Metti il Coronavirus nel sacco
di Aribandus Cooperativa Sociale
Lettera aperta ai genitori ai tempi del coronavirus
Care mamme, cari papà,
quando ho iniziato a pensare a cosa avrei potuto scrivervi come educatrice del servizio di Home Visiting del Progetto Insieme A Te, ma anche come psicoterapeuta, insomma come professionista allenata da anni a stare accanto alle persone per aiutarle, sostenerle, incoraggiarle, condividere riflessioni, suggerimenti e buone prassi… mi è successa una cosa strana.
Mi sono sentita “banale”, poco utile, consapevole di quanto già sia stato scritto, condiviso, elencato, spiegato:
- Consigli e raccomandazioni sui comportamenti da mettere in pratica per proteggere se stessi e i propri cari.
- Idee e suggerimenti su come utilizzare il tempo da trascorrere in casa e renderlo piacevole e utile
- Riflessioni sull’impatto che questa situazione ha a livello individuale, relazionale, sociale e man mano più ampio, globale e “cosmico” da un certo punto di vista
- spiegazioni su quello che stiamo vivendo a livello psicologico, sociale, emotivo, su come affrontare le difficoltà e come gestire la situazione come persona, come partner, come genitore…
Fonti ufficiali, professionisti autorevoli, gruppi di genitori, enti e strutture, tutti hanno dato e continuano a dare il loro prezioso contributo; sembra esserci già tutto.
Cos’altro potrei aggiungere io?
Allora ho iniziato a riflettere su qual era lo scopo con cui avevo iniziato a scrivere e ho scoperto che anch’io, come credo tutti, volevo in qualche modo contribuire con il mio metaforico arcobaleno fatto di parole, concetti e rassicurazioni, e la scritta finale #andràtuttobene.
E ci credo, sono convinta sia utile e importante in questo momento infondere speranza e realistico ottimismo a tutti, fornire strumenti per superare questo momento di emergenza in particolare a voi che siete entrati nella famiglia di Insieme A Te, che fate con noi il Girotondo, riempite lo Spazio Bebè e ci accogliete nella vostre case con l’Home Visiting.
Penso appunto a tutti voi, che ci avete incontrato proprio perché cercavate qualcuno che fosse insieme a voi, accanto a voi, in un momento delicato, gioioso e al contempo timoroso.
Voi che cercavate delle persone e un luogo che vi permettesse di non restare sempre a casa, di non essere isolati e di trovare vicinanza emotiva ma anche fisica e ora invece vi immagino nelle vostre case, insieme sul divano o seduti al tavolo, dopo la cena, magari il primo momento della giornata in cui potete stare insieme perché tornati da lavoro, da quel mondo fuori la porta di casa che improvvisamente è iniziato a sembrarci pian piano più brutto, più pericoloso.
E io, come professionista, cosa posso fare?
Non posso venire nelle vostre case, posso scrivervi, telefonarvi, ascoltarvi, certo, ma mi sembra in parte di essere venuta meno al mio dovere.
Questo è quello che pensavo e che provavo e dopo averlo scritto, fermandomi qui avrei potuto cancellare tutto e basta.
Poi però all’improvviso questo: è vero, sono un’educatrice, una psicoterapeuta ma sono anche una donna, una persona.
Provo emozioni simili a quelle che provate voi in questo momento. Pensieri simili attraversano la mia mente, è come se ci fosse un’ insegna luminosa nel mio cervello che dice “coronavirus”.
Questa parola racchiude tutto: idee, fantasie, paure e incertezze .
Devo trovare anch’io un modo per gestire le mie emozioni e i miei pensieri in modo da poter continuare a prendermi cura delle persone che contano su di me e di cui mi sento responsabile.
Sono come voi, che siete genitori e partners, donne, uomini.
Ognuno con le proprie emozioni e pensieri o difficoltà da risolvere per poter continuare a prendervi cura in modo efficace dei vostri figli.
Vi capisco, posso capire che a volte la sicurezza e la positività vacilli, che a volte il buon senso e la razionalità lascino il posto ai dubbi e alla paura.
Posso capire che pur sapendo cosa è importante fare, quali routine seguire, quali comportamenti evitare a volte prevale la stanchezza e il desiderio di non avere almeno parte delle responsabilità e del peso (si, del peso, posso scriverlo, posso pensarlo) che il nostro ruolo richiede.
Vi capisco, perché penso e provo queste cose anche io.
Le penso, le provo e le scrivo qui.
E scrivendole sento che questi pensieri e queste emozioni diminuiscono, mi abbandonano, come se scrivere svuotasse me e riempisse il foglio.
Come se il foglio fosse un sacco, che posso riempire con tutto ciò ho dentro, che è normale che io provi e che posso esprimere!
Anzi, che è giusto ed è bene che esprima, perché in questo modo posso liberarmene.
Così posso tornare a concentrare le mie energie, il mio tempo e il mio spazio, fisico e mentale, al mio lavoro.
Messo il mio “coronavirus” nel mio sacco, posso tornare a dire#andràtuttobene , posso continuare a svolgere il mio compito e prendermi cura degli altri e di voi.
Posso ricordarvi che il Progetto Insieme A Te va avanti, che tutti i professionisti come me stanno trovando il modo di continuare ad esserci e a darvi sostegno e ascolto.
Posso scrivervi, chiamarvi, restare in contatto per non lasciarvi soli in questo momento difficile.
Ecco quindi cosa spero che possa essere questa lettera aperta a voi: la possibilità di avere uno spazio e un momento per voi.
Un sacco dove poter buttare quello che avete dentro e che occupa le vostre menti e il vostro cuore.
Un sacco che è un permesso: il permesso di prendervi quando ne avete bisogno.
Prendete un momento per voi, per ascoltarvi ed esprimere ciò che pensate.
Provate e poi poter tornare ai vostri compiti e a prendervi cura dei vostri figli sorridendo e pensando #andràtuttobene.
Vuoi parlare con noi e raccontarci
la tua esperienza di questi giorni?
Approfitta del nostro “sacco”,
scrivi tua testimonianza e inviala qui.
[Mirka, Educatrice Équipe educatori Home Visiting]
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