La Scienza è un Gioco da ragazzi. Ecco i laboratori a Roma e a Subiaco

di

di Arcangelo Zona
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 LA STORIA. «Mi aiuti a fare matematica, non riesco?/Domani ho l’interrogazione di scienze e non ci ho capito niente!» Gli operatori del Cemea del Mezzogiorno, che da anni seguono i percorsi scolastici di adolescenti e pre-adolescenti, hanno sentito frasi simili a queste centinaia di volte.

Quando nel 2017 I.C. Manzi di Roma ha proposto all’associazione di pensare dei laboratori per riavvicinare gli studenti allo studio delle materie scientifiche, gli operatori hanno subito accolto positivamente l’idea. Il ciclo di laboratori che ne è seguito si ispirava all’approccio ludico-esperienziale proprio dell’educazione attiva e della tradizione dei Cemea. Attraverso il gioco e la sperimentazione diretta di alcuni fenomeni, era forse possibile rendere più interessante la spiegazione di alcuni concetti e più duraturo l’apprendimento degli stessi. Durante questa prima fase diverse classi hanno seguito i laboratori e i risultati sono stati più che soddisfacenti. I ragazzi hanno partecipato con entusiasmo alle attività e hanno iniziato ad imparare divertendosi: la sperimentazione poteva dirsi riuscita.

Sulla scorta di questa prima esperienza si è deciso di riproporre il percorso nell’ambito del progetto Radici di Comunità, selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, allargando l’offerta a più scuole e a diversi ambiti territoriali.

 

I PRIMI PASSI. La prima tranche di incontri, condotti da Sara Baglivi, Mariarosaria D’agostino e Arcangelo Zona del Cemea del Mezzogiorno, è stata avviata nel mese di maggio all’Istituto Comprensivo Uruguaye all’Istituto Comprensivo di Subiaco. Hanno partecipato gli alunni di cinque classi prime della scuola secondaria di primo grado. Gli operatori raccontano così il primo approccio con le classi:

«Quando si entra in classe e ci si presenta, gli alunni sono tutti dietro ai banchi, ti salutano mestamente aspettando di capire a quali torture saranno sottoposti, la parola scienza spaventa. Al massimo, pensano, faremo qualche esperimento, quello può essere divertente, ma poi dovremmo fare un compito?»

Ci vuole poco a sciogliere il ghiaccio. Quando la parola gioco si insinua tra le mura austere degli istituti scolastici, i primi sorrisi iniziano ad affacciarsi sui volti degli alunni. Si occupa uno spazio ampio della scuola o, quando non è possibile, si spostano i banchi. La classe assume una nuova forma. I ragazzi si mettono in moto e anche il corpo si attiva, insieme alla mente. Il primo incontro serve ad avviare un processo di apprendimento partecipativo. Gli studenti vengono invitati a diventare attori del proprio percorso educativo.  Non è una lezione e gli operatori non sono illustri scienziati ma esperti di gioco. Nessuno ha le risposte in tasca, si cerca di costruirle insieme.

 

LE ATTIVITA’. Ecco allora che gli studenti si sfidano a colpi di calcolo mnemonico e tabelline, con loro anche operatori e professori. Tutti sono in cerchio, un volontario al centro indica un compagno, che si abbassa di scatto. I compagni accanto a lui si guardano, la persona al centro pensa rapidamente a una domanda, la lancia agli sfidanti. Il più veloce a rispondere elimina l’altro. Questo tipo di gioco mira ad attivare negli alunni le capacità di pensiero, oltre che di calcolo; il livello di coinvolgimento è diverso da quello di un compito scritto, di conseguenza anche gli alunni meno brillanti scoprono di potersi confrontare ad armi pari con i compagni.

Segue un momento di riflessione e brain-storming. Agli studenti viene chiesto di raccontare il proprio rapporto con le scienze durante il percorso scolastico. Un compito così banale rivela però un aspetto interessante. Il ribaltamento della prospettiva consente di passare da oggetto di valutazione a valutatori del proprio percorso e fa riflettere su quanti fattori intervengano nelle buona riuscita in una materia e su come sia sempre possibile migliorarsi.

 

Una volta stabilito un contatto la proposta si fa più articolata. Il gioco di tavoliere può rivelarsi un utile strumento per potenziare le capacità logiche, di immaginazione e di progettazione. Agli studenti viene chiesto di sperimentare la versione base di un gioco di dadi, quindi si passa a migliorare il gioco e infine a costruirne uno nuovo. Quali numeri sono più frequenti? Quante probabilità ho di vincere scegliendo un determinato numero? Quali sono le possibili combinazioni tra dadi, pedine e caselle? In pratica si chiede agli alunni, divisi in piccoli gruppi, di mettere in campo le proprie capacità logiche e pratiche in un’attività finalizzata.

 

IL FUTURO. Queste sono solo alcune delle attività proposte quest’anno nei pochi incontri tenuti, ma l’aspetto più interessante è l’aver iniziato un lavoro con le classi prime, che, grazie al progetto Radici di Comunità, potrà continuare per tutto il corso di studi della scuola secondaria di primo grado.

In questo modo gli operatori, collaborando con i professori e gli alunni delle classi coinvolte, potranno adattare le attività al programma scolastico, rimodulare l’intervento in base ai riscontri ottenuti e valutare di volta in volta le attività in base ai risultati.

Rinforzare le capacità logico-matematiche e fare in modo che sempre più studenti si appassionino alla scienza è un obiettivo ambizioso, fare in modo che gli studenti diventino protagonisti del processo educativo lo è altrettanto: una comunità che vuole affrontare al meglio le sfide del nostro tempo ha bisogno di menti pensanti e di radici forti.

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