La dimensione sociale ed educativa nei laboratori di riuso creativo di L’isola che c’è
di L'isola che c'è
Come valutare un laboratorio di riuso creativo? Quali osservazioni possiamo estrapolare dalle interazioni tra i ragazzi? Qual è il grado di immedesimazione e collaborazione rispetto all’obiettivo dell’attività proposta?
La relazione uomo – ambiente naturale, con il suo altissimo potenziale educativo, è un tema ricorrente nelle attività estive che a rotazione vengono proposte all’interno degli spazi di comunità di L’isola che c’è. L’ambiente naturale in estate ci permette di organizzare molte esperienze all’aperto, l’Elba da questo punto di vista è una miniera di spunti didattici.
Con questo post cerchiamo di andare un po’ oltre la dimensione narrativa delle esperienze che sviluppiamo all’interno dei campi solari e riportiamo il resoconto, a nostro avviso interessante, di come sono andate le cose durante un pomeriggio di riciclo creativo a Rio da Legambiente Arcipelago Toscano, partner del progetto L’isola che c’è.
Ecco le riflessioni di Federica Andreucci, animatrice di L’isola che c’è, responsabile dei progetti di educazione ambientale di Legambiente Arcipelago Toscano.
Rio Marina, 31 Luglio 2020: Laboratorio di riuso creativo di oggetti naturali
“Durante la gita al mare, per far passare il tempo in attesa di potersi tuffare nuovamente in acqua dopo il pranzo, abbiamo provato a costruire una città con materiali naturali recuperati in spiaggia.
Piccoli legnetti dritti hanno delimitato, a destra e a sinistra, una strada, che, man mano che il lavoro è andato avanti, è diventata praticamente un boulevard comprensivo di divisorio centrale delle due carreggiate; lungo la strada è stata costruita una rotonda con monumento mastodontico e, di seguito, una biforcazione in due strade più piccole.
In fondo al viale è stato collocato un giardino imperiale, a cui si accedeva attraverso un arco quadrato, molto essenziale, ma quasi simbolico :-). L’arco quadrato è stato soprattutto fondamentale perché ci ha introdotto all’arte di posizionare legnetti piatti (pezzi di cannuccia di palude e bastoncini di gelato) in orizzontale su altri bastoncini dritti e robusti infilati in verticale nella sabbia. Questa tecnica è stata poi riutilizzata in tante altre parti della “città”.
Il giardino era composto da due ambienti principali: un elegante lastricato di sassi piatti con al centro un elemento architettonico non ben definito, ma con una bella conchiglia ornamentale, e un boschetto di ciuffi di posidonia, posizionati geometricamente.
Lateralmente al boulevard, infine, è stato costruito un Jurassic Park, molto grande e scenico.
Valore educativo dell’attività:
Il riciclo creativo è sempre un’attività dal valore educativo molto alto, perché consente di esercitare sia le abilità manuali che la creatività. E’ indubbiamente molto utile per stimolare l’immaginazione perché obbliga a dare significati nuovi agli oggetti che si hanno di fronte, interpretandone quindi differentemente dal consueto la loro funzionalità.
Il lavoro proposto di costruzione di una città immaginaria è inoltre utile da un ulteriore punto di vista: aiuta infatti i ragazzi a esprimere se stessi, da una parte raccontando gli elementi urbani che sono loro propri, familiari, “normali”, e dall’altra inventando la città che vorrebbero, inserendo quegli aspetti considerati piacevoli o belli o desiderabili.
Costruire una città vuol dire anche immedesimarsi nei suoi piccoli abitanti: la dimensione prospettica e l’immedesimazione sono state più volte affrontate durante le scorse settimane di attività, grazie al supporto del romanzo “I viaggi di Gulliver”, adottato come sfondo integratore dei campi solari dell’Isola che c’è. I bambini, infatti, si sono più volte cimentati con questi argomenti, leggendo le avventure di Gulliver al cospetto dei minuscoli lillipuziani o dei giganteschi abitanti di Brobdingnag; si sono allenati a comprendere emozioni e punti di vista dell’una e dell’altra parte, del “piccolo” e del “grande” e della relazione tra loro. Anche in questo caso è stato chiesto ai bambini di immedesimarsi in abitanti minuscoli e studiare per loro degli ambienti percorribili, calpestabili e funzionali, ma anche – ci ripetiamo – desiderabili, questa volta non solo per il bambino costruttore ma per il minuscolo omino immaginario.
Infine, cosa importante e per niente scontata, costruire insieme ha fatto sì che i ragazzi si allenassero ad una sana collaborazione; bisogna dire che in questo tipo di attività può accadere che ciascuno elabori il proprio pezzo senza interagire con gli altri oppure invece che si creino piccoli/grandi gruppi di co-costruzione; in ogni caso spesso si condivide almeno il progetto globale (costruiamo una città). Ci sono però altre situazioni in cui il progetto globale viene diversamente interpretato oppure qualcuno non lo condivide neanche. In altre parole potrebbero prefigurarsi tre livelli di collaborazione:
- elevata: condivisione del progetto globale + forte interazione nell’esecuzione dei singoli compiti, almeno a gruppi;
- media: condivisione del progetto globale ma ciascuno fa il proprio pezzo senza condividerlo con l’altro;
- bassa: condivisione labile del progetto globale; per esempio si costruisce effettivamente una città ma in alcune aree il progetto originario si perde seguendo di più le volontà e le sensibilità dei singoli, che per esempio introducono elementi urbani totalmente sproporzionati nelle dimensioni o non coerenti, oppure cose completamente fuori contesto, come elementi geometrici non significanti elementi urbani. Naturalmente in questo caso ci può essere una collaborazione forte nel sottogruppo che si sta occupando della cosa scoordinata dal resto, ma comunque si dimostra di aver perso il legame con il progetto.
progetto globale condiviso | progetto globale non condiviso | |
collaborazione con gli altri | condivisione elevata (1) | condivisione bassa (3) |
solitudine (o semi-solitudine) nell’elaborazione del proprio pezzo | condivisione media (2) | condivisione bassa (o assente) (3)
|
L’attività di riciclo creativo svolta dai bambini del campo solare di Rio può dirsi a metà tra l’elevata e la media collaborazione: c’erano infatti diversi bambini che si occupavano di una specifica area in maniera autonoma, ma si sono anche formati dei piccoli gruppi collaborativi, composti da due o tre bambini impegnati in uno stessa parte. Il progetto complessivo è stato, in ogni caso, accettato da tutti. Inoltre, non trascurabile è stato il contributo di alcuni bambini che si sono autodesignati i procacciatori di oggetti di natura, che andavano per la spiaggia a cercare legnetti, conchiglie, bastoncini di gelato, sassolini di dimensioni e forme specifiche, eccetera, svolgendo un lavoro preziosissimo per tutta la squadra.
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