Le storie di Comunità in Crescita: la forza della famiglia

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comunità in crescita

Ci sono delle realtà, delle storie, di cui sappiamo l’esistenza ma che non conosciamo davvero. Storie che si ascoltano distrattamente alla tv, che vengono riprese di sfuggita sui social e che, nonostante siano proprio qui in mezzo a noi, continuano a sembrare qualcosa di lontano.

Eppure, quella difficile situazione socio-politica che si sta consumando in Afghanistan non è poi così lontana da noi. E non così lontane sono le conseguenze che migliaia di persone stanno affrontando per cercare di riappropriarsi di una vita normale.

Non sono lontani quei bambini che proprio in questo momento stanno ricostruendo la loro infanzia nel nostro Paese, alla ricerca di un sorriso e una spensieratezza altrimenti negata.

Comunità in Crescita, tra i suoi obiettivi, ha proprio quello di supportare questi bambini e le loro famiglie nel percorso di inclusione in Italia, guidandoli verso una vita di nuovo normale.

Leggi il nostro articolo dedicato al progetto per saperne di più

Storia di Alan e della sua famiglia

Alcune storie sembrano sceneggiature di un film. Ci parlano di realtà distrutte, vite stravolte, coraggio e immensa speranza. Sono le storie di coloro che arrivano per scappare da una vita al limite, dove la morte e la paura diventano loro malgrado compagne di viaggio.

Il 15 agosto del 2021, tra lo stupore generale del mondo, i Talebani riprendono possesso dell’Afghanistan entrando a Kabul, la capitale, e migliaia di famiglie vedono crollare quanto costruito negli ultimi vent’anni. I membri più adulti non hanno più la possibilità di continuare a lavorare e se sfamare la famiglia diventa un’impresa, alle donne è proibito uscire di casa, figuriamoci lavorare o studiare.

È questo il caso della famiglia di Alan, etnia Hazara, composta da cinque membri: Abdel, ex funzionario della Commissione Elettorale dell’Afghanistan, la moglie Manan, e i loro tre figli, Kalina 8 anni, József 3 anni e mezzo e Zain 2 anni.

La loro storia è aggravata da una situazione familiare difficile: il piccolo József è affetto da un grave ritardo nello sviluppo psico/fisico. A. non può più lavorare, la madre è costretta in casa e spesso devono nascondersi per sfuggire alla violenza dei talebani, mentre le terapie necessarie per il piccolo József si interrompono.

Alan e la sua famiglia vengono aiutati da un ricercatore italiano, studioso della questione Hazara, che lavora per trovare un supporto in grado di fornire una assistenza al bambino e un’adeguata accoglienza nel territorio marchigiano per tutta la famiglia. 

L’arrivo in Italia

A giugno 2022 la famiglia finalmente si trasferisce stabilmente nelle Marche dove a József viene diagnosticata una gravissima patologia metabolica che ne compromette lo sviluppo e ne limita le capacità motorie. Ha bisogno di assistenza per qualsiasi cosa e bisogno di terapie specifiche. 

Grazie all’amore e all’impegno dei genitori, e all’assistenza e alla solidarietà della comunità che li accoglie, il piccolo è assistito dalla neuropsichiatria dell’ospedale pediatrico specializzato “Salesi” di Ancona, e giornalmente presso la sede dell’Associazione “Michelepertutti”, svolge sedute di logopedia, fisioterapia, stimolazione sensoriale, fisioterapia e musicoterapia. 

Considerando la complessità della situazione, la famiglia viene affiancata da un operatore che li accompagna sia nelle attività quotidiane, che nell’assistenza del minore e nell’attività di integrazione del nucleo come mediatore. L’affiancamento di questa figura professionale facilità l’attività educativa, il sostegno all’inserimento socio/scolastico ed all’accompagnamento ai servizi sanitari. 

Tutta la famiglia è consapevole della gravissima situazione del minore e ciò gli fa apprezzare maggiormente l’impegno di tutti gli operatori di Ama Aquilone: Cooperativa sociale onlus, l’ente che attraverso il progetto Comunità in Crescita, ha restituito speranza e dignità al piccolo e a tutta la famiglia.

Storia dei fratelli Sadat 

Yasin 13 anni, Quynh 12 anni, Ali 10 anni e Brayen 8 anni.

Quattro fratelli, una sola destinazione, gli occhi pieni di curiosità, e sorrisi che prepotenti pervadono la stanza in cui li abbiamo accolti e che contagia ogni persona incroci i loro sguardi.

Chissà quegli occhi quanti orizzonti hanno visto tramontare sotto il cielo di Kabul, la città che hanno chiamato casa fino al loro arrivo in Italia, dove hanno ritrovato il papà salutato qualche anno prima. Quel papà che con pazienza e dedizione ha costruito un posto sicuro per la sua famiglia, adesso finalmente riunita. Yasin, Quynh, Ali e Brayen sono arrivati insieme alla madre grazie al ricongiungimento familiare richiesto dal padre che, in seguito alle tensioni in Afghanistan, ha ritenuto non fosse più un luogo in grado di garantire un futuro ai suoi cari.

Finalmente la scuola

Al loro arrivo i quattro fratelli si mostrano impazienti di iniziare la scuola, di farsi nuovi amici e, come ogni altro bambino della loro età che affronta un grande cambiamento, non conoscono paura di ciò che sarà. La scuola è un grande punto interrogativo per i quattro fratelli che si dividono tra chi ha frequentato solo per brevi periodi tra un bombardamento e l’altro, e chi invece non ne ha mai nemmeno varcato la soglia. Della scuola hanno poca esperienza e ricordi spiacevoli: ci raccontano infatti di come fosse continuamente distrutta dagli scontri a fuoco.

L’arrivo in Italia rappresenta un nuovo inizio, un nuovo capitolo della loro vita dove hanno la fortuna di tenersi per mano e crescere insieme. La curiosità dei quattro fratelli viene nutrita di nuove nozioni, di nuove storie che apprendono grazie alle gite scolastiche sul territorio, di nuove facce amiche che imparano a conoscere giorno dopo giorno.

Grazie al corso di italiano che li supporta nell’apprendimento della lingua, la realtà che li circonda assume nuovi contorni e gli apre le porte della comunicazione, e della ricerca delle loro personali inclinazioni che fino ad oggi non avevano avuto modo di esplorare.

L’incontro con il progetto Comunità in Crescita, operato per i fratelli Sadat dagli operatori della cooperativa sociale Mondo Aperto, ha permesso di fornire un supporto educativo e materiale importante per questi bambini, volenterosi di esplorare la nuova realtà che si trovano improvvisamente a vivere.

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