Community engagement con Clac

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In questi primi mesi d’autunno, con un inizio anno scolastico abbastanza complesso, siamo tornati ad attraversare le strade di Palermo, Roma e Favara, e a dialogare con la comunità di P.arch.

Con la guida degli esperti dell’associazione CLAC, Cristina Alga e Paola Bommarito, abbiamo ri-progettato le attività di coinvolgimento dei genitori e degli abitanti dei quartieri che ci saranno utili per conoscere e interagire con una comunità educante che possa consolidarsi e operare anche al di là della durata del progetto.

Abbiamo fatto qualche domanda a Cristina e Paola per conoscere meglio questa nuova importante attività di P.arch.

 

Cosa è per voi il community engagement?

Per engagement intendiamo non soltanto il coinvolgimento e la partecipazione attiva dei soggetti destinatari in azioni specifiche, ma anche e soprattutto la possibilità di espressione delle potenzialità di ciascun individuo all’interno di un progetto comune di cui beneficiano tutti.

Come Amartya Kumar Sen, riteniamo, infatti, che soltanto attraverso lo sviluppo delle capabilities personali, dell’attivazione delle risorse interne in relazione a “ciò che l’individuo può fare o può essere”, si possa agire in modo libero e consapevole all’interno di una comunità, contribuendo attivamente alla costruzione e crescita della stessa.

 

Cosa farete?

Quel che avevamo immaginato nella prima parte del progetto, presupponeva e si fondava su un fare insieme, su momenti di condivisione e aggregazione. Poi, in relazione all’emergenza Covid-19, è emersa la necessità di ri-calibrare le azioni di engagement alla luce delle nuove disposizioni, di assumere una posizione di ascolto rispetto alle nuove esigenze, di ricostruire il nostro punto di vista.

Abbiamo deciso di fare, insieme alle associazioni, le famiglie e la scuola, un “Museo Collettivo di Quartiere” che racconti la storia dei luoghi e degli abitanti. L’idea nasce dall’esigenza di lavorare con le comunità sul ripensamento e la narrazione degli spazi pubblici, di utilizzare gli oggetti e i luoghi come strumento di engagement e di attivare una metodologia che si avvicina alle pratiche ecomuseali.

 

Di cosa si tratta?

Sono due museologi francesi, Hugues de Varine e Georges-Henri Rivière, a teorizzare l’ecomuseo e intenderlo come “un patto tra cittadini che decidono di prendersi cura di un territorio”. La pratica ecomuseale ha tanto in comune con l’idea del Museo Collettivo di Quartiere, un dispositivo che rappresenta un territorio e ciò che sono i suoi abitanti, a partire dalla cultura viva delle persone, del loro quartiere, da quello che desiderano raccontare.

L’idea del Museo Collettivo di Quartiere nasce dal bisogno di trovare un metodo innovativo e partecipativo in grado di coinvolgere la comunità locale, creare uno strumento che possa facilitare la collaborazione tra le realtà attive nei diversi territori, consolidare una comunità educante.

Attraverso degli incontri e momenti laboratoriali con le associazioni, gli abitanti e la scuola, con la comunità di P.arch raccoglieremo storie individuali e collettive, una ricostruzione di una memoria urbana che parte dalla storia dei quartieri e delle comunità. Lavoreremo sugli oggetti, andremo a individuare quegli oggetti legati al quartiere che abbiano un valore affettivo per gli abitanti (per loro stessi, per la loro famiglia o per i loro amici).

Andremo così a lavorare sulla costruzione di un piccolo museo all’interno di una comunità che negozia i propri parametri di rappresentazione e di relazione con e nello spazio urbano. Uno spazio aperto, flessibile, attraversato dalla vita quotidiana delle persone.

A che punto siamo?

In questa fase ci siamo messe in ascolto, stiamo parlando con le famiglie e gli abitanti dei territori di riferimento per raccogliere le esigenze di questo nuovo tempo che stiamo vivendo. Stiamo incontrando le persone e, attraverso delle interviste, stiamo facendo loro delle domande. Le domande seguono tre direzioni distinte: come prima cosa chiediamo del quartiere, del modo in cui lo vivono, e di come può essere cambiata la loro percezione del quartiere durante la pandemia. Poi poniamo sul tavolo questioni che possano avviare una conversazione sui temi educativi o sul rapporto famiglie/scuola. Infine domandiamo: cosa chiederesti a un artista di fare nel quartiere? come immagini un museo che racconta questo quartiere, cosa ci metteresti dentro? Raccogliamo suggestioni, elementi utili per la progettazione del museo collettivo.

 

Come sarà questo museo e cosa ci sarà dentro non lo sappiamo ancora perchè sarà l’esito di ciò che penseremo e costruiremo insieme!

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