Lindara: dalle favelas di Rio al Villaggio di Cosenza per stringere nella “ciranda” le mani di piccoli e grandi
di Centro per la Salute del Bambino
In un Villaggio non esistono confini, le diversità e le peculiarità di ogni suo abitante arricchiscono il luogo e le relazioni.
Il Villaggio di Cosenza travalica le frontiere, volando sempre più in là, fino alle sgargianti terre del Brasile e accresce di suoni, colori e storie tutta la città.
In Calabria infatti è significativa la presenza della comunità brasilianache a Cosenza conta circa una ventina di famiglie. “Il flusso migratorio è per lo più femminile. Circa l’80% delle donne arriva nel nostro Paese o già sposata in cerca di lavoro o per sposarsi, è difficile che vengano in Italia per studio o per lavoro” racconta Lindara, educatrice al Villaggio per Crescere di Cosenza e fondatrice dell’Associazione Ciranda Brasileira in Calabria,partner locale di progetto.
“Sono arrivata a Cosenza ormai più di 10 anni fa e da 20 mi occupo di cooperazione internazionale e sviluppo locale, di periferie e di inclusione. Nel 1999 sono riuscita ad iscrivermi alla Ponticia Università Cattolica di Rio de Janeiro, con una borsa di studio ed ero l’unica ragazza nera nel mio corso. Ero un’attivista del movimento studentesco per l’inclusione universitaria, ho lavorato nelle favelasdi Rio e sono stata coordinatrice di un movimento per aiutare i ragazzi delle comunità più povere che volevano andare all’università” continua Lindara. “ Questi ragazzi dovevano superare un vestibular, un esame molto difficile, così per aiutarli a prepararsi e studiare, abbiamo creato un gruppo di volontari”.
Dopo aver coordinato diversi progetti in Brasile, nel 2007 Lindara è arrivata in Italia per un master, tramite l’Associazione di volontariato San Pancrazio, che lavora con l’università della Calabria: “Il fatto di essere una straniera immigrata mi ha fatta riflettere”.
Emigrare dal proprio Paese, dalle proprie tradizioni e dalla propria lingua madre non significa “lasciare o dimenticare”, al contrario vuol dire “portare e ricordare” dei pezzi di sé in un altro paese, tenere ferma e stretta la propria identità, per fonderla e arricchirla con le nuove opportunità e culture che il luogo di immigrazione offre. “La lingua è un pezzo della nostra eredità” confida Lindara, con voce di velluto “e io ho sentito la necessità di fare qualcosa per i brasiliani come me, e non solo. Oggi infatti collaboro con il Movimento Cooperazione Internazionale e lavoro con bambini di 12 nazionalità, sono felice di essere diventata un punto di riferimento per le comunità straniere della zona”. Lindara è partita dalle bambine e dai bambini, per arrivare alle loro famiglie. Oggi con l’Associazione dellaCiranda Brasileira in Calabria, Lindara raggiunge 10/15 famiglie, che su 20 non sono poche, se consideriamo soprattutto il fatto che non tutte hanno un bambino. “Ormai sono Lindara della ciranda!” esclama sorridente e spiega che la cirandaè una danza circolare creativa, “in cerchio siamo tutti uguali,senza gerarchia, piccoli e grandi e siamo tutti inclusi, nessuno resta fuori, ci teniamo per mano”. Ecco perché ha chiamato la sua associazione con il nome di questa danza, per lasciarsi guidare dalla figura del cerchio, dalla sua essenza di parità di ruoli diversi e di condivisione. “È un lavoro da formica, fatto di piccolissimi passi, e io cerco di creare dei momenti per stare insieme: nella cultura brasiliana ottobre è il mese del bambino, il 12 in particolare è odia das crianças e abbiamo trascorso la giornata tra memorie di infanzia come giochi e ninna nanne, è stato bello vedere i grandi ricordare”.
Lindara ha sempre lavorato con bambini e ragazzi più grandi, dalla scuola primaria alle medie eil Villaggio rappresenta un’opportunità anche per lei, il pezzo mancante che completa non solo il suo percorso lavorativo ma anche la sua missione di vita: “Grazie al progetto del Villaggio adesso riesco a coinvolgere anche i bambini da 0 a 6 anni e a imparare da loro e con loro.
Tra le attività che proponiamo c’è sicuramente la lettura condivisa di storie: grazie alle donazioni di Andrea Koury Menescal é del Elo Europeo de Educadores Polh ho la mia biblioteca privata di libri in portoghese che porto al Villaggio, dove ci sono tanti altri libri, anche per più piccoli e ho più opportunità di vivere lo spazio in modo più creativo. Canto le canzoni in portoghese e cerco di stimolare sia il portoghese sia l’italiano, a volte parlo in italiano e mi rispondono in portoghese!”.
Con le famiglie che frequentano l’Associazione, Lindara organizza un incontro al mese, e ormai iniziano a frequentare il Villaggio aldilà della sua presenza. “Una volta al mese era un po’ poco” ma adesso hanno la possibilità di avere più tempo”considera. Già tempo. Tra le parole chiave del nostro progetto Un Villaggio per Crescere. Un tempo per stare insieme, intimo e condiviso, un tempo di qualità ci piace definirlo, perché vissuto per fare quelle esperienze che lasciano una traccia nel profondo di piccoli e grandi, una traccia che guida il cammino verso tutti i domani. Le storie, le musiche, i giochi anche in portoghese sono questo: parti di una traccia che resta e stimola, non solo i bambini di origine brasiliana per restare legati alle proprie tradizioni ma anche per quelli italiani: “La musicalità della mia lingua madre non incanta solo i bambini brasiliani ma anche i piccoli italiani che si fermano ad ascoltarmi anche se stanno facendo altro. Non è mai un problema anzi, la proposta è accolta con entusiasmo, i bambini sono curiosi, molto, scambiano piacevolmente “bom dia!” “buongiorno!”, e insieme abbiamo scoperto che in Italia il cane fa “bau bau!” e che in Brasile invece fa “au au!”
E ancora che se i bambini italiani si divertono a giocare la mosca cieca, i bambini brasiliani si divertono con la capra cieca!”
Al Villaggio però non solo bambine e bambini trovano il loro tempo, tra loro e con i genitori. Al Villaggio di Cosenza, il tempo è anche per le mamme:“Anche le mamme si divertono e si integrano, si scambiano esperienze, sciolgono le tensioni. Al Villaggio mamme e papà godono di una genitorialità diversa, più distesa piena di contatto e di emozioni, non di sole regole e tempi – come quella che sperimentano nel quotidiano, quando tutto è veloce e bisogna incastrare i tanti impegni” riflette Lindara.
“Faccio il tifo per il Villaggio. Sto provando sensazioni ed emozioni che mi fanno bene, mi sta molto a cuore questo progetto perché sono frutto dei progetti che ho fatto e oggi sapere che posso collaborare a crescere i bambini che parlano tutte le lingue del mondo mi porta una grossa felicità. Al Villaggio incontrano e scoprono parole e se non riescono parlano con i respiri, con gli occhi e con lo sguardo. È un’esperienza ricca dal punto di vista emotivo, sono contentissima: sto allenando l’ascolto, è un apprendimento diffuso, una relazione che vivo all’interno dell’équipe che si occupa del Villaggio e mi nutro di tutte le esperienze che i genitori raccontano, esperienze fatte di cambiamenti che vivono e delle paure che condividono. Piano piano tutti si iniziano a conoscersi e fidarsi l’uno dell’altro, a stringersi.
Balleremo insieme nel Villaggio che stiamo costruendo e ci prenderemo per mano nella ciranda”.
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