#dettotranoi | didattica a distanza | presenti in un non luogo

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Sono passati due mesi dall’inizio del lockdown e una settimana dall’inizio della fase 2 che ne ha segnato, almeno nella percezione comune, la fine.Aprendo il diario di queste settimane e sfogliando le pagine a ritroso, arrivo all’inizio della mia avventura di educatrice durante l’emergenza Covid 19 nel progetto ItaliaEducante che si rivolge agli adolescenti a rischio dispersione scolastica.
Anche io e i miei colleghi, come molti, come tutti, dopo i primi giorni di disorientamento abbiamo iniziato a rimboccarci le maniche e a far girare idee per non lasciare cadere nel silenzio dell’isolamento il lavoro svolto sino a quel momento. Abbiamo accettato la sfida che l’emergenza ci ha lanciato e abbiamo ripensato il nostro lavoro, da sempre fondato basato sulla vicinanza, sul contatto, sugli sguardi e sui gesti, mettendoci anche noi davanti ad uno schermo. Abbiamo quindi scelto di affrontare il lavoro educativo, anche in mancanza dell’elemento fondamentale della corporeità e della prossimità.

25 marzo 2020 ore 15: l’inizio della nostra avventura.
Ho appuntamento su Meet con un piccolo gruppo di ragazze e ragazzi di seconda superiore. Frequentano un istituto professionale di Treviso e li conosco dallo scorso anno quando ho iniziato a lavorare nel progetto ItaliaEducante. Quando è sopraggiunta l’emergenza sanitaria avevamo da poco iniziato a vederci una volta alla settimana per un’ora di supporto ai compiti, attività che avevamo chiamato Sesta Ora. L’invito adesso è quello di vederci in chat per raccontarci come stiamo e come viviamo questo periodo particolare per tutti. Il messaggio implicito è non perdiamoci, non abbandoniamo la strada percorsa finora insieme, io sono con voi.
La scuola chiusa, la didattica a distanza, per i ragazzi a rischio dispersione, può diventare la spinta definitiva ad abbandonare e a non farsi più trovare. Per questo, alle ore 14.55 sono già in balia dell’ansia: e se non si presentano? E se non accede nessuno? Come posso non perderli se non posso andare fisicamente a prenderli? Alle ore 15 però tiro un sospiro di sollievo e di gioia: ci sono tutti, tutti connessi, chi con la videocamera accesa, chi spenta, ma tutti con le proprie voci.
Da quel primo giorno ci siamo visti ogni settimana, e ogni volta ci siamo raccontati e confrontati su quello che stiamo vivendo. Siamo partiti da come stiamo, cosa stiamo sentendo dentro di noi e abbiamo tematizzato le paure: per il contagio, per i nonni anziani, il senso di smarrimento pensando al futuro, la noia dei giorni tutti uguali. Ma anche la gioia per poter dormire di più, per il tempo libero e il non dover andare a scuola… Poi gli amici, che sono quelli che più mancano, insieme alla possibilità di uscire. Le amicizie nutrono, danno felicità e senso di libertà e vederli attraverso uno schermo non è la stessa cosa che stargli vicino, fa tristezza, mi sento abbandonata e sola, mi sento come una sedia vuota. Ci sono i social, che utilizziamo di più, ma abbiamo meno voglia di condividere contenuti, storie e foto, li usiamo per informarci e per guardare come stanno gli altri. E poi c’è la didattica a distanza, che da una parte è più comoda, ma dall’altra è molto più faticosa, è più difficile capire ed è più difficile seguire, le distrazioni da casa sono tante e poi manca il contenitore scuola come luogo di relazione: non abbiamo mai dei momenti morti in cui possiamo scambiare due parole o due battute coi compagni.
Ma in queste settimane di isolamento e di incontri virtuali non sono solo le mancanze a emergere. Nel raccontarci ed ascoltare, nell’incontrarci e dialogare, i ragazzi e le ragazze rivelano una capacità non solo di resistere, ma anche di reagire, cogliendo in questo periodo un’opportunità. Mi sto sperimentando in cose nuove, che non avevo mai fatto prima, ho capito chi sono le persone per me davvero importanti, L’amore è un sentimento che ha perso valore nel tempo, ma adesso è stato ritrovato, siamo più uniti ora, c’è più pace tra noi persone. La serendipità è forse l’aspetto più bello del lavoro con le persone, e in particolare di quello con gli adolescenti. E questa emergenza mi ha dato la grande opportunità di sintonizzarmi con gli stati d’animo, le emozioni e i vissuti più profondi dei ragazzi e delle ragazze con cui lavoro. Quello schermo che divide e che pensavo come a un enorme ostacolo alla relazione, si è trasformato in una grande occasione di vicinanza.
Chiudo le pagine del diario, con un profondo senso di gratitudine. Grazie a queste ragazze e a questi ragazzi, anche io, come persona e come educatrice, ho potuto cogliere quanto questo periodo non sia solo mancanza e fatica, ma possa trasformarsi in una sorprendente opportunità.

Contributo di Francesca Marengo, educatrice ItaliaEducante Veneto

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