Ingegneria e gender gap: WeWomEngineers, un network per accompagnare le scienziate di domani sulla via della ricerca

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Durante la prima parte del suo percorso, STEM*Lab ha incrociato più volte le attività di WeWomEngineers, organizzazione nata dall’iniziativa di Manuela Appendino e Gianna Nigro, per raccontare la professione dell’Ingegnere Biomedico, creare una rete sinergica con colleghe e colleghi e stakeholder del settore. Uno dei pilastri su cui si fonda la loro mission è l’appianamento del gender gap in ambito scientifico.

Per questo motivo, abbiamo chiesto a Manuela Appendino di approfondire alcuni punti del suo lavoro di network, la sua professione e gli studi intrapresi per formarsi.

Svolgo la professione di ingegnere biomedico e lavoro per le cardiologie piemontesi nell’ambito dell’elettrofisiologia. Ho studiato alla facoltà di ingegneria biomedica a Torino, il Politecnico di Torino. Ho concluso la laurea triennale per iniziare subito dopo un’esperienza lavorativa nelle sale operatorie, in supporto diretto ai medici. Quest’anno, a gennaio, ho concluso un master biennale in Bioetica per offrire alla mia formazione tecnico scientifica nozioni umanistiche sul rapporto medico-paziente e sulle relazioni che intercorrono in ambito clinico-decisionale.

Da quale prospettiva hai avuto modo di osservare un gender gap nell’educazione delle ragazze alle materie scientifiche?

Per rispondere a questa domanda occorre fare una riflessione che anteponga la questione educativa alla questione sociale. Parlare oggi di gender gap significa ammettere che una disparità di genere esiste ancora ed esiste su diverse dimensioni di vita, dimensioni che non coinvolgono solo ed esclusivamente la tipologia di studio che sia scuola secondaria, università o la tipologia di professione associata. Quando parliamo di gender gap sappiamo – da diversi studi portati avanti recentemente – che, nei paesi in cui il gap è maggiore, lo stato tende a sponsorizzare più iniziative e a “spronare” le ragazze sulla scelta futura nell’ambito scientifico. A far la differenza oggi e nel futuro prossimo – riferendomi agli obiettivi internazionali dell’Agenda 2030 – è avere un quadro specifico del gender gap per fasce d’età e percorsi educativi specifici per fasce d’età. Se riuscissimo ad affrontare questa problematica, partendo dai bambini e dalla loro spontanea propensione verso determinate materie, potremmo auspicare ad avere scelte più consapevoli, perché non dimentichiamo che le ragazze non si devono sentire “obbligate” a scegliere un percorso scientifico; al contempo non devono sentirsi in colpa nel farlo. Occorre  intervenire sugli stereotipi familiari, facendo comprendere anche e soprattutto ai genitori l’importanza di una scelta libera e matura. Nel mondo ingegneristico le ragazze stanno diventando sempre più numerose così come aumenta la loro propensione allo studio scientifico e al lavoro in team multidisciplinari. Nell’ambito ingegneristico biomedicale ad oggi siamo un bel “fifty fifty” e nel Sud Italia c’è molto fermento proprio su questa tematica.

Quale motivazione ti ha spinta a lavorare nel tuo campo? Quale insegnamento hai sempre deciso di seguire nel tuo percorso?

La mia passione non è recente, nasce da piccola, dal mio dentista. Dovevo mettere un apparecchio ortodontico mobile e sono rimasta colpita dalla creatività che osservavo nel laboratorio odontotecnico, luogo in cui si producevano le protesi dentarie per i pazienti.
È rimasta lì fino al momento in cui dovevo decidere la scuola secondaria.
Sono diventata odontotecnico e contemporaneamente ho capito che avevo bisogno di ampliare la mia curiosità anche su altri versanti della scienza e della creatività nel mondo biomedicale. Così ho cercato di aprire le mie vedute scoprendo l’indirizzo di ingegneria biomedica. Un indirizzo ingegneristico che mi avrebbe permesso di conoscere tutta la tecnologia che viene utilizzata in supporto sia diretto che indiretto ai pazienti, in tutte le specializzazioni della medicina, dalla cardiologia, alla nefrologia, all’ortopedia, all’ergonomia, per citare alcune aree di settore.
Nel mio percorso universitario ho studiato le materie di base STEM come matematica, chimica, geometria, informatica, per poi approfondire materie come analisi e simulazione di sistemi dinamici, bioingegneria elettronica, biochimica, informatica medica. Negli anni, durante il lavoro come ingegnere invece, ho messo il focus sui dispositivi medici utilizzati in ambito cardiologico come cateteri, sistemi di mappaggio cardiaco tridimensionale, stent, defibrillatori impiantabili transvenosi e sottocutanei, pacemaker, soluzioni di monitoraggio cardiaco in remoto.

Cos’è WeWomEngineers e cosa ha in serbo per il futuro?

WeWomEngineers è di fatto una community nazionale di Ingegneri biomedici, per la maggior parte donne biomediche, che persegue tre scopi fondamentali :

1. Rappresentare la figura del biomedico ad un pubblico più ampio, facendo comprendere l’essenziale di questa professione e la sua importanza nelle corsie ospedaliere, nelle aziende che producono i dispositivi medici e nei dipartimenti che si occupano di ricerca e sviluppo di nuove idee, soluzioni e materiali biomedicali.

2. Supportare le ragazze giovani, specialmente chi si avvicina alla laurea triennale o specialistica o il  dottorato, ad inserirsi nel mondo lavorativo dando strumenti concreti legati al miglioramento della comunicazione tecnica, all’interazione con altri professionisti come medici, infermieri, manager del mondo sanitario. Stiamo organizzando diversi webinar a partire da settembre 2020 proprio per essere vicini alle colleghe e ai colleghi più giovani.

3. Supportare le donne più in generale, sia quelle occupate che in cerca di lavoro, ad affrontare con serenità la ricerca del lavoro senza sentirsi discriminate in quanto donne.

WeWomEngineers fa parte di InclusioneDonna, un progetto nazionale ad ispirazione di Sila Mochi e Carolina Gianardi che persegue due obiettivi fondamentali: l’occupazione nazionale femminile e la rappresentanza politica.
L’unicità di questo progetto è stata l’inclusione di gruppi / associazioni molto grandi con esperte di tematiche Pari Opportunità, ma anche gruppi più ristretti tipo il nostro che, attraverso una rete grande, possano veicolare nell’ambito ingegneristico gli stessi principi e valori. Per fortuna il Ministero per le Pari Opportunità ha accolto in modo molto positivo l’iniziativa portando avanti le istanze che InclusioneDonna ha definito nei mesi scorsi per migliorare la situazione delle donne in Italia.

In questi tre anni ho conosciuto molte donne che si occupano di Pari opportunità, una in particolare mi è rimasta nel cuore, si chiama Monica Andriolo. Ha fondato l’associazione Il Rosa e Il Grigio e da vent’anni collabora sia con la Regione Piemonte che con altre associazioni per dialogare sul tema. Donna molto preparata con esperienze da condividere.

La condivisione è una delle premesse fondamentali per il raggiungimento dei risultati di ricerca. La comunità scientifica vive sul confronto, il dialogo e una conoscenza creata in compartecipazione. I metodi che applichiamo negli STEM*Lab, infatti, invitano le studentesse e gli studenti ad entrare in questo spirito, per sperimentare il fatto che le scoperte si ottengono con il lavoro di gruppo e facendo affidamento sulla diversità delle varie abilità messe in campo da tutt*.

Inclusione e accesso libero al sapere passano anche dalle materie STEM, come dimostrato dalle importanti iniziative di WeWomEngineers e da tutta la ricchezza dei progetti citati in questa intervista.

 

Intervista raccolta da Nicoletta Daldanise | assistente al coordinamento STEM*Lab

 

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