“Tutte le ore del mondo”: il gioco in casa di Assane e Lyssa

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La dolcezza e l’orgoglio della paternità. Spiego sempre a Lyssa come si fa una cosa in Senegal e come la si fa qui in Italia, le insegno il significato di una parola che non conosce, prima in italiano e poi nella mia lingua. Dato che la sua mamma non è con noi, ho sempre seguito io mia figlia, fin da quando era piccola. Mentre sono al lavoro in sartoria, lei resta con le zie. Non appena finisco, la chiamo e le parlo al telefono. Poi trascorriamo insieme tutta la sera. Da quando è nata, ho sempre fatto tutto io: pannolini, bagnetti, massaggi. Per tre mesi non ho dormito.
Io e Lyssa facciamo molti giochi insieme, sia italiani che senegalesi, in casa e all’a- perto. A casa costruiamo pupazzi con la stoffa, e le insegno a cucire. Alcune volte le leggo le fiabe da libri in senegalese, in italiano o in francese. Oppure le invento. La sera le preparo il latte, la prendo tra le braccia, e lei si addormenta. Dopo la metto nel suo lettino. L’emozione più grande è stata quando un giorno mi ha detto: “Papà, sai che io sono senegalese?”.

Con l’immagine e il racconto di Assane, fotografato da Gerald Bruneau accanto alla piccola Lyssa, prosegue il percorso della mostra Tutte le ore del mondo, parte del progetto “Kiriku – A scuola di inclusione” realizzata da Fondazione Bracco e l’Associazione La Rotonda, un ideale viaggio lungo un giorno nella quotidianità di dodici famiglie italiane e multietniche di Baranzate, raccontando i concetti universali di relazione e cura.

 

 

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