Service Learning: ponte tra scuola e territorio

di

Ha origini lontane e potenzialità rivoluzionarie: è il Service Learning, un approccio pedagogico elaborato negli Stati Uniti e in America Latina e oggi diffuso in tutto il mondo per accompagnare gli studenti a saper-essere e saper-fare nella comunità in cui vivono. Si tratta di una proposta educativa che prova a creare un ponte tra l’aula e la strada, perché la vita stessa – con le sue relazioni, le sue sfide, i suoi problemi, i suoi fallimenti e le sue vittorie – offre del materiale su cui riflettere e sperimentarsi, per apprendere e crescere. Per questo è fortemente ancorato all’esperienza e mette in primo piano il protagonismo degli studenti, considerati nella loro integralità.

“Sul piano pedagogico siamo di fronte ad una proposta che si rivolge all’integralità della persona,
promuovendo lo sviluppo della mente (la testa ben fatta), della mano (la competenza nell’azione)
e del cuore (la disponibilità verso gli altri, la solidarietà).”
Italo Fiorin

In Italia il Service Learning è arrivato grazie al contributo di Italo Fiorin, direttore della Scuola di Alta Formazione ‘Educare all’Incontro e alla Solidarietà’ (EIS) dell’Università LUMSA di Roma, istituto completamente dedicato allo studio e allo sviluppo di questo approccio. Fiorin è autore di “Oltre l’aula”, uno dei principali testi scientifici sul Service Learning in lingua italiana e coordina il comitato scientifico nazionale del MIUR per le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione. Proprio in questa cornice istituzionale, lo scorso agosto, il MIUR ha riconosciuto il valore pedagogico del Service Learning approvando il documento “Una via italiana per il Service Learning”, frutto di una sperimentazione che ha avuto come protagoniste alcune scuole in Lombardia, Toscana e Calabria. Qui, sotto la guida di esperti universitari e di referenti dell’Amministrazione centrale e territoriale, insegnanti e studenti hanno provato ad immaginare un nuovo modello di fare scuola.

Tra gli esperti che hanno guidato la sperimentazione c’è Simone Consegnati, collega di Italo Fiorin alla LUMSA, che insieme allo stesso Fiorin è stato invitato a incontrare gli insegnanti e gli educatori coinvolti nel progetto Comunit-Azione per presentare loro l’approccio del Service Learning. Gli abbiamo fatto qualche domanda.

D: Simone, di fronte a una società in perenne trasformazione, qual è la proposta del Service Learning nella scuola? Quanto può essere utile per ridurre dispersione scolastica e povertà educativa?

Oggi i docenti si rendono conto che la scuola è complessa: i ragazzi hanno molteplici sfumature e caratteristiche, che sfuggono alle etichette e alle categorie. In questo contesto di cambiamento, chi per paura, chi per convenzione, si promuove ancora la didattica tradizionale, che si sta però dimostrando poco efficace.

Il Service Learning non è un metodo, non prevede dettami rigidi né ricette o soluzioni; non è neanche un nuovo metodo di insegnamento né un’attività di volontariato. È piuttosto un approccio metodologico che mette al centro gli studenti, tutti, non solo quelli considerati più difficili, e che ha l’obiettivo di cambiare in meglio il modo di fare scuola. Si invitano i ragazzi a riflettere in classe e poi a usare conoscenze e abilità in strada, interagendo con l’esterno. E così ci sono studenti che si ritrovano a insegnare informatica agli anziani del quartiere, c’è chi organizza laboratori fotografici con i migranti o chi fa rivivere luoghi abbandonati della città.

Parliamo di una “didattica per problemi” che parte dal chiedersi “quale problema dobbiamo risolvere? come possiamo migliorare la nostra realtà?”. Adottando questo punto di vista, si punta a dare un nuovo senso alle parti del programma scolastico, contestualizzandole nel mondo reale in cui vive lo studente.

Il risultato? Chi è abituato a vedere la scuola faticosa e lontana – cosa che capita specialmente negli istituti professionali o tecnici, dove il tasso di abbandono scolastico è più alto – se portato fuori dall’aula, in un ambiente che percepisce più simile a sé, spesso ritrova la motivazione, si riattiva e riesce a dare il meglio di sé.

D. Cosa succede nelle classi in cui si adotta il Service Learning? Come cambiano i ruoli, le relazioni, il modo di imparare?

Nella scuola tradizionale lo studente è spettatore e l’insegnante è protagonista. Con l’approccio del Service Learning le prospettive cambiano: lo studente diventa il protagonista e l’insegnante il regista. Il primo è stimolato ad analizzare i problemi, ricercarne le soluzioni e metterle a servizio di un problema reale; il secondo assume il ruolo di guida, sostenendo e accompagnando i giovani nel percorso a ostacoli della formazione e della crescita. In questo contesto viene sdoganato anche l’errore, non più fonte di vergogna, ma opportunità di apprendimento.

Il Service Learning trasforma la scuola da “fortino” a “sorgente”, passando da un modello autoreferenziale a una modalità generativa, che crea connessioni, aperta e dialogante. Una sfida che richiede a dirigenti e insegnanti voglia di cambiare e di mettersi in gioco.

D: Si può adottare in tutte le materie oppure solo in alcuni insegnamenti (ad esempio nell’ora di educazione civica)?

Il Service Learning non conosce limiti: si può adottare dalla scuola dell’infanzia all’università, basta che ci sia un curriculum (i problemi proposti devono infatti essere alla portata dei giovani!), un contesto da migliorare e si metta al centro lo studente. In questo senso, ogni materia è funzionale a un servizio che posso offrire alla comunità.

D: Ci fai degli esempi?

Vorrei dire innanzitutto che sono tante le scuole che stanno mettendo in pratica il Service Learning: non solo scuole pubbliche ma anche paritarie e cattoliche, che condividono la stessa necessità di aprirsi al mondo, di andare “oltre l’aula”.

Vi porto due esempi. Il primo è l’Operazione Teatro Rinuccini, un progetto che ha visto protagonisti gli studenti del Liceo Machiavelli di Firenze. Il Teatro Rinuccini, situato all’interno della scuola, era un teatro abbandonato: gli studenti si sono impegnati a riaprirne il sipario, per permettere alla comunità scolastica e al resto della cittadinanza di tornare ad abitarlo.

https://www.youtube.com/watch?v=CPPLr_lkqr0

Il secondo esempio che vi cito è quello della rete “Oltre l’aula – Service Learning nel Lazio” di cui fanno parte 22 scuole, che si è data l’obiettivo di promuovere il Service Learning. Sul sito della rete si possono leggere le tante esperienze già realizzate, dalla scuola dell’infanzia a quella secondaria.

Crediti foto: Keith Haring, CC BY-SA 3.0

Regioni

Argomenti

Ti potrebbe interessare

I nostri ragazzi pensano in grande

di

di Daniele Angius, educatore nelle scuole di La Loggia Primo incontro in classe. Iniziamo leggendo l’articolo 12 della Convenzione ONU sui diritti...

Il nostro contributo al Patto Globale sull’Educazione voluto da Papa Francesco

di

Siamo felici di pubblicare l’abstract del discorso di Piera Gioda di CISV Solidarietà S.C.S., cooperativa capofila di Comunit-Azione, intervenuta il 31 gennaio...

Il Service Learning a Torino cresce

di

Si prospetta un anno ricco di meraviglie per Comunit-Azione! Inaugurata a settembre la seconda annualità dei lavori (seguite la nostra pagina Facebook...