OPS! Iniziare a parlare di ricchezza educativa

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Dal 1 al 10 giugno Mus-e Italia, onlus impegnata da circa venti anni nell’ambito dell’educazione informale coinvolgendo 11.550 bambini in 14 città italiane, ha organizzato OPS! Il Festival della ricchezza educativa.

Pur partendo dalla volontà di affrontare il problema della povertà educativa, fin dal titolo (OPS! vuol dire ricchezza in latino), l’iniziativa ha lasciato emergere possibili soluzioni dalle parole di esperti, rappresentanti del mondo dell’educazione, genitori ed enti del Terzo Settore.

Il Manifesto parte dalla riflessione sui temi individuati dalla Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza e si costituisce come documento aperto, al quale si può continuare a contribuire dal sito di OPS. Il suo scopo è mettere il bambino e il suo benessere al centro, proponendo una chiave educativa olistica, che prenda in considerazione la creatività, la salute, l’istruzione, l’integrazione e innanzitutto il diritto ad essere felici.

Da questo assunto, prende infatti le mosse il primo punto, discusso con Antonella Meiani, autrice del libro Tutti i bambini devono essere felici, la quale ha giustamente insistito sulla necessità di comprendere che la pratica dell’apprendimento implica l’errore e che i bambini si sentono felici quando sono riconosciuti dalla comunità in cui abitano, senza la paura di essere giudicati.

In dialogo con lei, Simona Rotondi, responsabile delle attività istituzionali dell’impresa sociale Con i Bambini, che ha ribadito questa premessa, sottolineando quanto la libertà di espressione e quindi la capacità generativa siano conseguenza della sensazione di venire accolti ed essere al sicuro. In questo senso, parlando del contrasto alla povertà educativa come scopo principale dei 360 progetti supportati da Con i Bambini, è stata valorizzata la fondamentale alleanza tra scuola e famiglia, ma anche tra esse e gli enti del territorio che contribuiscono a costruire il contesto di riferimento in cui il bambino vive e sviluppa la propria personalità ovvero la comunità educante.

Nell’incontro sul punto 4 “I bambini hanno diritto di provare emozioni”, Luisa Tatoni, direttore responsabile di GG Giovani Genitori, rivista dedicata a genitori e bambini dai primi anni di vita fino all’adolescenza, riporta alcune conclusioni dal World Happiness Report 2019, in cui i paesi del Nord Europa risultano ai primi posti della classifica della felicità. Il know how maturato in quest’ambito (si veda la pubblicazione Il metodo danese per crescere bambini felici ed essere genitori sereni) si basa, infatti, su una società maggiormente democratica, con più attente politiche di welfare ed equità (a livello di posizione sociale, di genere e di dialogo intergenerazionale), che possa contare su un civismo responsabile e sul senso di appartenenza alla comunità. In sintesi riconoscimento e appartenenza.

Questo processo, come detto da più voci in occasione di questa pandemia, si avvia solo se si inizia a informare i bambini e attivarne il senso di responsabilità (Silvana Quadrino – pedagogista, specializzata in Psicologia clinica dell’età evolutiva e in Psicoterapia della famiglia, tra le autrici di UPPA.it – un pediatra per amico). Tutto questo non può avvenire, trattandoli come se fossero adulti in miniatura, ma accompagnandoli e guidandoli a scoprire il piacere dell’approfondimento con l’esempio, come ricorda Lucio Biondaro, CEO e founder di Pleiadi, società specializzata nel public engagement e nella divulgazione scientifica, autore della Guida Galattica al Coronavirus, dibattendo sul punto 8: I bambini hanno diritto all’informazione.

Per entrare in questa dimensione di comunicazione autentica, il gioco è un ambiente importantissimo in cui muovere i primi passi, perché è attraverso di esso che passa il rapporto col mondo esterno. Educare alla creatività ed esserne parte fa capire ai bambini che possiamo comprenderli ed instaurare un rapporto di fiducia reciproco.

Francesca Segato, giornalista e scrittrice, fondatrice della casa editrice CameloZampa, ricorda che per sviluppare a pieno questo potenziale, tuttavia, bisogna resistere alla tentazione di saturare il tempo del bambino, perché la noia e il tempo libero sono condizione imprescindibile della creatività (vedi il divertente libro Uff! di Ilaria Guarducci), così come pure il porre limiti in maniera intelligente per stimolare la ricerca di soluzioni.

Si è posto l’accento sulla relazione intergenerazionale anche all’interno del punto 3: I bambini hanno diritto all’istruzione, in cui alle difficoltà poste dalla DAD (didattica a distanza) si accompagnavano anche alcuni progressi relativi agli studenti con bisogni specifici, che sono stati seguiti con maggiore attenzione, e diverse considerazioni riguardo al cambio di percezione della scuola. Se prima del Covid i ragazzi offrivano definizioni preconfezionate dai programmi scolastici della scuola, Daniela Lucangeli, Ordinario in Psicologia dell’Educazione e dello Sviluppo presso l’Università di Padova, presidente dell’International Academy for Research in Learning Disabilities – IARLD e membro della task force per l’Emergenza Covid-19, ha riportato un nuovo sistema valoriale in cui la scuola viene identificata nelle maestre e nei compagni come comunità umana. Ecco allora che la DAD dovrebbe trasformarsi in Didattica di vicinanza, che raggiunge chi si è sentito solo.

Guarda il video del punto 7Il bambino non è un’isola

Il bambino non è un’isola, infatti, è l’enunciato del punto 7, per il quale hanno dialogato Gioia Raro, educatrice STEM*Lab e Gilda Esposito, Presidentessa di “MoCa Future Designers, impresa sociale/spin off del Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia, Università degli Studi di Firenze. Le materie STEM ci insegnano che il metodo scientifico è fatto di osservazione, sperimentazione, confronto tra pari e condivisione dei risultati. Un insegnamento prezioso che dovrebbe essere riportato a tutte le dinamiche del sistema educativo e agli ambienti di apprendimento (come accade all’interno dei nostri laboratori, seguendo le metodologie del tinkering), in modo da invogliare anche a copiare, perché significa imparare dagli altri, come ben descritto in un seguitissimo TED di Ken Robinson.

Altrettanto importante è, dunque, curare il patrimonio culturale individuale come strumento necessario e generativo per l’integrazione, perché il bambino è cittadino del mondo, come affermato nel punto 9, e alcune difficoltà di apprendimento possono derivare da distanze culturali che vanno valorizzate con strumenti didattici e di approfondimento nuovi. Teresa Dello Monaco, educatrice e ricercatrice sul ruolo dell’arte nella formazione dei bambini e nell’apprendimento linguistico, sottolinea l’importanza di fornire anche sistemi di autovalutazione per l’apertura mentale degli insegnanti, rafforzata in questa sua affermazione dalle parole di Giorgio Guiot, musicista e direttore di coro, che pone l’accento sulla necessità di co-creare il prodotto artistico a fini educativi senza preporsi obiettivi rigidi, per lasciare possibilità di espressione a tutti.

Infine, per il punto 10: I bambini hanno diritto di stare a contatto con la natura, Paolo Mai, cofondatore dell’Asilo nel Bosco e della Piccola Polis, ribadisce la naturale predisposizione dei bambini alla conoscenza, originata dalla curiosità. La chiave di volta è stimolarne la meraviglia, di cui la natura è piena. Ritornare a vivere lo spazio all’aperto e il mondo esterno sarà il modo migliore di educare questa curiosità e, come conclude Nicolò, uno degli studenti delle elementari invitato a dar voce ai suoi pensieri di questi giorni: “Avremo tutti il cuore per ricominciare”.

 

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Nicoletta Daldanise | Assistente coordinamento STEM*Lab

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