L’epidemia e la povertà educativa. Campanelli d’allarme dal Veneto

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Save the children ha cercato di scattare una fotografia importante: l’impatto del coronavirus e delle sue conseguenze economiche sulla vita dei minori. Per capire l’entità del fenomeno intanto una stima: l’aumento della disoccupazione, stimata dal Fondo Monetario Internazionale per il 2020 al 12,7%, e la conseguente riduzione della capacità economica delle famiglie rischiano di aumentare considerevolmente l’incidenza della povertà materiale tra i minori.

Secondo una ricerca condotta dalla Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, dei circa 9,5 milioni di lavoratori impossibilitati a lavorare nel mese di marzo, 3,7 milioni vivono in famiglie monoreddito, dove quindi è venuta a mancare l’unica fonte di reddito. La metà di queste famiglie è composta anche da figli a carico. Tra loro sono 439 mila i monogenitori (12%).

Ma lo studio di Save the Children è andato in profondità con una rilevazione condotta online, dal 22 al 27 aprile, su un campione statisticamente rilevante a livello nazionale, di 1003 minori in età compresa tra 8 e 17 anni, utilizzando un questionario volto ad osservare l’impatto delle restrizioni dovute all’emergenza sanitaria sui bambini e gli adolescenti in Italia.

Nello specifico, le domande del questionario, poste sia ai bambini che ai loro genitori, riguardano la composizione del nucleo familiare ed il livello socioeconomico; le caratteristiche demografiche dei minori; l’impatto economico delle restrizioni dovute all’emergenza sanitaria; l’accesso alla didattica a distanza e il ruolo della scuola; gli effetti del confinamento sul percorso scolastico dei bambini e sul loro sviluppo socio-emozionale; le aspettative rispetto al futuro.

La fotografia a grandi linee mostra si un’Italia divisa in due, con un sud in una situazione drammatica per quanto riguarda al povertà educativa, ma mostra anche delle differenze tra territori ed alcuni segnali preoccupanti anche per quanto riguarda il nord e anche per quanto riguarda il Veneto. Vediamo quali

L’impatto economico della chiusura delle filiere produttive non alimentari e delle attività commerciali è drammatico. Se il 36.6% dei genitori ha smesso temporaneamente di lavorare e per il 54.5% delle famiglie questo ha comportato una riduzione di salario temporanea (inclusi cassa integrazione o congedo parentale). Tale percentuale si eleva al 61.8% nel Nord-Est.

Per quanto riguarda i servizi per la prima infanzia (bambini 0-2 anni) offerti dai comuni la media italiana è del 13% con una pessima situazione al sud, ma ci sono “territori a rischio” anche nel resto d’Italia. Ad esempio le province di Treviso e di Belluno hanno percentuali ben al di sotto della media nazionale (sotto al 10%), e la città metropolitana di Venezia supera di poco l’11%.

La media italiana dei “dispersi”, cioè i 18-24enni con la sola licenzia media che non vanno a scuola e non sono in formazione è del 14%, ma per quanto riguarda la provincia di Verona la percentuale sale al 15-17,6%

Rispetto invece alla presenza di studenti appartenenti al quintile socioeconomico e culturale più svantaggiato- 20% la media italiana – se ancora una volta è al Sud che si concentrano le percentuali più elevate (superiori al 30% province di Taranto, Napoli e Barletta, Andria,Trani), spiccano alcune province del Nord tra cui Rovigo con una percentuale tra il 21,8 e il 25,3%

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