Per crescere un bambino occorre un intero villaggio
di Redazione Istituto Toniolo
Il Convegno del 7 dicembre, promosso dal DIPMED dell’Università degli Studi di Salerno, fra i partner di progetto, ha rappresentato il primo incontro pubblico in presenza con l’obiettivo di promuovere sul territorio la costruzione di un sistema di tutela dell’infanzia, attraverso il miglioramento delle competenze dei professionisti e della comunità attraverso modalità di lavoro condivise e la diffusione di buone prassi per riconoscere il danno e offrire le risposte più adeguate.
Il proverbio africano “per crescere un bambino occorre un intero villaggio” racchiude in poche parole il senso pieno del progetto. Proteggere i bambini è responsabilità di tutti: famiglie, comunità, enti pubblici, organizzazioni del terzo settore, hanno il dovere di garantire il diritto di protezione dell’infanzia come sancito dall’articolo 19 della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza; è necessario definire un sistema di protezione rafforzando il ruolo del contesto della comunità come fattore protettivo. Si sta lavorando, quindi, non solo per costruire una comunità che curi, ma che sia attenta e previdente, si doti di strumenti adeguati e metta in atto tutti gli interventi e le azioni possibili per ostacolare i mal-trattamenti.
La coordinatrice di RESTART, la dottoressa Annarita Manzo, durante il convegno, ne ha illustrato le fasi e le azioni.
La prima fase del processo d’intervento, la fase di rilevazione, è finalizzata al riconoscimento precoce delle situazioni di rischio, per attivare un articolato intervento di valutazione e tutela. Il lavoro è volto a definire l’emersione di situazioni pregiudizievoli con gli operatori sociosanitari e del terzo settore, con l’obiettivo di sostenere le competenze dell’ascolto e del riconoscimento precoce dei segnali di sofferenza dei bambini, costruendo procedure corrette di protezione.
Durante la seconda fase, quella di valutazione e cura, si strutturano attività dirette a bambini e genitori, svolte da un’équipe specialistica, che lavora in integrazione con tutti gli altri operatori del territorio, all’interno di un progetto che raccoglie la dimensione psicologica con quella educativa e relazionale.
Quest’azione prevede la valutazione psicodiagnostica ossia l’esame del quadro della personalità, del mondo interno e dei vissuti emotivi prevalenti, la valutazione dell’adattamento, l’analisi della validità delle dichiarazioni, della storia e delle precondizioni familiari e la valutazione della recuperabilità genitoriale. Quest’ultima è l’osservazione e la definizione di comportamenti genitoriali pregiudizievoli, delle risorse, della possibilità di riparazione come intervento centrale nei percorsi di tutela dell’infanzia, il cui esito può determinare il destino delle famiglie, verso processi di ricomposizione di legami disfunzionali in caso di esito positivo, o al contrario ridefinendo processi di interruzione di relazioni familiari che restano fortemente danneggianti, nonostante il percorso attivato.
L’accompagnamento psicosociale integrato, successivo alla valutazione, comprende tutti gli interventi integrati, volti alla tutela, alla terapia e alla riparazione, per consentire la costruzione per il bambino e per la sua famiglia, di un nuovo assetto di vita.
Il sostegno e l’accompagnamento alla genitorialità consistono nella prosecuzione della valutazione della recuperabilità genitoriale se possibile. Si sostengono, infatti, i genitori nella rielaborazione delle esperienze traumatiche vissute da loro e dai figli, per un’azione riparativa, utilizzando diverse tecniche tra cui l’E.M.D.R., tecnica psicoterapica evidence-based nella cura del Disturbo da stress post traumatico, sia di adulti che di bambini.
Sono state elaborate le Procedure di Accesso attraverso segnalazione dei partner, dei servizi sociosanitari del territorio e dell’Autorità giudiziaria minorile.
Si collocano nell’orizzonte della prevenzione e precocità degli interventi i programmi di home visiting, ossia gli interventi di sostegno alla genitorialità che si svolgono con interventi domiciliari per lo sviluppo di legami responsivi attraverso un intervento intensivo che supporti la relazione genitore-figlio nella costruzione del legame di attaccamento e nelle forme di accudimento. Si interviene in maniera precoce, agganciando i genitori nella prima infanzia dei bambini, sostenendo un buon attaccamento, fonte primaria di uno sviluppo sano e integrato.
L’azione di sostegno alla relazione madri-figli, nelle situazioni di violenza maschile, è essenziale per riparare quanto la violenza ha danneggiato nella relazione genitoriale indebolendo l’attenzione e le capacità protettive della madre, esponendo il figlio al trauma di vedere la propria madre indifesa e vulnerabile. L’attività parte dal riconoscimento e dall’esplicitazione della violenza vissuta e assistita. Si attiva, pertanto, un’azione costante di counseling individuale, con le donne vittime di violenza, la cui genitorialità è stata danneggiata da aggressioni di ogni tipo. Le problematiche emerse dagli incontri, sono affrontate attraverso il gioco ed attività distensive e di svago (laboratori di socializzazione e psicoeducazione, artistici ed espressivi, sportivi e di promozione sociale). L’azione consente di aiutare i bambini a ritrovare la propria dimensione infantile e a ricostruire un’immagine materna autorevole.
In situazioni in cui emergono maggiori elementi di complessità, in caso di violenza maschile e con le famiglie migranti, portatrici di codici culturali e relazionali differenti, è prevista una specifica consulenza metodologica, per favorire la strutturazione di programmi personalizzati
L’intervisione strutturata con incontri tra gli operatori impegnati nelle diverse attività, è uno spazio di confronto alla pari, per sviluppare un ragionamento unitario del Team nel rispetto della specificità delle diverse professionalità coinvolte nelle azioni. La scelta delle azioni operative con e per il nucleo, è condivisa, attraverso un raccordo costante dello stato di avanzamento dei singoli percorsi clinici, aspetti sociali, pedagogici, nonché giudiziari, con la finalità di sostenere decisioni utili ed efficaci. L’intervisione ha l’obiettivo di sperimentare buone prassi, necessarie per legittimare il lavoro e definire il modus operandi.
La programmazione personalizzata riguarda i singoli casi, come spazio di confronto tra i diversi punti di vista, costruendo un’alleanza che coinvolga bambini, genitori ed operatori, in modo da attivare tutte le risorse possibili.
In situazioni in cui emergono maggiori elementi di complessità, in caso di violenza maschile e con le famiglie migranti, portatrici di codici culturali e relazionali differenti, è attivata una specifica consulenza metodologica, per favorire la strutturazione di programmi personalizzati.
L’azione di rafforzamento della comunità educante si sviluppa attraverso la promozione della cultura della tutela dei bambini (Child Safeguarding), in un’ottica di creazione di un network che sensibilizzi l’opinione pubblica sul tema della violenza sui minori.
Il Safeguarding è responsabilità di chiunque entra a contatto con il bambino. Per questo è importante la condivisione di metodologie e l’adozione di strumenti unitari per aiutare le scuole e le organizzazioni a riconoscere e affrontare i primi segnali di violenza; l’elaborazione di procedure condivise per facilitare e supportare operatori e insegnanti nelle segnalazioni o denunce; la costruzione di modelli integrati e condivisi di presa in carico: la diagnosi e il trattamento clinico dei minori e delle loro famiglie; l’integrazione tra procedimento giudiziario e percorsi di cura; gli interventi sociali volti ad una effettiva inclusione sociale ed educativa di bambini vittime di Esperienze Sfavorevoli Infantili.
L’azione denominata “Come i porcospini” punta alla prevenzione di condotte pregiudizievoli promuovendo e potenziando il benessere di bambini e ragazzi, attraverso attività con bambini ed insegnanti.
Tale intervento, con programmi di sensibilizzazione, informazione e formazione, opera su due direttrici: una pratica educativa positiva, rispettosa dei bisogni irrinunciabili dei bambini, al fine di prevenire comportamenti dannosi da parte dei genitori o educatori fin dalla prima infanzia e il riconoscimento dei segnali predittori di Esperienze Sfavorevoli Infantili al fine di stimolare la attenzione degli adulti e il cambiamento dei loro stili educativi e qualora ciò non fosse possibile, per massimizzare l’emersione.
Si opererà nelle scuole primarie attraverso l’informazione e la sensibilizzazione idei genitori per la promozione della genitorialità positiva; l’informazione e la formazione rivolta i bambini finalizzata a fornire la “cassetta degli attrezzi”, ossia strumenti per imparare a riconoscere ed evitare i pericoli e conoscere i fattori di protezione e la formazione con personale scolastico per la promozione di modalità educative e formative che sostengano l’autostima, l’intelligenza emotiva, le capacità di autotutela e la cooperazione tra bambini; rilevazione precoce del maltrattamento e relativa segnalazione.
Saranno proposti convegni e seminari aperti alla cittadinanza per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla cura del benessere del bambino.
Il lavoro di co-progettazione ha fatto emergere la necessità di costruire una comunità di pratiche congruenti per realizzare confronto e riflessione. Tra i temi individuati dei laboratori e question time: disturbi dell’attenzione nei bambini, utilizzando la lente della violenza; genitorialità tra valutazione e recuperabilità, metodologie e strumenti d’intervento; peculiarità dell’intervento educativo nella prevenzione; percorsi “Oltre la violenza” con formazione specifica sulla violenza di genere attraverso una metodologia articolata in quattri punti: analisi e studio della letteratura scientifica sul tema e analisi dei riferimenti normativi; teorie e stereotipi diffusi anche tra i clinici, che rendono la violenza assistita poco rilevante; riflessione sulle premesse culturali che sostengono convinzioni, strutturano valori; formazione sulle tematiche migratorie attinenti alle problematiche specifiche dei bambini e donne straniere con vissuti diretti e indiretti di violenza.
I percorsi di capacity building sono finalizzati a rafforzare competenze specifiche nella valutazione e cura psicologica, educativa e sociale e competenze trasversali per lavorare sull’integrazione.
La consulenza, l’accompagnamento, la supervisione agli operatori, allargati anche ai servizi pubblici, sono finalizzati a far crescere una comunità di saperi e pratiche e trattare i nodi critici della cooperazione, favorendo l’integrazione tra piano terapeutico e piano pedagogico.
Il fenomeno della violenza all’infanzia è sommerso e invisibile agli occhi: c’è tanta resistenza nelle famiglie a svelare quanto accade in famiglia ed anche nella comunità adulta che circonda il nucleo familiare e a riconoscere ciò che è in realtà mal-trattamento. Dove c’è una persona maltrattante, c’è un contesto disattento, poco preparato a cogliere i segnali e a comprendere i danni di un ambiente di vita pregiudizievole, non responsivo, non nutriente.
Ed allora c’è bisogno di un “villaggio”, di un contesto più pronto più attento che sappia leggere i segnali e sappia intervenire tempestivamente, in maniera coordinata e multidisciplinare.
RESTART ha questo ambizioso obiettivo: implementare un sistema di contrasto del maltrattamento all’infanzia lavorando per creare una società capace di offrire luoghi e contesti sicuri.
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