USCIRE DALLA PROPRIA STANZA

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Lo hanno detto in tanti e credo che sia vero: la pandemia ha messo in evidenza problemi che c’erano già prima e in alcuni casi li ha fatti esplodere. È successo anche nella scuola rispetto al tema del disagio scolastico, dei ragazzi e delle ragazze che per ragioni diverse fanno fatica a stare nella loro classe e si “sganciano” quando possono fisicamente oppure almeno mentalmente, pur rimanendo composti nel loro banco a scuola.

Quella che prima del Covid era ordinaria e, per alcuni osservatori, fisiologica dispersione scolastica è diventata oggi un campanello d’allarme per il senso stesso della scuola. Specialmente nel suo anello più debole, la secondaria di primo grado, la scuola media.

Ce lo hanno mostrato i vari progetti che stiamo conducendo in Italia, tutti diversi come sono diverse le situazioni delle famiglie, degli Istituti scolastici e degli adolescenti. In questi mesi si è sviluppata fortemente la fantasia di molti degli adulti interessati agli studenti, docenti ed educatori, per non perdere il contatto, per cercare di dare una continuità di apprendimento con i ragazzi. Dai corsi di taglio laser on line alle gare di cucina ognuno a casa propria, dall’allestimento di video o di brani musicali ai corsi di ginnastica a distanza, fino ai sempre necessari accompagnamenti individuali a tutte le ore del giorno e della notte. Ma per chi voleva trovare una scusa in più per nascondersi il lockdown ha offerto una vasta gamma di possibilità: assenza, irreperibilità, presenza-non-presenza, presenza senza voce, senza faccia, senza…

La cosa che mi è apparsa molto evidente è il fatto che non basta offrire una bella proposta. Questa ci deve essere, chiaramente, e deve essere avvincente e competente, ma non basta. Non basta confezionare una lezione o una attività per quanto fighissima. Le ragazze e i ragazzi che vivono per tante e diverse ragioni un loro disagio personale bisogna andarli a cercare, altrimenti è facile che si perdono. Lo sapevamo anche prima ma adesso dopo il Covid non abbiamo più alibi. Mi pare che sia evidente per tutti. Andarli a cercare significa per gli adulti che non fanno solo teoria uscire dalla propria stanza, bussare alla porta di casa, quando si può fisica ma anche digitale, entrare con delicatezza e rispetto, saper ascoltare prima di prendere la parola. Significa instaurare una relazione vera, lasciare da parte le certezze di uno schema e di un metodo disciplinare appreso e sperimentato anche dopo anni di onesto lavoro. Così abbiamo cercato di fare noi e ci stiamo provando ancora a volte ottenendo risultati a volte no.

Credo che questo tempo di Covid abbia messo in evidenza alcune prospettive che possono valere per la scuola di domani:

– Prima: la scuola di domani deve partire dalla qualità delle relazioni tra adulti e ragazzi. Dentro a queste, e solo dentro a queste, si inseriscono i contenuti degli apprendimenti. Leggi qui la necessità di nuovi modi per la formazione degli insegnanti: la scuola non è un programma ma un sentiero da camminare insieme
– Seconda: la formazione delle ragazze e dei ragazzi non riguarda solo la scuola ma tutto il contesto. Leggi qui il quartiere, il mare e le montagne, la scuola non è solo l’edificio scolastico.
– Terzo: la scuola, così come il mondo, non può lasciare indietro nessuno.

Leggi qui: andiamoli a cercare in tutti i modi possibili. Il contatto personale e la fiducia sono indispensabili.

Franco Taverna, Responsabile Nazionale Progetti Povertà Educativa

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