Cinema e teatro per sperimentare l’incontro con gli altri e con sé stessi

di

La performance Oltre il conflitto e il cortometraggio IN processo sono i risultati dei due laboratori di teatro d’indagine e cinema collettivo rivolti a ragazzi segnalati dall’autorità giudiziaria minorile e organizzati nei territori di Mestre e Rovigo dalla Cooperativa Rem e dalla Cooperativa Titoli Minori.

I percorsi – tenuti dalla formatrice teatrale Manuela Biasi, dalla filmmaker Giulia Zennaro e coordinati dall’educatrice Alessandra Naccari – hanno avuto come obiettivo quello di sperimentare alcuni aspetti della Giustizia riparativa attraverso metodologie e tecniche creative che hanno spinto i minorenni autori di reato a mettersi in discussione in prima persona, a rielaborare i propri vissuti, per giungere a una maggiore consapevolezza della propria storia.

Sono stati due percorsi esperienziali e relazionali positivi, che hanno permesso di esteriorizzare sentimenti intimi come la mancanza, il vuoto, la fragilità, il senso di colpa, il bisogno di stare bene, la convinzione di non essere adeguati e la difficoltà nelle relazioni. In questo processo i ragazzi si sono traghettati verso una maggiore coscienza del proprio reato e una predisposizione a mettersi nei panni della vittima.

Nella partecipazione collettiva alle attività proposte, hanno dimostrato capacità di adattamento, rispetto e collaborazione, hanno lasciato spazio al dialogo con gli altri e con sé stessi. I laboratori sono stati luoghi non giudicanti, dove poter sperimentare competenze relazionali ed emotive, favorire lo sviluppo di strumenti per gestire situazioni nuove e scomode, e anche per aumentare il livello di autostima.

Il cortometraggio IN processo

Per quanto riguarda il laboratorio che ha dato vita al cortometraggio IN processo, il gruppo era composto da sei ragazze e ragazzi della provincia di Venezia, i quali hanno scelto di mettere a confronto il processo esteriore, quello giudiziario, con il loro processo interiore. La loro situazione è un divenire non solo di udienze, colloqui con le assistenti sociali, appuntamenti in tribunale, ma anche di emozioni, riflessioni, paure, rabbie. I processi a cui sono sottoposti non sono solo quelli immediatamente visibili, ma ce ne sono altri di silenziosi in cui sono immersi e da cui devono evolvere.

T.V. ha 15 anni e una rabbia che si porta dentro da gestire.
Spesso si è posto in un atteggiamento difensivo, nel tentativo di nascondere una fragilità emotiva e relazionale non secondaria alla costruzione di un suo personale equilibrio mentale e fisico. Manca di punti di riferimento a cui affidarsi e con cui crescere insieme.
Nonostante alcune dinamiche di gruppo lo abbiano messo alla prova, ha dimostrato rispetto per il lavoro proposto e ha sempre sentito la necessità e il bisogno di chiedere scusa, le volte in cui si è reso conto di aver superato il limite.
Ha detto che interpretare un ruolo attraverso esercizi teatrali e cinematografici gli ha permesso di mettersi nei panni dell’altro, di proiettarsi fuori da sé, e attraverso questa astrazione scoprire contemporaneamente qualcosa di più di sé stesso.

K.S. ha 17 anni e un grande bisogno di tranquillità.
Dice di doversi tenere distante da situazioni che lo potrebbero portare all’eccesso, non vuole trovarsi ad inciampare di nuovo.
Ha difficoltà a concentrarsi su una cosa sola e con facilità diventa irascibile, ma ha anche trovato delle strategie per gestire gli attacchi di rabbia. Subisce molto il giudizio degli altri ed è per questo che tende a sua volta a giudicare, ma durante il percorso ha saputo mostrare le sue fragilità e mettere in gioco le sue paure.

S.P. ha 16 anni e un’insicurezza da governare.
Situazione familiare e scolastica complicata, grandi aspettative e tanta voglia di dimostrare di essere all’altezza. Carattere esuberante, la stoffa del leader, a volte strafottente e provocatore, ma mai oltre il limite.
Ha dimostrato tenacia, talento attoriale e voglia di fare bene questo cortometraggio, salvo perdersi proprio sul finale.

R.J. ha 17 anni e una tristezza silenziosa.
Arriva dal Marocco in una comunità minorile, ha difficoltà a fidarsi degli altri, non ha fiducia negli adulti, apprezza poco la scuola in cui è inserito. Ha un talento nel disegno, riesce a tradurre concetti astratti in immagini. Non parla molto ma sa ascoltare in profondità. Rispetta i suoi compagni, riesce ad integrarsi bene nel gruppo.

G.B. ha 17 anni e bisogno di andare oltre.
Ha gli occhi stanchi, una consapevolezza e una maturità diversa del periodo che sta passando e da cui vorrebbe uscire. Ha fatto già alcune riflessioni personali, ha lasciato spazio alla solitudine, l’ha vissuta. Dipende molto dalle relazioni in cui è immerso, se quelle vacillano, vacilla anche lui.
Sa andare in profondità nelle riflessioni, sa essere un amico.

V.B. ha 18 anni e bisogno di legami.
Famiglia poco presente, traduce l’affetto in ricompense economiche, regali, viaggi all’estero. Cerca l’affetto dei genitori in maniera discreta, scrive loro una lettera di scuse. Animo sensibile, che si affida, a volte anche troppo. E’ riuscita, nel percorso, a lavorare sulla sua sicurezza, sulla sua decisione, sulla sua forza.

La performance Oltre il conflitto

Per quanto riguarda il laboratorio che ha dato vita alla performance Oltre il conflitto, i ragazzi hanno scelto di portare in scena la parte conflittuale della propria storia che li ha portati ad inciampare per poi insistere su ciò che ora può dare loro ossigeno e farli evolvere in qualcosa di nuovo e diverso.

A.L ha 19 anni e una grande resilienza.
Ha dimostrato fin da subito un grande talento per il teatro, e una capacità di tradurre concetti e pensieri astratti in immagini semplici e movimenti del corpo. Ha portato avanti una ricerca artistica, oltre che personale, che gli ha permesso di sbloccare alcuni nodi emotivi sui quali si era fossilizzato.
Ha lavorato sulle sue capacità di ascolto: alcune volte si è dimostrato precipitoso nel dare giudizi sia sui ragazzi del gruppo, che su di sé. Ciò deriva probabilmente da una mancanza di fiducia negli altri e nelle reti familiari in cui è cresciuto. E’ emerso, infatti, quanto abbia sofferto e soffra tutt’ora l’assenza di persone di riferimento a cui affidarsi, e quanto questa solitudine gli pesi e sia, a volte, faticosa.

F.C. ha 19 anni e una grande voglia di scoprire il mondo.
“A volte, la mia empatia è come un elefante in una cristalleria”, conosce alcune delle sue mancanze e sta provando a superarle o a mitigarle. E’ rigoroso, e richiede rigore e questa sua rigidità a volte lo soffoca e non lo lascia respirare.

F.D ha 19 anni e una grande pesantezza.
Situazione familiare complicata, arriva da una famiglia numerosa e lui è il più giovane. Sa di non essere un grande comunicatore ma riesce ad ascoltare in silenzio. Ha rispetto per la figura adulta e per il gruppo in cui è stato inserito.

S.O. ha 18 anni e bisogno di serenità.
“Sono un morto che cammina verso un obiettivo”: ha voglia di consolidare legami, una rete di persone a cui fa riferimento, e vuole investire su alcune delle sue competenze professionali in modo da avere una base solida su cui costruire il proprio futuro.

Giulia Zennaro, Cooperativa REM

Regioni

Ti potrebbe interessare

Giustizia riparativa, l’esperienza della Fondazione Don Calabria per il Sociale e il Comune di Verona

di

Spesso i minori che commettono reati tendono ad essere esclusi dalla società e questo perché vengono inquadrati come soggetti da cui è...

Il 24 maggio a Mestre incontro su giustizia minorile e percorsi educativi innovativi

di

All’interno del progetto “Tra Zenit e Nadir: rotte educative in mare aperto” si tiene il 24 maggio l’incontro “Rotture trasformative. Contrastare i...

Riparare i conflitti: la formazione dei facilitatori alla Giustizia riparativa

di

È entrata nel vivo l’attività di formazione rivolta ai facilitatori alla Giustizia riparativa, coinvolti nel progetto “Tra Zenit e Nadir: rotte educative...