Chi è il vostro rappresentante di classe ideale?

di

di Daniele Angius, educatore nelle scuole di La Loggia

Nelle settimane precedenti alle vacanze di Natale, le classi coinvolte nel progetto hanno eletto i rappresentanti che all’interno del Consiglio di consultazione della scuola dovranno mettersi d’accordo sulle proposte di cambiamento da presentare al Dirigente scolastico e al Sindaco della propria città. È stata una fase delicata del nostro lavoro insieme, perché gli studenti hanno dovuto misurarsi con un concetto chiave nell’educazione alla cittadinanza: quello dell’elezione democratica.

Ci serviva una bussola. Nelle indicazioni nazionali per il curricolo, si invitano gli insegnanti ad educare alla cittadinanza con parole convincenti. “Il problema – scrive Franco Lorenzoni, maestro elementare e autore di numerosi libri dedicati al mondo dell’infanzia e della scuola – sta nel rischio della predica, che è il peggior modo di presentare temi civili ai bambini”. Siamo partiti allora da una domanda: da chi vorremmo essere rappresentati? Ho chiesto ai ragazzi di suggerirmi qualche risposta, provocando discussioni e tentando di trasformare le loro parole in piste da seguire.

Mattia: “Secondo me un rappresentante deve essere una persona che non ha paura di parlare in pubblico”
Daniele: “Quale parola useresti per definire questa caratteristica?”
Mattia: “Non timido… coraggioso”
Daniele (scrivendo sul cartellone): “Non timido, coraggioso…. Qualcun altro?”
Antonio (alzando la mano): “Deve parlare a voce alta e non deve balbettare”
Valeria: “Che c’entra? Se dice delle cose sensate…”
Daniele: “Personalmente sono d’accordo con Valeria. Ma vorrei sentire anche altre opinioni”
Gianluca: “Valeria ha ragione! Il rappresentante deve prima di tutto avere a cuore il nostro progetto”
Valeria: “Se non gliene frega nulla non ha senso!”
Daniele (scrivendo sul cartellone): “Deve avere a cuore il nostro progetto”
Laura: “Per me un rappresentante deve sapere capire le altre persone”
Daniele: “Che cosa intendi con “capire le altre persone”?”
Laura: “Voglio dire che deve saperle ascoltare e sentire che cosa provano”
Daniele: “Esiste una parola per indicare una persona così. Qualcuno la conosce?”
Giulio (alzando la mano): “Empaticato?”
Daniele: “Il termine corretto è empatico… Ma anche empaticato non è male!”
Antonio: “Io non ho capito che cosa vuol dire”
Daniele: “Ci sono tante definizioni. A me personalmente piace questa: essere empatici significa sapersi sintonizzare sulle emozioni dell’altro, ma senza lasciarsi coinvolgere troppo”
Valeria: “Strano, no?”
Daniele: “Tu dici che è strano che uno possa sentire e non sentire nello stesso tempo?”
Valeria: “Si, parecchio”
Mattia: “Perché uno non può…”
Valeria: “Non può mica decidere fin dove essere innamorato!”
Luca: “Secondo me qualcuno ci riesce”
Antonio: “Per me non è possibile trovare un ragazzo con tutte queste caratteristiche. Sarebbe troppo perfetto!”
Daniele: “Antonio ci pone una questione molto importante: quella del limite. Ci dice che non troveremo mai una persona così. Qualcuno di voi vuole provare a rispondergli?”
Sara: “Non è necessario che un rappresentante abbia tutte queste qualità, magari possiamo accontentarci di una o due”
Antonio: “In fondo non stiamo mica eleggendo il Presidente della Repubblica!”

Federico Fellini sosteneva che anche se avesse filmato una medusa avrebbe parlato di se stesso. Anche io mi perdo volentieri in questo scambio vorticoso di parole, come in un infinito gioco di specchi.

A casa riguardo le fotografie scattate durante la discussione e sono contento. In quelle due ore l’aula non è stata un grande spazio abitato da concetti astratti, che possono appassionare qualcuno o essere avvertiti molto distanti da altri. L’esigenza di dover individuare dei rappresentanti, ci ha portato a interrogarci sul nostro modo di stare al mondo, facendo i conti con i nostri limiti e tirando fuori molti spunti di riflessione. I risultati emersi da questo viaggio non possono essere espressi numericamente né valutati con un’interrogazione. In definitiva, non si è trattato di capire una lezione ma di accendere la fiamma della reciproca e libera trasformazione. Questo, a mio avviso, è il grande punto di forza del progetto: i ragazzi vengono spinti ad andare “al di là dell’essere, per diventare essere per gli altri”. Insomma una vera comunità in azione.

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