Le famiglie di Genova alla riscoperta degli spazi all’aperto dopo il lockdown

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Stare all’aria aperta, in compagnia. Un’azione semplice, naturale, che abbiamo sempre potuto fare e che all’improvviso abbiamo scoperto non essere poi così scontata. Oggi anche fare una scampagnata con un gruppo di amici è un lusso. E non c’entrano le condizioni meteorologiche tipiche dell’inverno: c’entrano le restrizioni anti Covid. E c’entravano ancora di più nella scorsa primavera, quando nessuno di noi poteva allontanarsi oltre poche centinaia di metri dalla propria casa, e rigorosamente solo, con mascherina e lontano da chiunque. È per questo che alla fine del lockdown, a maggio, c’è stata un’esplosione di vitalità, voglia di condivisione, e soprattutto di stare all’aria aperta. E il Villaggio per Crescere di Genova non poteva non accogliere queste necessità delle famiglie e dei bambini.

«Tutti assieme abbiamo pensato che sarebbe stato bello esplorare un po’ il quartiere e andare alla scoperta di posti nuovi», racconta Vanina Barbieri, una delle educatrici. Lei e il suo collega Alessandro hanno pensato a un modo per far sì che le famiglie potessero condividere momenti di gioco e allegria all’aria aperta e in assoluta sicurezza. «Abbiamo usato il modello della “bolla”», spiega Vanina, «cioè gruppi fissi, sempre con gli stessi bambini, massimo 5, affidati sempre a uno stesso operatore. Così se per caso si veniva a sapere di un caso positivo al Covid, quella persona non poteva contagiare il gruppo nella sua totalità ma il rischio era ristretto alla sua bolla».

Vanina, Alessandro e gli altri operatori del Villaggio assieme alle famiglie hanno organizzato una serie di gite in diversi luoghi della città.

Scopriamo insieme a loro dove sono andati e cosa hanno fatto, grazie al racconto di tre testimonianze. Tre storie che hanno come protagonisti tre luoghi ed esperienze diverse: l’anfiteatro nel quartiere di Begato, Villa Serra (il parco nella Val Polcevera, il quartiere che ospita il Villaggio) e il famosissimo acquario di Genova.

In questa puntata Francesca Aldini, mamma di Noemi, ci racconta cosa è successo e cosa hanno fatto con gli altri bambini e le altre famiglie nell’anfiteatro del quartiere Begato (conosciuto anche come Cige).

Prima di incominciare però, iniziamo a presentare Francesca, la piccola Noemi e la loro esperienza al Villaggio.

 Francesca, Noemi e il Villaggio

L’avventura di Noemi e di sua mamma al Villaggio comincia per caso. «Aveva appena aperto e la mia bimba allora aveva tre anni. Da subito ci siamo trovati benissimo, perché il Villaggio propone attività interessanti, gratuite per tutte le famiglie». Quelle preferite da Noemi (e dalla mamma), sono quelle che sviluppano la manualità dei bimbi. «Ma in genere mi piacciono tutte, perché ognuna ha il suo scopo. Niente è lasciato al caso e tutti sono molto bravi, competenti».

Anche per Noemi e Francesca la frequentazione del Villaggio si è interrotta con l’irrompere del Covid. I primi giorni di clausura sono stati di smarrimento un po’ per tutti, anche per gli educatori, ma sono stati utili anche per pensare a cosa fare. Vanina e Alessandro non hanno perso l’entusiasmo e l’energia che li contraddistingue e si sono subito dati da fare, organizzando dei collegamenti video dove raccontano storie, e suonano.

Anche se ritrovano i loro amici educatori, a non tutti i bimbi piace stare davanti a un monitor: non è la stessa cosa di poter abbracciare, baciare, giocare, sentire il calore di un’altra persona. Tra queste bambine e bambini refrattari a pixel e monitor c’è Noemi. «Mia figlia non è molto propensa alle videoconferenze, non è naturale per lei l’intermediazione di uno schermo. Per i bambini è naturale giocare di persona». E non solo per i bambini.

L’assenza prolungata di contatti fisici, di socialità, di scambio interpersonale ha pesato molto sulla piccola. «Mi sono accorta che su di lei il lockdown ha lasciato dei segni, chiedeva ogni giorno di andare all’asilo a trovare i suoi amici».

La riapertura

Per questo motivo la riapertura è stata come una rinascita. Piccoli e grandi hanno ripreso possesso di spazi, amicizie, natura. Della loro vita. E in questo periodo così speciale, il Villaggio non poteva venir meno alla richiesta delle famiglie di incontrarsi e riattivare la socialità coattivamente sospesa. Dunque è arrivata la proposta di andare all’anfiteatro di Begato.

L’anfiteatro è a disposizione di una scuola, che nel corso del tempo ha cercato di rivitalizzarlo. Durante il lockdown, purtroppo, questo processo si è dovuto necessariamente interrompere: c’erano altre e più importanti priorità. «Un peccato — commenta Francesca — è un posto così bello, dove i bambini possono giocare e divertirsi». Ci hanno pensato Vanina e Alessandro a renderlo “a misura di famiglia” e a trasformarlo in un luogo accogliente e pronto per farci attività in assoluta sicurezza ed evitare ogni possibile forma di contagio. «Facevano dei gruppi di circa 5 bambini alla volta. E ogni gruppo era seguito sempre dagli stessi educatori. Poi c’era il gel disinfettante, e tutti noi dovevamo portare le mascherine». Con questa organizzazione sicura, le famiglie sono andate insieme “alla scoperta dell’anfiteatro”. 

Le attività all’anfiteatro

«Salendo per la strada che va alle case di Begato, prima del Cige, c’è una strada, è un po’ nascosto nella parte interna. Poi dalla strada bisogna fare un pezzo a piedi nel boschetto», racconta Francesca.

 

«Vanina e Alessandro hanno sistemato delle coperte, delle lenzuola, noi ci sedevamo a terra. Abbiamo portato diversi giochi, specie per i bambini più piccoli che magari non ascoltavano le letture, dei birilli, cose di questo tipo. Ci andavamo una volta alla settimana».

Di nuovo assieme, immersi nel verde, la fantasia di bambini, genitori ed educatori non poteva non esplodere e trovare terreno fertile per concretizzarsi in tante attività. «Per i bambini era un’opportunità per scoprire la natura. Ci siamo sistemati al centro, poi siamo andati in “esplorazione”. Siamo saliti sui gradoni alla ricerca di foglie, animaletti e insetti». Gli oggetti trovati sono serviti per colorare. «Prendevano le foglie e ci mettevano su il colore e facevano gli stampi su un lenzuolo o con i cartoncini», racconta la mamma di Noemi, che poi prosegue: «Poggiavamo gli hula hoop in terra e saltavamo da uno all’altro. Poi Alessandro portava la chitarra e cantavamo tutti insieme. Nei diversi percorsi che costruivano i bambini erano sempre accompagnati dalla musica. E poi non mancavano mai i libri da leggere».

Le reazioni 

Le attività sono proseguite per un mese e mezzo, fino alla chiusura d’agosto. «Noemi era contentissima, ha partecipato a tutte le attività. Per lei era tutto nuovo, specie andare nei boschi, il rapporto con la natura. Eravamo circondati da alberi, respiravamo aria fresca. È stato importante farlo dopo un periodo così triste».

Francesca dopo le prime esperienze positive ha cercato di coinvolgere altre famiglie, altri bimbi. «Per me sono attività importanti per la collettività: in primavera i parchi erano chiusi, le scuole erano chiuse, i bambini hanno sofferto». All’inizio infatti alcuni bambini erano spiazzati, «non erano più abituati a vedersi», racconta Francesca. E forse non è un caso che tra loro ce ne è stato qualcuno che in un primo momento era un po’ bloccato, chiuso. «È durato poco — racconta la mamma — dopo un po’ questa bimba si è “sbloccata” e ha iniziato a socializzare di nuovo. Per questo ritengo che sia stata un’iniziativa importante, specie dopo il lockdown ma anche ora, che stiamo vivendo un sacco di restrizioni».

Noemi, infatti, è di nuovo stufa del web. Internet non le piace. Francesca coglie la palla al balzo e avanza una proposta: «C’è freddo ma ci si potrebbe vedere anche in queste giornate d’inverno, quando c’è un bel sole. E poi sicuramente mi piacerebbe che si replicasse la prossima estate. È bello stare immersi nella natura!».

Ci “leggiamo” alla prossima gita!

Mario Gottardi

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