Verso la ricostruzione di un immaginario per i nostri figli
di stemlab
L’accelerata sulla didattica a distanza, pur mettendo in evidenza radicate disuguaglianze sociali e drammatici ritardi nei processi di digitalizzazione, sembra ormai definitivamente impressa grazie al mastodontico impegno di insegnanti, educatori, dirigenti scolastici e imprese sociali. Da qualche giorno, dunque, è emersa con crescente preoccupazione la necessità di ottenere qualche certezza e una giusta dose di visione sulle traiettorie da intraprendere verso la ricostruzione di un immaginario per i nostri figli.
I bambini compresi all’interno della generazione alfa, ovvero i nati negli ultimi dieci anni, sono attualmente la categoria individuata come più a rischio dagli studi. Per gli esperti di pedagogia, infatti, ad essere compromesso è il processo di formazione della personalità in relazione al vivere sociale, ma anche rispetto alla percezione del mondo circostante, al senso dello spazio e addirittura allo sviluppo motorio. L’eccessiva sedentarietà e il mancato confronto con gli altri coetanei ne starebbero indebolendo la capacità di mettersi alla prova, di acquisire autonomia dai genitori, registrando in alcuni casi anche processi di regressione. Si preannunciano, quindi, risvolti psicologici particolarmente complicati da gestire, nel momento in cui lo smart working verrà abbandonato a favore di una vita lavorativa più dinamica.
Il sistema scolastico nazionale e internazionale.
Mentre ancora si stanno indagando possibili misure per riprendere le regolari attività scolastiche a settembre, da più parti si sollevano ragionevoli dubbi rispetto all’adeguatezza delle strutture, così come le abbiamo conosciute nelle condizioni pre-Coronavirus. In sostanza, la scuola non è mai stata così consapevole e riconosciuta nella sua missione d’inclusione sociale, ma allo stesso tempo impreparata ad accogliere fisicamente gli studenti e le studentesse. Le architetture delle aule non consentirebbero il distanziamento sociale, il personale di manutenzione sarebbe nella maggior parte dei casi insufficiente, i sistemi d’igienizzazione degli spazi di lavoro dovrebbero essere affrontati tra mille difficoltà di budget.
Allargando lo sguardo all’Europa, il rientro a lezione avviene a velocità differita e, anche tra chi è stato più rapido a riprendere regolarmente, come in Danimarca, si legge incertezza rispetto all’effettiva sicurezza per i bambini e le loro famiglie, pur contando un sistema scolastico potenziato rispetto al nostro. In Francia, il via libera è stato concesso alle realtà più svantaggiate, pesando le tragiche conseguenze di abbandonare a se stesse le famiglie prive di mezzi economici per sostenere la didattica a distanza. In Germania e in Austria, invece, la regolamentazione avviene a livello regionale, valutando soprattutto l’urgenza di assicurare sostegno ai genitori che svolgono professioni dedicate ai servizi classificati come essenziali.
La difficoltà delle famiglie.
Se la situazione verrà tenuta ancora in bilico fino all’estate, l’ipotesi di proseguire su questa linea anche dopo settembre piomba letteralmente come un macigno nelle case degli Italiani, a gravare pesantemente sulla gestione familiare. La prima conseguenza immaginabile è infatti il collasso non solo di quei nuclei che già sono stati penalizzati dalla mancanza di strumenti digitali, ma anche di quelli che fin qui sono riusciti ad assicurare un’istruzione ai propri ragazzi, assistendoli in casa. Tuttavia le soluzioni già prospettate, come i bonus babysitter e l’estensione dei congedi parentali, non convincono ancora pienamente, come dimostra la campagna #noncisiamo, nata per iniziativa di un gruppo di mamme.
A fronte di possibili misure adottabili dalle scuole secondarie, grazie all’utilizzo di spazi comuni (cortili, aule magnae, palestre) o un sistema di turnazione tra le classi, per le materne e le primarie sarà quasi sicuramente necessario attendere ancora. Certo è difficile pretendere che i più piccoli comprendano la necessità di mantenere il distanziamento sociale in mezzo agli altri compagni, eppure resta estremamente grave liquidare la questione semplicemente escludendoli dalla ricostruzione di un futuro. Simili distrazioni ci hanno già fatto perdere alcune possibilità nel presente.
Il nuovo patto generazionale ed educativo.
Il governo canadese, ad esempio, ha segnato un traguardo importantissimo nel rinsaldamento del rapporto tra le istituzioni e le future generazioni, realizzando un video messaggio alla nazione con i Lego, rivolto ai bambini, per ringraziarli dei sacrifici affrontati in vista del bene comune, assegnandogli quindi un ruolo e riconoscendoli come giovani cittadini quali in verità sono.
In questo periodo, però, arriva in aiuto la definizione di quello che Raffaele Iosa, in un recente articolo sulla rivista «Vita», ha individuato come « “patto educativo territoriale” in cui scuola, famiglie, enti locali, società civile, associazioni del tempo libero e di vita, della cultura, costruiscano un continuum coordinato di esperienze e pratiche da offrire ai bambini per ri-tornare alla vita ». All’interno di questo rafforzamento che sta alla base del patto sociale stesso, forse potrebbero e dovrebbero essere loro a trovare una posizione centrale, dando seguito alla diversa comprensione dell’essere attivi e responsabili per la propria comunità che stanno acquisendo in questi giorni.
L’apertura verso la didattica outdoor.
Mentre la task force di 18 esperti convocata dal nostro governo sta valutando le precauzioni da adottare per assicurare il distanziamento sociale nelle scuole, altri stanno promuovendo con sempre maggior forza gli spazi pubblici come spazi didattici, da riconvertire grazie alla cosiddetta “didattica outdoor” e al prezioso coinvolgimento degli esperti di educazione informale.
Su OrizzonteScuola.it, Lidia Tavani, antropologa e pedagogista, ne chiarisce i vantaggi: « Le attività (attività di gruppo, attività di esplorazione, attività individuali, attività informali, attività di gioco simbolico, coding e giochi di corporeità) si svolgono all’interno di specifiche aree (area luce, area suono, area odori, area storie, area tattile e di manipolazione, area composizione, area riposo, area aula a cielo aperto), caratterizzate dalla presenza di speciali strutture didattiche per l’esercizio della sensorialità, progettate appositamente per le A.LA.S. [aree laboratoriali all’aperto]».
Se quindi le norme sanitarie dovranno necessariamente imporre, ancora per un periodo più o meno lungo, alcune restrizioni, rischiara l’orizzonte constatare la tendenza comune ad una “didattica di vicinanza”, secondo un’altra felice espressione di Iosa, in cui la comunità educante si riscopre compatta e finalmente in grado di stringere al proprio interno nuove alleanze cariche di conseguenze per un futuro oggi più che mai necessario e possibile.
Nicoletta Daldanise | assistente al coordinamento della comunicazione per STEM*Lab
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