Lavorare con gli adolescenti partendo dalla scuola

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Chi lavora con gli adolescenti lo sa bene: per riuscire a stabilire una relazione con loro occorre prima di tutto saperli vedere e saperli ascoltare. Essere visti da qualcuno ci fa sentire più importanti, determinanti, capaci di un cambiamento. Essere ascoltati porta a sentirsi compresi, a conoscere meglio se stessi mentre ci si racconta a qualcun altro e con il tempo può far emergere risorse che nemmeno si pensava di avere.

È questo il pensiero alla base delle azioni del Progetto Crescere Insieme in Valle rivolte alla fascia 14-17 anni, raccolte sotto il nome SEE YOU, che vuole significare “ti vedo, mi accorgo che ci sei e sono qui per ascoltarti”. È la prima fase di un processo più lungo, che punta ad aiutare gradualmente gli adolescenti intercettati a percepirsi protagonisti dei territori che abitano e supportarli in azioni di cittadinanza attiva, ma è anche la fase più cruciale, perché occorre trovare i luoghi, i tempi e i modi giusti per ascoltare gli adolescenti.

Quando il progetto è partito, uno dei luoghi in cui si è scelto da subito di mettersi in ascolto sono state le scuole. In Val Brembana le scuole secondarie di secondo grado sono tre e una di queste è l’Istituto D.M. Turoldo di Zogno (BG). È da qui che, già nei primi mesi del 2020, gli educatori della cooperativa Aeper hanno cominciato a incontrare alcuni adolescenti, da soli o in piccoli gruppi, durante gli intervalli e le ore buche per farsi raccontare i luoghi che vivono e provare insieme a loro a immaginare come renderli migliori. Purtroppo questa impresa, che già cominciava a far emergere questioni molto interessanti, si è interrotta bruscamente con l’inizio della pandemia e non è potuta riprendere per circa un anno e mezzo.

Tuttavia a ottobre 2021, con l’inizio del nuovo anno scolastico, si è aperta una nuova possibilità: quella di incontrare, conoscere e ascoltare un gruppo di adolescenti che si ferma a scuola al termine delle lezioni per studiare e svolgere i compiti in gruppo, all’interno di un progetto dell’Istituto chiamato “Scuola Amica”.

 

Il progetto “Scuola Amica” offre agli studenti dell’Istituto Turoldo la possibilità di fermarsi nell’Aula magna superiore in orario pomeridiano per svolgere i compiti e studiare alla presenza di un professore. La proposta è aperta a tutte le classi, ma viene accolta principalmente da studenti del primo biennio dell’indirizzo meccatronico.

Nell’anno scolastico in corso, la collaborazione tra l’Istituto e il Progetto Crescere Insieme in Valle ha permesso agli educatori di incontrare questo gruppo di ragazzi (una quindicina circa, quasi tutti provenienti dalle classi prime) quattro pomeriggi a settimana, supportandoli nel loro studio quotidiano e al tempo stesso approfittando di quello spazio per costruire con loro delle relazioni di fiducia e ascolto.

Uno degli elementi più interessanti di questo lavoro è stata la forte collaborazione creatasi intorno a questa proposta tra gli educatori e i docenti responsabili del progetto, che a loro volta affiancano i ragazzi durante i pomeriggi di studio. Ed è proprio attraverso le parole dell’insegnante referente del progetto, la prof.ssa Maria Letizia Rigoldi, che si cercherà di raccontare ciò che succede all’interno di questo spazio.

 

Professoressa Rigoldi, qual è, dal suo punto di vista, il senso del progetto “Scuola Amica”?

Il senso del Progetto “Scuola Amica”, a mio parere, è quello di costruire uno spazio complementare all’interno del nostro Istituto che aiuti i ragazzi a capire che la scuola non è soltanto un luogo di apprendimento e di “obbligo”, ma uno spazio di crescita personale nel quale si può stare bene con se stessi e con gli altri.

Quali sono i bisogni e le richieste che i ragazzi portano all’interno di questo spazio?

I ragazzi che incontriamo sono principalmente alla ricerca di figure di riferimento, di adulti che li ascoltino, li rassicurino, in quanto hanno tutti una bassa autostima, e li aiutino a superare “l’ostacolo” rappresentato dallo studio e dai compiti.

Questo progetto era già attivo lo scorso anno all’interno dell’Istituto Turoldo ed è stato potenziato quest’anno grazie alla collaborazione con il progetto Crescere Insieme in Valle, che ha consentito la presenza di due figure educative in affiancamento ai docenti. Qual è il valore aggiunto dato dalla loro presenza?

Il Progetto Scuola Amica quest’anno non è stato strutturato solo come uno “spazio-compiti”, ma come un  luogo nel quale poter star bene e vivere la scuola in modo diverso. Non a caso, quando il progetto è stato sospeso  per una decina di giorni a causa della quarantena di alcune classi, sono stati proprio i ragazzi a richiedere la ripresa dell’attività appena sono rientrati a scuola.

La presenza degli educatori ha favorito la costruzione di una relazione educativa più profonda e sincera, che può continuare a rafforzarsi anche al di fuori degli spazi della scuola. Inoltre, la presenza di queste figure ha permesso a noi docenti di lavorare in sinergia e cercare di rispondere un po’ a tutte le esigenze scolastiche dei ragazzi: di aiutare chi deve studiare storia, chi deve schematizzare i contenuti di diritto, chi deve svolgere i nuovi esercizi di matematica, etc.

Prima di salutarci, due domande un po’ più ampie…

Crescere Insieme in Valle è un progetto di contrasto alla povertà educativa. Pensando agli adolescenti che incontra quotidianamente nel suo lavoro, quali sono oggi le povertà educative?

Povertà educative… bella domanda! Come insegnante, vedo sempre più crescere nei miei ragazzi l’incapacità, e talvolta la paura, di relazionarsi faccia a faccia con i propri coetanei, affrontando direttamente i problemi più semplici della quotidianità. Spesso non sanno godere dei momenti reali vissuti insieme: aspettano l’intervallo o il cambio dell’ora per vedere se hanno ricevuto un sms, senza rendersi conto che perdono l’opportunità di parlare e di conoscere meglio il vicino di banco…

Per concludere, qual è, secondo lei, il segreto della relazione con gli adolescenti di oggi?                                                                                                                              

Secondo me il segreto è l’autorevolezza, cioè far capire ai ragazzi che sei una persona che ci tiene a loro, che sei disposta al dialogo, che sei aperta all’ascolto e al confronto, ma che, come adulto, devi aiutarli a capire che ci sono delle regole spesso “antipatiche”, che vanno rispettate per entrare a far parte del mondo dei grandi.

 

A cura di Carlo Fusari, Cooperativa Sociale Aeper

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