Cosa ho appreso: lettera ad Alvise.

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Cosa ho appreso durante questo periodo di lontananza forzata dalla scuola, dagli insegnanti, dai ragazzi e dai loro genitori? Rispondono a questo interrogativo gli educatori dell’equipe del progetto Kepler 5-14, promosso da La Esse e selezionato dall’impresa sociale Con i Bambini.

 

Caro Alvise,
questa è una delle prime lettere che ti scrivo e che molto probabilmente leggerai fra un bel po’ di anni.
Ti ho appena portato a letto per il tuo sonnellino pomeridiano e, come spesso accade, penso… trascorriamo sicuramente più tempo insieme del solito, stiamo facendo molte cose e ti sarai reso conto che mamma non sta più correndo da una parte all’altra per lavoro, lasciandoti con i nonni. Credo però che, anche se piccolo, ti sarai reso conto che non siamo soli, spesso dal sonnellino ti svegli che mamma deve ancora finire di “incontrare” i ragazzi attraverso videochiamate. È bello vedere che li saluti, è emozionante vedere come ti sorridono.
Per me è donare, mostrare ancor più chi sono io con semplicità e spontaneità; per te è capire sempre più il mio lavoro; per i ragazzi è conoscermi più a fondo.

Nonostante ci siano molte cose che mi mancano della routine precedente in questo periodo mi sto rendendo conto di quanto ricco e sorprendente sia lavorare con il singolo. Il nome di ogni ragazzo e ragazza che seguo scritto nell’agenda anziché la parola “doposcuola” dà maggior valore e importanza alle persone.

Quando ti porto a letto, Alvise, spero che ti addormenti in tempo per la videochiamata che ho programmato da giorni e penso a chi avrò di fronte sullo schermo. Sono tante le domande che mi faccio, ma poche le certezze: avrà voglia di fare compiti o di parlare? Di cosa? Quanto può durare la chiamata? Si sarà stancato di questa modalità di incontro? Come sta oggi? Ma prima di tutto… mi risponderà?

Imprevedibilità è la parola giusta in questo ultimo periodo.

Imprevedibilità come scoperta: con alcuni ragazzi sono riuscita a legare maggiormente in questo periodo di distanza, rispettosi degli incontri prefissati in videochiamata su whataspp oppure su skype, “chiacchieroni” rispetto a quando li vedevo in grande gruppo, più precisi e attenti. Imprevedibilità come paura: timore di perderli quando non si presentano agli appuntamenti per più volte, dispiacere di un aiuto poco riuscito, poco compreso.

E la cosa più difficile è che di fronte al loro modo di porsi imprevedibile sei disarmato, ti porti dietro solo quella piccola parte di relazione già creata nel primo quadrimestre, la capacità di ascolto, la spontaneità della relazione e la chiarezza dell’obiettivo che hai con il singolo. Non c’è un contesto in cui poterli osservare, il confronto con i colleghi è solo in differita… mi sembra di essere tornata all’inizio del mio lavoro, quando serviva mettermi costantemente in discussione come educatrice in relazione ad adolescenti. Si tratta di una sfida, è un cogliere, accogliere, studiare la loro imprevedibilità dovuta da mille fattori: dal loro carattere, dal loro periodo di crescita, dal contesto sociale oggi difficile, dall’ambiente in cui vivono, dalla mancanza di incontrare gli amici…

È bello condividere con te Alvise anche questa parte della mia vita… speriamo che ti svegli dopo le ore 16 così riesco a finire la seconda videochiamata.

Un baciotto,
Eva

Eva Stocco, educatrice, La Esse
Equipe del progetto Kepler 5-14, nuovi sistemi educativi per generazioni competenti

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