I ragazzi del mondo sulle impervie strade dell’asino

di

Il viaggio dentro il progetto Act di Bologna ci porta nella tappa dedicata alla ricerca-azione

di Unibo, incentrata sui minori stranieri non accompagnati.

 

“Solo se davvero non hai scelta prenderai la strada dell’asino”

(Detto pakistano)

di Marco Marano*

 

Bologna, 5 aprile 2023 – Rashid Mirza è un giornalista pakistano libero, motivo per cui è stato costretto a fuggire dal proprio paese, per chiedere asilo politico. Ospitato a Bologna, in seconda accoglienza, dalla cooperativa Lai-momo, è stato l’autore di un libriccino, con illustrazioni, dal titolo Le strade dell’asinoAbbiamo attraversato il confine camminando attraverso la foresta perché non possiamo attraversare il confine ufficiale”.  Rashid, con poche parole, è riuscito a sintetizzare dei paradigmi che troviamo in tutti i fenomeni migratori: “I trafficanti hanno le loro conoscenze, sanno quando e dove sono i controlli, noi paghiamo i trafficanti e i trafficanti pagano i soldati e la polizia…”

I minori stranieri non accompagnati, rintracciati sul territorio bolognese durante il 2022  sono stati 640, con una media mensile di circa 53 unità. Le prime sette nazionalità, per numero di arrivi, si sono alternate con picchi periodici: la Tunisia 250 rintracci, l’Albania 142, l’Egitto 80, il Pakistan 36, il Marocco 33, il Gambia 30, la Somalia 24. Ma queste sono anche le rappresentazioni del modo in cui le strade dell’asino si sono incrociate con le reti informali di informazione, che prima, durante e dopo la fine del viaggio in Italia, porta i migranti in una città anziché un’altra: Bologna è sembrata la più gettonata.

Foto 1: Strada dell’asino, prima rotta

 

La ricerca-azione di Unibo definita dalla pedagogia interculturale

La permanenza sul territorio bolognese dei minori stranieri non accompagnati è stata studiata dall’Università di Bologna, all’interno del progetto Act, attraverso una ricerca-azione, da cui dovrebbe anche scaturire la creazione di una piattaforma multimediale per insegnanti di lingua italiana. Un Comitato scientifico ha fatto da supervisione ai focus-group, finalizzati a ricostruire il sistema dei bisogni dei giovani arrivati.

Lo studio è stato effettuato dai ricercatori del Dipartimento di Scienze dell’Educazione, con alla guida la Professoressa Stefania Lorenzini, titolare della Cattedra di Pedagogia interculturale: “L’eterogeneità dei contesti che caratterizzano le società contemporanee, – ci dice la Professoressa – ci portano in un mondo sempre più globalizzato, contraddistinto da una mobilità elevata, che non riguarda solo la realtà migratoria. Gli aspetti più comuni di questa disciplina vedono un approccio pedagogico aperto, alla scoperta delle differenze e delle somiglianze, rispetto ai contesti sociali: differenze di genere, linguistiche, di fede religiosa, di riferimenti culturali, ecc….”

Addentrandoci dentro l’approccio metodologico che la Professoressa Lorenzini ci ha illustrato, abbiamo scoperto come sia possibile interpretare la dimensione sociale della stereotipia: “E’ importante riuscire a leggere come si formano pregiudizi e stereotipi su cui cresce il razzismo. Fenomeni questi che si sono sviluppati nella storia, da cui anche l’esigenza dello studio e della comprensione di certi fenomeni storici. Attraverso la storia capisco quali tratti posso utilizzare per leggere il presente, anche perché ci sono caratteristiche che a volte si ripresentano. Di fondamentale importanza è poi comprendere come le persone che subiscono il razzismo e dunque forme diverse di esclusione e discriminazione, possano essere influenzate in termini negativi nell’autostima e disagio nell’identità personale.”

Foto 2: Università di Bologna

 

Le strade dell’asino e le reti informali

Ma soffermiamoci per un attimo sulle “fotografie“ dei processi di flusso, in rapporto alle reti informali, tramite le informazioni confluite nel Servizio Protezioni Internazionali dell’Asp Città di Bologna. Abbiamo schematizzato gli incroci tra le principali nazionalità dei giovani rintracciati, sulla base di tre indicatori: le rotte, gli accessi in Italia, le tipologie dei viaggi. I gruppi nazionali schematizzati sono stati: albanesi, tunisini, egiziani, marocchini e subsahariani.

Le dinamiche che riguardano i minori albanesi, che si spostano prevalentemente dalle zone rurali, si caratterizzano per brevissimi viaggi, da uno a tre giorni, lungo la rotta balcanica, mediante agenzie di trasporti  formali/informali, i cosiddetti passeur, che riescono a far transitare i minori senza delega di accompagnamento, grazie alle “intese” con gli agenti di frontiera; il prezzo per un minore, l’anno passato, era di trenta euro a frontiera, con la Slovenia come punto d’accesso dall’Italia. La scelta pregressa di arrivare a Bologna è stata dovuta, dunque, sia al tragitto pianificato dagli stessi passeur/autisti, che, in quel caso, hanno funzionato da rete informale, che anche attraverso i coetanei, già accolti sul territorio bolognese.

Foto 3: Strada dell’asino, seconda rotta

 

L’esperienza dei focus group

La ricerca-azione coordinata dalla Professoressa Lorenzini ha visto la composizione di sei focus group, per ventuno ragazzi della stessa provenienza, e un focus group per sei ragazze di diversa provenienza. I minori sono stati scelti tra i giovani in seconda accoglienza, ospiti in dieci strutture dell’area metropolitana bolognese, selezionati dal Coordinamento minori, dell’Unità operativa Sai minori, afferente al Servizio Protezioni Internazionali. Le nazionalità presenti: albanesi, egiziani, tunisini, marocchini, gambiani, iracheni. 

La durata di ogni singolo intervento è stata di due ore e mezza, considerando i tempi dilatati delle mediazioni linguistico-culturali: “I lavori dei focus group – continua la Professoressa Lorenzini – sono stati incentrati su questioni utilizzate da stimolo, per sollecitare lo scambio libero. Diverse sono state le tematiche affrontate… Innanzitutto le questioni sulla loro vita nelle comunità, in cui sono stati accolti: la convivenza, la condivisione degli spazi, il compagno di stanza, quello che fa rumore, quello che russa… Ma anche i conflitti e le risorse nelle relazioni con i coetanei e con gli operatori/operatrici.”

 

La dinamica dei gruppi in movimento

La medesima durata del viaggio, da uno a tre giorni, riguarda anche i minori tunisini, che si inquadra in un contesto con caratteristiche totalmente differenti, da quelle albanesi: non strade dell’asino ma la traversata del Mediterraneo. Dalle spiagge tunisine, però, non partono solo barche organizzate dai trafficanti, ma anche barchette private, comprate con collette tra parenti o vicini di casa: poi una bussola, uno dei ragazzi che sa stare in mare, alla guida, ed il gioco è fatto. Quella tunisina, è una migrazione che si avvale forse della rete informativa più strutturata, grazie ai coetanei già ospitati sul territorio: sanno in quale città italiana recarsi prima di partire, e addirittura, in alcune occasioni, sanno anche qual è il più desiderabile centro d’accoglienza ove soggiornare, o ancora, in casi estremi, anche dove vi sia disponibilità di posti.

Le reti informali d’informazione sono anche una rappresentazione di come la dimensione comunitaria assuma la conformazione di una risonanza continua durante il viaggio. Ecco uno dei motivi che può spiegare come la compartimentazione culturale sia la maggiore criticità tra territorio di accoglienza e comunità che potremmo definire errante: “In linea di principio – sottolinea Stefania Lorenzini – è emersa la tendenza a raggrupparsi in sottogruppi omogenei per provenienza, e sembra essere carente l’aspetto relazionale con gli italiani. In tal senso occorrerebbe favorire le relazioni tra gruppi e un inserimento nel contesto sociale più ampio.”

 

Le abitudini culturali

Per ciò che concerne l’analisi sui giovani egiziani e pakistani, le caratteristiche del viaggio sono molto simili, poiché le strade dell’asino sono le stesse: la rotta balcanica, preceduta, per i pakistani, dai passaggi in Iran e Turchia. La durata del viaggio ha una forbice che va dai sei mesi ai tre anni. Gli accessi, nel 2022, sono stati due: il primo classico della rotta balcanica, via terra, con passaggio dalla Slovenia; l’altro, con partenza da Istanbul, via mare, direzione sud Italia: la stessa rotta usata dai migranti morti nella strage di Cutro. La rete informativa è intervenuta proprio durante il viaggio, prima della partenza per mare.

C’è un tema emerso dalla ricerca-azione di Unibo, quello delle abitudini culturali, di cui questi ragazzi sono portatori, e che possono creare una barriera reciproca tra paese ospitante e ragazzi che migrano. Chissà quanti di noi, italiani, si sentono infastiditi dagli odori speziati che escono dalle cucine delle abitazioni, nei condomini; e chissà quanti di loro, i migranti, si richiudono in se stessi verso un mondo sociale che rifiuta i loro bisogni. Ecco, le criticità sociali nascono proprio quando si crea la distanza tra un noi e un loro La Professoressa Lorenzini:  “La possibilità di mantenere abitudini legate alle origini è una cosa importante: dalle pratiche religiose, fino ai prodotti culturali, come musica e film… E’ il tema sul rapporto tra l’omologazione e il bisogno di mantenere almeno alcuni aspetti/abitudini legati alle origini; a sostegno dell’identità personale.”

 

Quegli occhi sul mondo

Infine, troviamo il tragitto dei sub sahariani: gambiani, guineani, ghanesi, ma anche somali, sudanesi, etiopi ed eritrei. Attraverso la rotta sahariana si ritrovano in Libia, quasi tutti passati dai lager, chi più chi meno maltrattati o torturati, dopo un viaggio durato, tendenzialmente, da uno a tre anni. Partono attraverso la rete di trafficanti, forse più famosa al mondo, più che conosciuta dall’Unhcr dell’Onu… La rete informativa, invece, agisce sia durante il viaggio sahariano che anche all’arrivo in Italia.

Sono i territori di vita quelli indagati dalla Cattedra di Pedagogia interculturale, e, laddove si formano le barriere sociali, in rapporto alle differenze tra popoli e genti del mondo, queste si traducono spesso in tensioni razziali, magari cavalcate dai media di massa: “Personalmente propongo un quadro generale del contesto globalizzato, – conclude la professoressa Lorenzini – cercando di sostenere la consapevolezza sugli stereotipi e i pregiudizi, che spesso derivano dai messaggi mediatici. Ma anche consapevolezza sui tanti volti del fenomeno migratorio, e della conseguente eterogeneità dei territori di vita. Un approccio disciplinare, questo, che parte dal riconoscimento delle esigenze culturali e dalla possibilità delle persone di crescere in un nuovo contesto sociale e culturale senza vivere uno sradicamento disorientante rispetto alle esperienze pregresse.”

Continua…

*Servizio Protezioni Internazionali, Asp Città di Bologna

Fonte e credit: “La strada dell’asino”, testi Rashid Mirza, illustrazioni Gul K, edizioni Lai-momo.

Fonte per i dati e le elaborazioni sulle rotte: Servizio Protezioni Internazionali, Asp Città di Bologna.

 

LINK

Lai-momo  

https://www.laimomo.it/comunicazione_post/la-strada-dellasino/

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