“Partire svantaggiati”: una lettura del Report Unicef Innocenti
di Cooperativa Sociale Dedalus
Lo scorso 30 ottobre è stato presentato a Firenze l’ultimo rapporto di Unicef Innocenti “Partire svantaggiati La disuguaglianza educativa tra i bambini dei paesi ricchi” che dimostra che vivere in un paese ricco non garantisce un accesso equo ad un’istruzione di qualità.
Il divario nel rendimento scolastico dei ragazzi – secondo i dati elaborati dai ricercatori – è prodotto da fattori che non dipendono direttamente dai ragazzi: la provenienza geografica, l’occupazione dei genitori, il genere sono condizioni che possono diventare fattori discriminanti e penalizzarli al loro ingresso nel sistema scolastico. La mancanza di possibilità per questi ragazzi di esprimere il proprio potenziale e il proprio talento, la loro presenza, crea una disuguaglianza negli anni dell’apprendimento che avrà conseguenze anche nella vita adulta e che purtroppo non viene ridotto dalle politiche e dalle pratiche educative.
Alcuni dati
In quarta elementare, all’età di circa 10 anni, si registrano forti divari fra le capacità di lettura dei bambini. In quasi tutti i paesi, oltre il 10% dei bambini non raggiunge un livello intermedio per quanto riguarda le competenze di lettura previste per tale età.
Anche a 15 anni emergono notevoli disparità nei punteggi relativi alla lettura: Lettonia, Irlanda e Spagna occupano i primi tre posti della classifica, rivelandosi i paesi più equi, mentre Malta (38° posizione), Bulgaria (37a) e Israele (36a) si distinguono per i livelli di disuguaglianza più alti. Un’elevata ricchezza nazionale, inoltre, non è sinonimo di elevata uguaglianza. Alcuni dei paesi più poveri inclusi in questo rapporto, come Lettonia e Lituania, presentano infatti tassi di iscrizione prescolare più alti e minori disuguaglianze nella capacità di lettura nella scuola sia primaria che secondaria rispetto a quelli con risorse decisamente superiori.
Molte disuguaglianze nel progresso educativo dei bambini sono legate al contesto familiare. Tali disparità sono già presenti quando i bambini entrano nella scuola dell’infanzia. In 16 dei 29 paesi europei per i quali sono disponibili dati, i bambini appartenenti al quinto più povero dei nuclei familiari hanno un tasso di frequenza prescolastica più basso rispetto ai bambini del quinto più ricco. Questo divario persiste per tutto il percorso educativo del bambino. Le differenze nell’occupazione dei genitori spiegano fino a un terzo della variazione nei punteggi relativi alla lettura dei bambini di 10 (quarta elementare) e 15 anni.
In 21 dei 25 paesi con livelli significativi di immigrazione, i quindicenni immigrati di prima generazione tendono ad avere risultati inferiori a scuola rispetto ai non immigrati. In 15 paesi, questa tendenza si conferma anche tra i ragazzi immigrati di seconda generazione.In quarta elementare, si riscontrano già notevoli differenze di genere in termini di capacità di lettura a favore delle femmine. I divari relativi ai risultati in lettura tendono ad aumentare via via che i bambini crescono: a 15 anni, la superiorità del rendimento delle ragazze rispetto ai compagni varia dal 2% in Irlanda al 12% in Bulgaria. Le ragazze hanno inoltre molte più probabilità dei ragazzi di proseguire gli studi dopo la scuola secondaria.
Le proposte
Sebbene i sistemi scolastici varino da paese a paese e non sia opportuno immaginare delle soluzioni identiche da calare nei contesti, spesso molto diversi, il Rapporto contiene alcune proposte che possono concorrere alla lotta alla disuguaglianza: 1) garantire istruzione e cura di alta qualità nella prima infanzia a tutti i bambini; 2) assicurare che tutti i bambini raggiungano un livello minimo di competenze di base adeguato; 3) ridurre l’impatto delle disuguaglianze socioeconomiche; 4) colmare i divari di genere nel raggiungimento degli obiettivi; 5) produrre dati migliori; 6) attenzione all’uguaglianza, non alle semplici medie.
Bella Presenza
Bella Presenza si propone di restituire protagonismo ai ragazzi e alle loro famiglie, anche nei contesti più svantaggiati e a rischio abbandono scolastico, attraverso un rafforzamento della comunità educante, che si estende anche fuori dalle aule e dai corridoi delle scuole, centro dell’agire educativo attorno al quale costruire relazioni, metodi e pratiche innovative. Oltre 18.000 mila i ragazzi che verranno coinvolti nelle attività previste nei quattro anni in Piemonte, Toscana e Campania.
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