Latina. Con il “patto di territorio” si può cambiare la comunità
di cemeadelmezzogiorno
Gaeta, 17 Luglio 2021. Presso la Sala Conferenze dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale nel Castello Angioino, si è svolto l’incontro per la firma del Patto di territorio per il contrasto alle povertà educative nella provincia di Latina intitolato “Le parole e le idee possono cambiare il mondo. Un patto può cambiare la comunità”.
Un risultato importante, frutto di un percorso costruito dai progetti sul territorio all’interno dei progetti Radici di Comunità e Tutti a scuola, che impegna d’ora in poi gli attori del territorio nella costruzione di una politica di contrasto alle povertà educative.
Il Patto ha, infatti, coinvolto numerosi Comuni, anche grazie al presidente della Provincia di Latina, Carlo Medici, partner del Progetto Tutti a Scuola, che ha impegnato l’istituzione provinciale a costruire una cornice nella quale trovare il denominatore comune del territorio per combattere attivamente le povertà educative.
I PRINCIPI DI RIFERIMENTO. Il Patto assume quale principio base il protagonismo, il coinvolgimento, la partecipazione attiva di bambine e bambine, ragazze e ragazzi e giovani in ogni processo che riguardi la loro educazione e formazione, proponendosi di sollecitare l’interlocuzione con le nuove generazioni, nelle forme e nei modi più opportuni all’interno della propria attività. In questo senso, con il Patto di territorio per il contrasto alle povertà educative nella provincia di Latina, si intende la Comunità in senso dinamico, inclusiva e impegnata nella salvaguardia delle differenze, e si ribadisce il focus sul tema degli spazi educativi.
GLI OBIETTIVI. Tra gli obiettivi generali, il Patto intende costruire una cornice per i Comuni del territorio provinciale, affinché tutti i Patti educativi di Comunità che saranno stipulati dai singoli Comuni o attorno alle singole scuole possano usufruire di linee guida e buone prassi. Definendo modelli operativi innovativi e puntando su co-programmazione e co-progettazione, il Patto intende, insomma, lavorare per dei mutamenti permanenti nel contrasto alle povertà educative.
GLI STRUMENTI OPERATIVI istituiti dal Patto sono tre: una cabina di regia, che sovraintenderà all’implementazione del Patto stesso, disegnando le politiche e stilando un programma di attività; il Tavolo permanente intercomunale per il contrasto alla povertà educativa, luogo di coordinamento e confronto sull’andamento dei contesti e di ricerca di soluzioni comuni di contrasto alle povertà educative. Infine uno spazio di comunicazione pubblica sul tema che diverrà, per il territorio, una banca dati di buone pratiche e sarà arricchito con la disponibilità di dati di riferimento su tutte le dimensioni sociali correlate al fenomeno.
LA RETE. Tra i partner, oltre gli organismi di Terzo settore che sono partner del progetto, anche i Comuni di Latina, Pontinia, Minturno, Spigno Saturnia e i numerosi altri che hanno partecipato, tra i quali quello di Gaeta, che ha ospitato l’evento odierno.
L’Università di Cassino e del Lazio Meridionale, che ha attivato con il Professor Simone Digennaro, il primo Master sulle povertà educative a livello nazionale, ha stretto un Accordo di collaborazione scientifica con i due progetti. Nei percorsi formativi il fenomeno è stato articolato in quattro dimensioni, che saranno la pista sulla quale i Comuni aderenti al Patto potranno impegnarsi, collaborando con le risorse del territorio: le povertà economiche, responsabili delle possibilità di accesso a opportunità formative di qualità; le povertà ecologiche o di sistema, che evidenziano le carenze del contesto; le povertà pedagogiche, che focalizzano le competenze del sistema educativo formale e informale; e infine le povertà nelle capabilities individuali, che colgono la situazione dell’individuo e lo stato delle credenziali acquisite. Dispersione scolastica, carenza di opportunità culturali e formative, di servizi socio-sanitari, scarsità di crediti per l’accesso a un lavoro di qualità, sono soltanto alcune delle conseguenze delle povertà educative, che si aggiungono alla mancanza di voce e di protagonismo delle nuove generazioni che rischiano di ereditare i complessi problemi del territorio senza aver sperimentato forme di partecipazione attiva.
LE DICHIARAZIONI. «Le amministrazioni hanno l’obbligo di colmare i gap di formazione e creare cittadini», ha dichiarato Carlo Medici, presidente della Provincia di Latina, che ha continuato: «C’è bisogno di equità in questo: un ragazzo di Gaeta ed uno di Fondi o, ancora, due ragazzi dello stesso comune non possono avere opportunità educative diverse in funzione della famiglia di provenienza. Non ce la faremo mai a contrastare quanto la povertà culturale produce nel cittadino: occorre rimuovere tutti gli ostacoli ad uno sviluppo completo delle ragazze e dei ragazzi. Occorre credere nella formazione, e, per farlo, garantire risorse. Non dobbiamo aver paura di essere cittadini che investono sulla formazione se non lo fa la pubblica amministrazione».
«Sono convinto del grande valore di questo progetto, per il contesto storico in cui è stato realizzato, così come per la capacità di creare partecipazione e inclusione, degli studenti e della politica», ha sottolineato Damiano Coletta, Sindaco di Latina. «La pandemia ci ha dato una sintesi dei bisogni primari e di quella che può essere la risposta della società civile. E un bisogno primario è la scuola. Le scelte politiche sono importanti: come ci ricorda la Costituzione, dobbiamo mettere al centro la persona, in questo caso gli studenti e contrastare tutte le condizioni che possono impedire la piena fruizione delle opportunità educative».
«Io sono un’insegnante prestata alla politica», ha spiegato Lucia Maltempo, Delegata alle Politiche sociali del Comune di Gaeta, intervenuta rappresentanza del Sindaco. «Ho dovuto reinventare il mio lavoro; i ragazzi hanno subito la DAD, sono stati accusati di non ascoltare, di non seguire le lezioni. Quanti erano preoccupati di finire il programma e quanti si sono fermati ad ascoltarli? Hanno famiglie occupate in altre cose, che ascoltano distrattamente i propri figli», ha chiosato Maltempo, sottolineando ancora il ruolo della famiglia e della scuola nel far sentire i ragazzi accolti e ascoltati, e della politica nel dare supporto a chi ha bisogno».
L’azione dell’ente locale, ha detto Antonio D’Alessandro, Vice Presidente CSV Lazio Centro di Servizio per il volontariato, ente capofila del progetto Tutti a scuola, «ha in comune con gli enti di Terzo settore l’attuazione degli obiettivi di interesse generale. Obiettivi che serve favorire attraverso l’amministrazione condivisa».
Il Patto di territorio per il contrasto alle povertà educative nella provincia di Latina, ha sottolineato ancora D’Alessandro, «crea una leva di alleanza tra Enti locali e Terzo settore, mentre la Regione Lazio sta discutendo la nuova legge sul terzo settore che prevede la co-progettazione e la co-programmazione ed è in ballo una legge su beni comuni e una legge su cooperative di comunità».
Occorre, per Maria Cristina Brugnano, presidente Cemea del Mezzogiorno, ente capofila del progetto Radici di Comunità, un approccio sistemico di comunità: «vogliamo parlare di come il mondo adulto si approccia ai giovani? Vogliamo affiancarci ai docenti della scuola, e capire con loro perché ci sono ragazzi che accostano alla scuola l’immagine del carcere? Abbiamo bisogno di portare nella scuola l’idea di partecipazione democratica, di una scuola che si apra e vada verso il territorio».
«Nonostante la crisi, non sembra emergere un pensiero alternativo», ha sottolineato Simone Digennaro, coordinatore del Master Executive PGI Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale. «Se l’unica trasformazione che sappiamo fare nella scuola è il distanziamento, le mascherine e la DAD, non stiamo trasformando nulla. Allora come ne usciamo? Attraverso un atto politico, il Patto ha la pretesa di proporre un pensiero alternativo, e di farlo in maniera partecipata e condivisa. Questo è il pensiero massimo dell’espressione di un territorio».
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