Reti educative nel territorio di Gela

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La storia di Massimo Nardo e Francesca Caiola s’intreccia con il mondo scout, i suoi valori e le sue missioni di natura formativa, sociale e culturale. Conoscere di più questo mondo significa addentrarci in un contesto affascinante. Rispondono all’unisono alle nostre domande, segno di una storia che li accomuna.
Quando è nata la vostra passione per lo scoutismo?
«È nata quando eravamo bambini. Si inizia con i lupetti passando poi al reparto, al clan e infine, tramite vari corsi di formazione, in comunità capi. Questa passione, che ormai coltiviamo da tanti anni, non è mai cessata, anzi stando a contatto con i giovani non ha fatto altro che aumentare».
Cosa significa essere uno scout?
«Anzitutto bisogna esserlo dentro, poi occorre avere quella voglia di darsi agli altri, quel bisogno di trasmettere quante più nozioni possibili e avere anche la forza di rispettare i propri principi. Per noi lo scoutismo è tutto. Cerchiamo di collegare un po’ tutta la natura ad un punto importante che è Dio, cerchiamo di far conoscere anche attraverso la natura un essere che è al di sopra di tutti noi. Lo scoutismo è uno stile di vita, dare testimonianza attraverso il servizio. Noi abbiamo iniziato con Cngi e ora stiamo continuando con l’Agesci. La nostra progressione personale inizia con il Cft (Campo formazione tirocinante), poi il Cfm (Campo formazione metodologico) e infine il Cfa e poi si continua con i vari laboratori. Da lupetti dormivamo nelle tende, preparavamo il fuoco, vivevamo la natura a tutti gli effetti, invece con il passare degli anni la situazione si è evoluta, i lupetti stanno nelle strutture più protette e poi passando al reparto iniziano ad assaporare l’avventura».
Com’è il vostro rapporto con i ragazzi?
«I ragazzi hanno molti impegni e molte volte li svolgono in modo superficiale. Notiamo che sono in una fase di maturazione e soprattutto gli adolescenti si approcciano a diventare educatori: un percorso importante perché loro saranno i futuri capi. Ci sono ragazzi che vogliono fare tanto e poi non riescono a concludere l’impegno e in questi casi possono esserci dei problemi, però speriamo che in futuro possano capire cosa significa condurre un percorso seriamente. Il rapporto fra capo e ragazzi deve essere soprattutto di fiducia, vogliono trovare un ambiente più sereno ed essere più liberi, noi da educatori per quel che possiamo fare cerchiamo di portarli sulla giusta via».
Gli insegnamenti scout valgono anche al di fuori della comunità?
«Certo, perché lo scoutismo insegna tante cose. Gli insegnamenti che diamo possono essere utili anche quando magari non si frequentano più gli scout, ad esempio la “sopravvivenza” può servire anche al di fuori degli scout, perché aiuta ad affrontare la vita con le poche cose che hai a disposizione, dato che non sempre abbiamo le comodità che desideriamo».
Qual è l’esperienza più bella che vi è rimasta impressa?
«L’esperienza più bella, anzi quella che arricchisce di più, è quando un bambino dice “Ti voglio bene”, oppure, “Mi hai fatto passare una bellissima esperienza”. Queste sono le cose belle, dettate dall’esperienza con questi ragazzi. È più bello vivere questi momenti che essere pagati: la nostra paga è questa, quando un bambino dice “Mi sento felice”».
Quali sono gli obiettivi della comunità scout, nel periodo di ricostruzione post pandemia?
«I ragazzi si sono ritrovati catapultati in una situazione abbastanza difficile, con le lezioni online il confronto viene a mancare e allontana da tante cose. Difatti abbiamo avuto difficoltà a riportare i ragazzi alla vita “reale”, ma non abbiamo perso di vista il nostro obiettivo. Al giorno d’oggi siamo legati tutti al nostro smartphone e riteniamo che lo scoutismo aiuti invece a toccare con mano la realtà. Il nostro obiettivo è quello di non far mancare la comunicazione, in tutte le nostre esperienze lontano o vicino casa cerchiamo sempre di far divertire ma soprattutto far crescere i nostri ragazzi».

Sara Fausciana
Giorgia Nardo
Nancy Ociana
Roberta Tascone
Jacqueline Tiralongo

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