Science Capital. Per un approccio eco-sistemico e inclusivo alle STEM.

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La costruzione di un apprendimento della scienza è un percorso che si sviluppa dentro e fuori i contesti scolastici, in un flusso che coinvolge e mescola i momenti di apprendimento formali con le esperienze e le relazioni della vita di tutti i giorni. Il framework del Science Capital ci offre una chiave di lettura per definire come il bagaglio di conoscenze scientifiche di ognuno venga arricchito e influenzato dalle abitudini, dalla famiglia e dalla rete di contatti. Comprendere questo contesto e le sue dinamiche ci aiuta a potenziare le risorse disponibili per la cultura scientifica, nell’ottica di costruire una comunità educante competente e inclusiva.

Questo è il tema affrontato dal quarto e ultimo appuntamento del ciclo di webinar STEM*Lab: lavori in corso per una comunità educante, condotto dal Consorzio Kairòs in collaborazione con il Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano e CdIE Centro d’Iniziativa Europea sul tema Educazione alle STEM e Science Capital. Per un approccio eco-sistemico e inclusivo.

Per offrire una cornice al tema, Patrizia Cerutti, Responsabile Programmi per l’Educazione alle STEM Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, definisce la premessa all’interno della quale è nato il concetto di Capitale Scientifico.

«I musei hanno un ruolo fondamentale in relazione al Life Long Learning, anche nella misura in cui condividono la loro expertise con altri enti che si occupano di produzione della conoscenza, tra questi la scuola. I punti su cu abbiamo basato il nostro lavoro con STEM*Lab costituiscono i pilastri per un approccio inclusivo che crei un cambiamento profondo. In primo luogo, è necessario trovare una base comune e fare in modo che istituzioni come i musei, che operano in ambito informale, creino sinergie autentiche con l’educazione formale. La comunità educante esiste quando le qualità di ciascun attore di questa comunità si potenziano. L’altro punto importante riguarda l’idea che l’educazione scientifica sia ecosistemica, ovvero che metta al centro del processo di apprendimento il discente e il suo talento, in un contesto sperimentale. In altre parole, si lavora sulla competenza relativa al contenuto, ma anche sulla competenza trasversale, soprattutto se parliamo di un contesto di povertà educativa. Il terzo punto insiste sul modo in cui coinvolgere la comunità, non solo analizzandone il bisogno, ma valorizzandone le potenzialità. Il museo sperimenta nella quotidianità questi tre elementi in maniera costitutiva all’interno delle sue aree espositive e dei programmi educativi. Con i partner di progetto abbiamo cercato di condividere questa expertise.»

 

 

Micol Molinari, Academy Programme Leader al Science Museum di Londra, approfondisce a questo punto il focus del webinar, descrivendo l’origine del Science Capital:

« Per i nostri musei il concetto Science Capital, a partire dal 2017 è divenuto la priorità. Nell’Academy Team, dove ci occupiamo dell’applicazione di questo principio, lavoriamo costantemente nell’ottica di rendere accessibili le competenze, le conoscenze e le potenzialità STEM. Quest’anno lo ha reso particolarmente evidente: una maggiore creatività e diversità di pensiero ci offrirà soluzioni migliori per le sfide che dovremo affrontare. Nonostante i numerosi investimenti, tuttavia, non abbiamo ancora visto incrementi nella partecipazione alle materie STEM, non solo immaginando di incoraggiare l’accesso alle carriere scientifiche, ma anche di aprire la porta a moltissime altre professioni attraverso di esse. A molti giovani interessa la scienza, ma non ne percepiscono la rilevanza, pensano che sia rivolta solo a menti particolarmente brillanti. Dai dati del progetto Aspires dell’UCL Institute of Education, Practice and Society, nel complesso i ragazzi dicono di imparare cose interessanti a scuola e che le scienze siano importanti, ma solo pochi vogliono proseguire gli studi in tal senso. Proprio da questa ricerca si è iniziato a ragionare sul Science Capital, per capire cosa influenza gli atteggiamenti e il rapporto delle persone con le STEM, perché alcuni vi si identificano e altre no. Pensiamo al Capitale Scientifico di un individuo come ad uno zaino: tutte le esperienze che formano la sua identità e il suo rapporto con la scienza nella vita. Ipotizziamo quattro scomparti: quello che sai, quello che fai (contenuti online, musei, ecc,), chi conosci (amici o parenti che lavorano nelle STEM), come pensi alla scienza? Ciascuno di noi nello zaino avrà un Capitale Scientifico unico e personale. È necessario tenere a mente questa differenza di approccio e trovare soluzioni che prendano in considerazione questa differenza. Nel Regno Unito dei circa 5000 ragazzi che abitano nei distretti interessati dai nostri musei, solo il 5% possiede un capitale scientifico alto, riposto con maggiore probabilità nei maschi di un elevato contesto sociale, il 27% possiede un capitale scientifico basso. Per il 68% le STEM sono materie scolastiche per cui dimostrare interesse, ma senza la volontà di continuare.

Se ne conclude che al cuore della ricerca sul Capitale Scientifico e l’applicazione dei suoi principi ci sia un movimento di giustizia sociale. Ormai ci vengono offerti gli stessi strumenti, ma non tutti riescono ad accedere a queste opportunità. Adottare un approccio equo significa riconoscere che gli zaini sono diversi e dunque i sostegni devono essere diversi. Nessuno dovrebbe sentirsi a disagio, appassionarsi alle materie STEM deve essere una scelta non un atteggiamento frutto di esclusione. Il Covid sta ampliando questo divario purtroppo.

Si può incontrare la scienza in tanti contesti diversi e non formali, nei musei, a casa. La scuola è fondamentale, ma i giovani ci passano meno del 20% delle ore di veglia, quindi un’esperienza scientifica deve collegarsi con le altre facenti parte della quotidianità per incidere. Questo è ciò che mettono in pratica anche i partner di STEM*Lab.

Al museo abbiamo creato una cassetta degli attrezzi basata su 9 principi chiave da considerare quando si progetta un’attività. Bisogna usare un linguaggio inclusivo, basato sulla semplificazione del lessico, incoraggiare le conversazioni ed esprimere opinioni per aumentare la partecipazione. Riconoscere in se stessi le competenze scientifiche aiuta l’identificazione, quindi è utile incoraggiare attività pratiche in cui mettersi alla prova. Per fare un esempio molto concreto, abbiamo semplificato le didascalie nel museo, includendo immagini, esperimenti con oggetti di uso comune, incoraggiando le osservazioni con le domande, eliminando i termini “studenti” e “insegnanti” per facilitare l’idea che si possa sperimentare in famiglia.

Viene naturale chiedersi se si può misurare il Capitale Scientifico per capire se è aumentato con i nostri interventi. In teoria sì, con un questionario, ma la difficoltà è percepirne i cambiamenti, perché si tratta di un processo a lungo termine, dipendente da fattori non sempre controllabili. L’importante è rendere l’esperienza più coinvolgente possibile, osservando se vengono richieste  ulteriori informazioni, se i ragazzi partecipano, ecc. Non è un’impresa da affrontare da soli, ma bisogna creare ponti con diverse organizzazioni e contesti e attivare una riflessione su come innovare i programmi rispetto agli stili di vita dei giovani. Sono questi i superpoteri degli educatori!

Dopo aver ascoltato le illuminanti parole di Micol Molinari, Barbara Borlini, Centro di Iniziativa Europea soc. coop. CdIE, coordinatrice STEM*Lab Lombardia, introduce gli interventi che calano questi presupposti nella pratica di tutti i giorni:

 

 

«Le tre scuole all’interno delle quali sono stati attrezzati gli STEM*Lab, con la partnership scientifica del Museo Nazionale di Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci – IC Cremona Cinque, IC Borgo San Giuseppe e IC Giacosa – operano in quartieri fragili con forte presenza di cittadini di origine straniera. Sono ragazzi e ragazze che hanno poche occasioni per accrescere il Capitale Scientifico fuori dalla scuola o per mettere in discussione stereotipi connessi alla scienza e alle professioni scientifiche, con particolare riferimento al gender gap. Sono scuole in cui un approccio più sperimentale può davvero costituire un momento d’inclusione, per superare le difficoltà linguistiche, ad esempio. I laboratori sono luoghi in cui i ragazzi possono sperimentare in orario curriculare attraverso l’apprendimento cooperativo e in cui la scuola si apre al territorio in fascia extracurriculare, anche con il coinvolgimento dei genitori. La pandemia ha penalizzato questa parte del progetto, ma l’obiettivo è moltiplicare sul territorio i luoghi in cui le famiglie e i ragazzi possono venire a contatto con al scienza in maniera diversa. Un esempio significativo è quello dello STEM*Lab all’interno dell’ IC Giacosa, che lega l’apertura al territorio all’integrazione, in un’area all’aperto che si trova all’interno di un parco scolastico in orario curriculare, mentre dopo le h 16  si trasforma in un parco pubblico, con l’area degli orti dove c’è la casetta STEM*Lab».

Francesco Muraro, Dirigente scolastico dell’IC di via Giacosa – Casa del Sole, scuole del parco Trotter, amplia questo tipo di considerazioni:

«La Casa del Sole è stata pensata per tenere insieme la didattica attiva outdoor con la salute dei bambini. Proprio per questo, impostare una gran parte dell’offerta formativa sulle materie STEM è stato naturale. Non è sufficiente avere orti o una fattoria didattica, dal momento che abbiamo alunni che vengono da paesi esteri per il 70%. C’è bisogno di una lingua comune e transnazionale e il linguaggio scientifico è tutto questo, non ha confini, non attiene alle differenze culturali, ma aiuta a sviluppare competenze di cittadinanza, ad assumersi responsabilità e imparare che le azioni producono risultati attraverso la loro osservazione, sperimentazione e verifica. La didattica delle scienze in ambienti laboratoriali permette ai ragazzi di trovare nuove motivazioni, che comunque dovrebbero essere trasversali anche al sapere umanistico.

In un momento in cui dobbiamo alternare distanza e presenza, poter dire che un’esperienza fatta a scuola permette di portarsi dietro una traccia è un modo per non perdere la vicinanza. Il pianeta ha bisogno che questo capitale cresca e venga ridistribuito. Una consapevolezza scientifica diffusa serve a produrre, in casi come quello della pandemia, una scelta consapevole per affrontare in modo razionale, non solo emotivo, qualsiasi emergenza. Il Capitale Scientifico non va solo prodotto, ma anche ridistribuito, augurandosi che il plusvalore di chi fa ricerca diventi patrimonio del cittadino, che ha il diritto di averne parte. Il compito della scuola è quello di volare alto e trovare le pratiche. Noi stiamo portando avanti tre progetti: un laboratorio sugli elementi della natura del parco, l’efficientamento energetico della struttura scuola e la serra didattica con lo sviluppo di tecnologie utili a gestirla anche da remoto.»

Nell’ottica di redistribuire il Capitale Scientifico, risulta emblematica l’esperienza di Gioia Raro, Educatrice Liberitutti scs, con il percorso Space Lab, portato avanti con le ragazze di quarta e quinta delle scuole primarie in alcune scuole della periferia Nord di Torino con alto tasso di povertà educativa e culturale. Un progetto realizzato insieme ad Apriti cielo, l’associazione del Planetario di Torino InfiniTO.

« Abbiamo intrapreso un viaggio su Marte in ottica interdisciplinare, incoraggiando immaginario, creatività e storytelling attraverso dieci incontri con le ragazze. Una parte rilevante l’hanno avuta anche la preparazione dell’aula e il passaggio per cui le bambine si sono rese testimoni e portatrici di conoscenza nei confronti del resto della classe.

La creatività è stata fondamentale per entrare in relazione con il gruppo e creare un clima di cooperazione. Un esempio è stato la progettazione degli stivali marziani in apertura del percorso.

Nella pratica, dunque, abbiamo applicato la metodologia tinkering, costruendo circuiti elettrici, sperimentando i pannelli solari e costruendo dei mini rover, candidati poi ad un concorso di scienze. Abbiamo perfino costruito il plastico da attraversare ed è stato importante dare ai vulcani e alle rocce dei nomi per familiarizzare con il paesaggio. Abbiamo operato attraverso il brain storming, la discussione cooperativa e il diario di bordo. Le ragazze arrivavano alle conclusioni attraverso un percorso personale, mentre il ruolo dell’adulto era quello di facilitatore, ad esempio suggerendo le fonti di ricerca attraverso cui poi muoversi in autonomia. Già solo utilizzare le riprese di Marte sul sito della NASA è stato fonte di meraviglia e ispirazione. Le partecipanti sono state guidate attraverso l’osservazione, il porsi delle domande, la sperimentazione, dandosi la possibilità di sbagliare. L’obiettivo è di aumentare la Science Identity nelle ragazze e la connessione con il mondo reale è stata fondamentale, come nell’ultimo incontro con Manuela Aguzzi, istruttrice degli astronauti dell’ESA, che ha dato diversi stimoli in questo senso, per far capire anche quanto i percorsi di studio STEM possano tradursi in carriere specifiche. »

 

 

Report raccolto da Nicoletta Daldanise | assistente al coordinamento STEM*Lab

 

 

 

Per ulteriori letture

 

Science Museum Group Science Capital Approach

https://learning.sciencemuseumgroup.org.uk/our-approach/

 

Transforming Practice Blog

https://learning.sciencemuseumgroup.org.uk/blog/

 

Science Museum Group Learning Resources

https://learning.sciencemuseumgroup.org.uk/learning-resources/

 

Science Museum Group Academy

https://learning.sciencemuseumgroup.org.uk/academy/

https://www.ucl.ac.uk/ioe/departments-and-centres/departments/education-practice-and-society/stem-participation-social-justice-research

https://www.ucl.ac.uk/ioe/departments-and-centres/departments/education-practice-and-society/stem-participation-social-justice-research/science-capital-teaching-approach

 

 

 

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