PROVINCIA DI LATINA. CON IL PATTO DI TERRITORIO PER RIPENSARE IL RAPPORTO TRA LE GENERAZIONI
di Centro Servizi per il Volontariato (Cesv)
Il 24 settembre, nella splendida cornice del Castello Angioino di Gaeta che ha ospitato gli eventi dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale, all’interno del progetto EARN firmato Frascati Scienza per “La notte europea delle ricercatrici e dei ricercatori 2021”, i progetti Tutti a Scuola, con il CSV Lazio e Radici di Comunità, con il CEMEA del Mezzogiorno, sono intervenuti per un seminario dal titolo: “Oltre l’emergenza: pratiche innovative per il contrasto delle povertà educative”.
I due progetti sono stati selezionati dall’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, nato da un’intesa tra le Fondazioni di origine bancaria rappresentate da Acri, il Forum Nazionale del Terzo Settore e il Governo per sostenere interventi finalizzati a rimuovere gli ostacoli di natura economica, sociale e culturale che impediscono la piena fruizione dei processi educativi da parte dei minori.
Al centro del seminario il Patto di territorio per il contrasto alle povertà educative della Provincia di Latina, lanciato dai due progetti con il supporto scientifico dell’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale, che ha già raccolto l’adesione della Provincia e di cinque Comuni, numerose Scuole e enti della società civile.
Nell’introdurre il seminario, il prof. Simone Digennaro ha delineato le linee di un processo di costruzione collaborativa, un approccio da praticare come metodo. In particolare, l’approssimarsi della conclusione dello stato di emergenza rende necessaria una riflessione sul ruolo che la Scuola dovrà assumere nella transizione verso una “nuova normalità”.
E il tema del metodo è stato ripreso da Eleonora Di Maggio, coordinatrice del progetto Tutti a Scuola dal CSV Lazio, che ha proposto, a partire dai risultati dell’esperienza condotta, di individuare nel costrutto di povertà educativa l’occasione per ripensare l’approccio al tema dei diritti dei minori e alle forme di intervento. In questo senso, è stato sottolineato come parlare di povertà educativa costringa a uno sguardo complesso, con al centro l’ereditarietà della condizione che molt* bambin* e ragazz* si trovano a vivere e che costituisce un circolo vizioso dal quale il welfare non riesce più a costruire l’uscita. A motivo di ciò la proposta di un Patto di territorio sembra il modo in cui la complessità della responsabilità sociale verso le nuove generazioni possa costituire una modalità innovativa di pensare a quello che si può fare, come scuola, come enti locali o come società civile, nulla se continuiamo a pensare in modo slegato a ogni tratto nella sua specificità, cosa essenziale soltanto una volta che si sia costruito un disegno che coinvolga davvero gli adulti nella propria responsabilità e che siano state rimesse al centro le nuove generazioni come protagoniste.
La complessità del discorso non sfugge, ma neanche la sua immediatezza. La chiamata è al territorio nel suo insieme, alle comunità che vi insistono, alle formazioni sociali e ai singoli individui, tutti chiamati a riflettere e a confrontarsi per trovare modalità innovative di pensiero e di azione. Ma per far questo è necessaria la disponibilità a mettere in gioco le culture organizzative di ognuno.
Maria Cristina Brugnano, Presidente del Cemea del Mezzogiorno ha messo a fuoco, a partire dai metodi dell’educazione attiva, come anche i processi abbiano bisogno di tempo. Nel progetto Radici di Comunità sono state faticosamente costruite delle relazioni interorganizzative ed è stato evidente lo sforzo compiuto da ognuno nel riconoscere le proprie “cornici cognitive” e nel metterle sul tavolo, esplicitamente, come elementi di vincolo del contesto, rifuggendo dalla più breve via del conflitto personale. Un grande impegno affrontato con un metodo, educativo questa volta.
Il seminario è stato fondamentale per cogliere il senso della transidisciplinarità che dovrà caratterizzare i processi di costruzione del Patto di territorio. Nella Carta per la Transdisciplinarità, ci si riferisce a un metodo capace di costituire un antidoto capace di mettere a frutto il sapere della civiltà occidentale contemporanea in decadimento, e noi, nel nostro piccolo, scegliamo questa strada per cambiare senza distruggere quello che è stato fatto fin qui. I diritti dei minori e quanto ne è seguito in termini di norme e di capacità di intervento sul campo dovranno rappresentare per tutti noi il bagaglio di saperi dai quali partire, ma è necessario andare oltre.
Il 6 novembre del 1994, infatti, venne firmata ad Arràbida (Portogallo) la “Carta della Transdisciplinarità”, redatta da Basarab Nicolescu, Edgar Morin e Lima De Freitas. Secondo i suoi firmatari, la Carta vuole essere espressione dell’attitudine degli scienziati del nostro tempo di condurre la scienza e le sue conoscenze al di là dei confini nei quali il sapere settorializzato tende e rinchiuderle. Ciò include anche una dimensione etica, perché, in un’epoca di grandi progressi della conoscenza, la mancanza di dialogo e di circolazione dei saperi accresce la disuguaglianza fra quelli che posseggono tali conoscenze e coloro che ne sono sprovvisti.
In questo senso, abbiamo ravvisato, nella povertà educativa un costrutto capace di superare le ristrettezze degli approcci specifici al tema sociale dei minori, fondato per lo più su mancanze e riparazioni possibili, per suggerire uno sguardo più ampio che guardi ai rapporti tra le generazioni, alla responsabilità adulta e al protagonismo de* bambin* e de* giovan* per conquistare un approccio di sistema e lavorare con modalità collaborative, riportando sempre al territorio nel suo complesso la “visione” che cerchiamo di sviluppare.
E così, abbiamo dato corpo all’affermazione Il Patto è il Metodo, introdotta dal Direttore della Caritas Diocesana di Latina in uno degli incontri dedicato all’adesione al Patto degli enti associativi. E in questa chiave, attraverso l’intervento di Clementina Miggiano, del CSV Lazio, abbiamo proposto, alle scuole presenti al seminario del 24 di procedere. Miggiano ha proposto una chiave di lettura, unica ma articolata, per quanto messo a disposizione della discussione da enti associativi e scuole a proposito di tre domande proposte loro con un questionario che intendeva delineare lo scenario secondo una visione comune: le domande erano riferite agli eventi desiderati, a quelli temuti e quelli inevitabili ai quali ci si espone con l’adesione al Patto. Ne sono emerse due linee portanti, quella della collaborazione con maggiore riferimento agli enti e quella del coinvolgimento, che riporta l’attenzione su famiglie e ragazz*.
L’incontro ha raccolto molti contributi dei presenti a partire da tre enti scolastici partner di Tutti a Scuola. Ha rotto il ghiaccio il prof. Piergiorgio Ensoli, del’ITIS Vittorio Veneto – Salvemini, di Latina, sottolineando come la scuola continui a ragionare “a compartimenti stagni” e richiamando Frabboni e la necessaria “unità del sapere”. Mentre l’IC Caetani di Cisterna di Latina, ha sottolineato come le risorse dei progetti abbiamo cambiato qualcosa di prezioso per i ragazzi, i genitori e i docenti e la difficoltà di dover tornare indietro per la chiusura delle attività. Infine, il prof. Luigi Mantuano dell’IISS Pacifici e De Magistris che ha richiamato alla responsabilità del corpo docente.
Presente all’incontro anche l’Assessora alla Scuola del Comune di Gaeta che ha sottolineato come sia indispensabile non lasciare che i ragazz* possano perdere la bussola della costruzione della propria esperienza.
A seguire, il dibattito tra le scuole si è animato intorno alle difficoltà da superare, la prima, in richiamo alla già richiamata unità del sapere. Ci sono state proposte interessanti, una docente che insegna a Priverno ha sottolineato le differenze di bisogni, linguaggi e habitat ai quali ci si trova davanti nei diversi istituti, rimandando anche qui alla necessità di far volare alto il pensiero per poter nutrire le soluzioni locali e situate di ragionamenti più ampi e finalizzati a una visione che sappia capacitare tutti ad andare verso l’innovazione.
Maria Rosaria Scognamiglio e Simona D’Alessio, del CSV Lazio del Sud Pontino e di Latina, hanno proposto di mettere a disposizione del processo in corso le attività tra scuola e volontariato che il CSV cura con l’animazione del territorio. In modo di non limitare gli scambi soltanto alle occasioni precostituite ma di portare il Patto e le sue implicazioni direttamente nelle pratiche. Il concetto è stato ribadito dalla delegata dal sindaco di Gaeta ai servizi sociali e docente, che ha indicato come anche la scuola abbia un contenitore prezioso da mettere a disposizione del Patto, il PTOF, lo strumento di programmazione.
Il dibattito tra le scuole partecipanti sia in presenza che a distanza è stato ravvivato anche dalla testimonianza di due “giovani”. Silvia De Nardis e Francesca Saracino, rispettivamente Presidente dall’APS IACS e volontaria dell’AIFO, due percorsi preziosi che hanno testimoniato quanto le attività di raccordo possano essere generative e come “Il valore del Patto risieda nel fatto che i giovani diventano protagonisti del processo quando questo funziona e poi protagonisti dello sviluppo locale perché è stato gettato un ponte tra le risorse della scuola e quelle del territorio.” E, ha continuato Silvia De Nardis, oggi dottoranda alla Sapienza, è necessario stabilire “una connessione tra le parole e la vita, perché le parole hanno la possibilità di diventare di plastica ma noi dobbiamo mantenere la collaborazione al centro della vita urbana”. L’esperienza riguarda l’Istituto Pacifici e De Magistris di Sezze, anch’esso partner del progetto Tutti a Scuola e artefice, fin dalla fine degli anni ’90 con il professor Luigi Mantuano, della costituzione dell’allora cooperativa IACS, finalizzata al passaggio dal mondo della scuola al mondo del lavoro, al centro dell’esperienza narrata dalla De Nardis.
“A luglio avevamo detto che avevamo iniziato a fare una rivoluzione – ha affermato in chiusura il Professor Simone Digennaro dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale – ma non c’è rivoluzione senza cambiamento.” E riporta infine il discorso sul significato dell’innovazione, sottolineando come all’origine della parola ci sia “l’uscire dall’ordine prestabilito delle cose” e non aggiungere risorse su un sistema che non funziona. Nella scuola qualsiasi innovazione viene trattata come “un chiodo che sporge, da riallineare”. Come si esce da questa logica?”.
Ecco noi, con il Patto di territorio per il contrasto alle povertà educative della Provincia di Latina ci stiamo provando, per ora abbiamo concluso la prima Fase in 3 tappe di un percorso che fino a dicembre proseguirà nella sua opera di connessione tra tutte le risorse del territorio della Provincia di Latina. La seconda fase è pronta, riprenderemo i lavori in ottobre.
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