie in questo momento vivono in solitudine le loro paure e forse la paura più grande è la solitudine stessa? A tutte loro non posso che dire in questo momento “Tifa per te!”: nessuna frase per me è più calzante di questa. 

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