Affido Culturale: la parola ai docenti – seconda parte

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Affido Culturale, progetto nazionale selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa, prosegue la chiacchierata a più voci con Stefania N., docente di sostegno in una scuola primaria di Napoli, Diego R., insegnante di sostegno in un istituto professionale napoletano (indirizzo moda) dove segue due studentesse in due classi diverse, Anna Franca B., docente di Progettazione e laboratorio di Design in un Liceo artistico in provincia di Napoli, e Marina N., insegnante di sostegno in un Liceo classico e scientifico di Napoli, intorno all’esperienza di essere insegnanti al tempo del Covid-19.

Nell’articolo di ieri abbiamo trattato la tematica dell’insegnamento come professione, oggi invece affrontiamo il tema:

 

a scuola di…emozioni

 

Altro argomento di discussione e confronto con i docenti è stata proprio l’emotività dei ragazzi, come sono cambiate le loro emozioni e soprattutto il loro modo di esprimerle con i coetanei e con gli adulti.

 

I bambini della scuola primaria direi che sono stati ‘imbavagliati’ nell’espressione dell’emotività e della comunicatività tra di loro, prima dalle mascherine in presenza e poi dalle rigide regole di comunicazione della DAD che non prevede momenti di scambio verbale o ludico tra coetanei” – racconta Stefania N. – “L’impatto è stato forte perché con le regole imposte dall’emergenza sono stati ristretti e riscritti gli spazi della socialità, inoltre con l’uso della mascherina e delle norme igieniche viene azzerato il volto, alterata la spontaneità e limitato il contatto, che per alcuni bambini, soprattutto i disabili, è un canale primario di espressione, lettura e comprensione del mondo

 

Anche i miei allievi che hanno un’età compresa fra i 16 e i 19 anni – aggiunge Anna Franca B. – “hanno restituito soprattutto considerazioni negative, sotto il punto di vista di relazioni interpersonali in particolare della mancanza di effusioni di affetto”.

In linea di massima sia i bambini più piccoli (scuola primaria) che gli adolescenti hanno difficoltà a separare le relazioni virtuali da quelle in presenza, hanno un approccio molto più fluido ma anche più inconsapevole. “Tutto è appiattito in una dimensione molto fluttuante, molto confusa – prosegue Diego R. – L’analfabetismo emotivo è palese e credo sia direttamente proporzionale alla marea montante del mondo digitale. Come su Instagram o Tik Tok, le emozioni, le sensazioni e così anche le relazioni scivolano e si affastellano l’una dietro l’altra senza che i ragazzi abbiano il tempo di soffermarvisi, di comprenderle e analizzarle e quindi senza avere il tempo di conoscersi. E purtroppo è impossibile prevedere gli effetti che si ripercuoteranno sul lungo periodo”.

 

Gli fa eco Marina N. che aggiunge “la difficoltà maggiore sta nello staccare i ragazzi dallo schermo. Personalmente sto utilizzando molto la formula meditativa per l’insegnamento della filosofia, il role playing e l’interviste per la storia. Sembrano soluzioni naif ma gli studenti passano la vita attaccati al pc e al cellulare poichè non escono e anche la loro sfera sociale passa attraverso l’utilizzo di dispositivi elettronici che gli toglie il sonno e la concentrazione oppure li fa andare in iperfunzionamento. Non appena si solleva il vestito di una paziente accettazione si aprono spazi di immensa e profonda solitudine e inquietudine e così, ogni giorno, faccio la cosa più banale del mondo: gli chiedo come stanno”.

 

La fede, ma anche la meditazione zen e i rudimenti dello yoga si stanno dimostrando strumenti molto efficaci non solo per i bambini ed i ragazzi ma anche per gli adulti, i genitori in particolare che, soprattutto con la DAD, hanno lavorato letteralmente fianco a fianco dei ragazzi condividendo i tempi e le parole e gli spazi della didattica.

Resta, ad ogni modo, in particolare da parte di Diego R. una riflessione riassuntiva ovvero che “purtroppo in linea di massima anche gli adulti non hanno gli strumenti per comprendere cosa sta avvenendo, né per gestire questo cambiamento. Non si tratta tanto di un divario tecnologico, quanto di adeguati strumenti cognitivi, di cui sono privi tanto i ragazzi (perché non ancora formati) quanto gli adulti (perché impreparati). Spesso i ragazzi si dimostrano molto più consapevoli e maturi nell’utilizzo dei social e delle tecnologie e, in generale, anche nel rapporto tra adulti e adolescenti i confini si sono assottigliati e fluidificati. La pandemia, inoltre, ha messo in luce, a mio avviso, anche l’estrema fragilità psicologica ed emotiva degli adulti che hanno di fatto abdicato al loro ruolo genitoriale, perché troppo bisognosi a loro volta di una guida”.

 

Da questo punto di vista, la scuola e progetti come Affido Culturale, che mette in rete i protagonisti del sistema cultura, rivestono un ruolo nevralgico nella società e occorrerebbe ricollocarli al centro di una politica articolata e consapevole, se vogliamo sperare di ricucire la trama di una democrazia ormai a brandelli.

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