Almagià, il luogo della possibilità e della scoperta

di

L’esperienza progettuale della rete ravennate di associazioni Almagià, è confluita nel progetto Act, attraverso l’attivazione di laboratori sulle arti performative, che hanno visto protagonisti i minori di una scuola media.

di Marco Marano*

 

Bologna, 7 novembre 23 – Secondo Eugenio Barba, fondatore dell‘International School of Theatre Anthropology e dell’Odin Teatret, lo spazio teatrale è il “luogo dei possibili”, esso non produce opere ma modi di operare, che poi è il tema dominante di tutta la storia del teatro novecentesco, a partire da Stanislavskiy, fino a Jerzy Grotowski, maestro di Barba. E‘ la storia insomma che in seguito darà vita al Terzo teatro, dove lo spazio scenico diventa luogo, appunto, affinché la creatività possa trovare libertà di movimento, fuori dai dettami tradizionali. Dice Barba:“L’immaginazione è la capacità di immaginare qualcosa che non esiste. Non solo di pensarla ma addirittura di sintonizzare la propria vita, le proprie azioni, il proprio comportamento in base a questa immaginazione.”

 

Un progetto di arti performative

Ma perché iniziare da Eugenio Barba la storia che stiamo per raccontare?  Perché a Ravenna, c’è un consorzio di associazioni che si chiama Almagià, il quale trasforma gli spazi di rappresentazione in luoghi del possibile, costruendo modi di operare con i minori … Almagià ha realizzato un programma multidisciplinare dal titolo “Cut And Mixed”, all’interno del progetto Act, con un intenso programma, indirizzato agli allievi della Montanari, una Scuola Secondaria di Primo Grado. Si è trattato di un progetto di arti performative, con al centro il teatro di figura, cioè quello legato alle dimensioni visiva e  sensoriale tipiche del mondo dei burattini e delle marionette, dove il rapporto tra ombre, oggetti e voci costruisce una sua specifica drammaturgia.

Da un report sulle attività svolte, fornito dal Consorzio Almagià, intercettiamo gli elementi che hanno costituito l’ambito pedagogico entro cui ragazze e ragazzi hanno potuto cimentarsi: “All’interno di Cut and mix hanno sperimentato danza ed espressione corporea, note drammaturgiche, musica, costruzione di marionette, maschere, materiali scenotecnici e costumi con materiali di riciclo e, allo stesso tempo, hanno sperimentato una riflessione sulle stagioni, sugli ecosistemi, sui cambiamenti climatici e sull’importanza della biodiversità, della cura dei luoghi e del nostro tempo, di chi siamo.”

 

Lo spazio scenico ed il rapporto tra pari

Il superamento dello spazio scenico tradizionale, seguendo il nuovo concept del Terzo teatro, non si concentra sull’atto drammaturgico, in quanto rappresentazione in sé, ma sposta il suo interesse sia sul superamento delle barriere tra attori e spettatori, che sullo sviluppo di dinamiche corporee, che saranno adottate dalla pedagogia teatrale. In tal modo viene ribaltata la dimensione significante dell’atto drammaturgico, creando una spinta verso un nuovo baricentro scenico, laddove la rappresentazione non è più teatro centrica, nel senso che non mette più al centro il testo ma appunto il movimento. Ancora Barba: “Arriva sulla scena della storia una generazione che immagina che il teatro non è rappresentazione: il teatro è uno strumento trasformativo della società…”

Dal report di Almgià: “I contenuti sono stati sviluppati peer to peer  (educazione tra pari, ndr) con i ragazzi e le ragazze coinvolti nel progetto, per il quale i tutor hanno scritto una sorta di struttura fluida, in grado di accogliere i loro stimoli insieme ai loro docenti  (…)  Tra le attività previste, la manipolazione e le attività artistiche tramite la creazione di una serie di personaggi narratori-marionette, con materiali di recupero. La narrazione e lo storytelling è stata co-creata con i minori per dare vita a un racconto-spettacolo-azione multidisciplinare.”

La continuità tra scuola primaria e secondaria

Il progetto ravennate di Act è stato avviato il 20 settembre 2020 ed è terminato il 15 giugno 2023. I minori coinvolti nell’arco di tre anni sono stati complessivamente 180, e hanno riguardato le classi dalla prima alla terza media. Alcune azioni sono state implementate nella logica della continuità tra scuola primaria e secondaria, con le quinte classi dell’Istituto Comprensivo Darsena di Ravenna. 

Tra i bambini coinvolti ci sono stati ottanta minori a rischio, in termini di dispersione scolastica e povertà educativa; quaranta sono stati quelli segnalati dalla scuola stessa; venti minori stranieri, accompagnati dagli educatori. Novanta è stato il monte ore complessivo, attraverso cui sono state realizzate ottanta ore di incontri frontali, durante il pomeriggio. 

Il personale coinvolto ha visto la partecipazione di nove operatori sociali e di un gruppo di tutor Pear To Pear venticinquenni, afferenti alla Rete di associazioni. I primi si sono occupati di coordinare le attività, i workshop e l’ambito amministrativo, gli altri si sono posti come trasmittenti di competenze e prassi tecniche. Ogni annualità, delle tre, ha visto concludersi le attività di progetto con un evento finale tra maggio e giugno.

 

Tra multidisciplinarietà e peripezie aristoteliche

“La nostra pratica – leggiamo dal report – è sempre un mix di metodologie diverse. Accogliamo dei prototipi di azione creativa collettiva. Poi sviluppiamo quello che è più efficace attraverso un processo partecipato. Spesso usiamo anche metodi one to one, se necessario. Si tratta di procedere attraverso il Project Based Learning, che è anche quello che applichiamo noi nei progetti multidisciplinari. Il processo tra noi e i ragazzi è sempre reciproco e molto arricchente. Impariamo anche noi tutor da loro.”

Il concetto di multidisciplinarietà parte da molto lontano, perché riguarda la capacità di stare in scena o vivere la scena teatrale a trecentosessanta gradi, sia dal punto di vista della dimensione espressiva che drammaturgica, quest’utima ridefinita nella logica non del testo scritto ma dell’azione scenica formulata da persone, marionette e burattini. Drammaturgia, dal punto di vista etimologico deriva da due parole greche: drama, cioè azione, e urgia, che significa lavoro: il lavoro che fanno le azioni. Sono quelle che Aristotele chiamava peripezie: “Gli attori che usavano le peripezie aristoteliche, – continua Barba – possedevano quella che viene definita la Trinità dell’attore: canto, danza, capacità di comporre, quindi d’inventare, di improvvisare. “

 

Il partenariato

Il sistema di rete attraverso cui agisce Almagià non vede il protagonismo di questa o quella associazione, ma in ogni progetto le singole associazioni danno il loro contributo insieme: “Essendo di rete, questo progetto afferisce alla nostra associazione di secondo livello, esattamente come i progetti Party in Terza, Appunti per un Terzo Paesaggio, Tempus Fugit e altri ancora, quindi non delle singole associazioni. Fondamentale è stato l’apporto di Associazione La Casa delle Marionette/Teatro del Drago per quanto riguarda la parte manipolativa, performativa e teatrale, tecnico musicale e naturalmente, di Teatro di Figura. Hanno partecipato anche RavennArte e Associazione Norma per il coordinamento, la consuntivazione, la parte relativa al landtelling. Anche se è  un progetto costruito in modo così sistemico, esso afferisce alla natura di gran parte dei progetti di Rete.”

 

La fantasia al centro delle azioni

Così le ragazze e i ragazzi in scena hanno suonato, danzato, improvvisato, costruendo essi stessi una loro drammaturgia, rappresentata durante gli eventi finale, così come gli artisti dell’ottocento costruivano i loro spettacoli. La grandezza degli attori del passato era quella di apprendere decine e decine di sfumature comportamentali come fossero dei clichè o modi di esporre certi testi, che fossero filosofici, teologici, guerreschi o poetici: “Queste – afferma Eugenio Barba – erano forme di improvvisazione, ma era anche la capacità dell’attore di sapersi costruire una drammaturgia organica, personale, che non aveva nulla a che vedere con la drammaturgia narrativa del testo…”

“I ragazzi durante il progetto – conclude il report –  hanno avuto un’ottima tenuta. Negli incontri abbiamo sempre accolto anche le loro esigenze: se erano stanchi si potevano fermare, ad esempio. Potevano chiacchierare tra di loro. Confrontarsi. Alcuni che non partecipavano, perché appartenevano ad altre classi, hanno invece fatto richiesta di essere presenti a qualche incontro e sono stati accolti, in accordo con gli insegnanti.”

*Servizio Protezioni Internazionali, Asp Città di Bologna

 

FONTI E LINK DI RIFERIMENTO

 

Progetto Act

https://percorsiconibambini.it/act/

Link sito Almagià

https://www.almagia.net/

1a Lezione all’Università Roma Tre: Immaginare il teatro – Dipartimento FilCoSpe – 2022

https://www.youtube.com/watch?v=2AvXqo60PKY

4a Lezione all’Università Roma Tre: Essenza ed Ethos – Dipartimento FilCoSpe – 2022

https://www.youtube.com/watch?v=5Emjn-tqDi0.

 

Regioni

Ti potrebbe interessare

Dal borgo alla città, oltre il proprio quotidiano

di

Il viaggio sul territorio bolognese, dentro il progetto Act, ci porta a scoprire una realtà territoriale come l’Arci, impegnata nell’ambito dell’integrazione civico-sociale....

Partecipazione e ascolto per i ragazzi del mondo

di

La ricerca di Unibo, condotta attraverso i focus group, ha rivelato ambiti e bisogni dell’accoglienza verso i minori stranieri non accompagnati, individuando...

Bologna: quando minori e famiglie guadagnano spazi sociali

di

Un progetto di comunità, in un pezzo di Emilia Romagna, per intervenire sui vari aspetti della povertà educativa. di Marco Marano* Bologna,...