Il progetto

Il progetto “Tra Zenit e Nadir: rotte educative in mare aperto” intende promuovere e facilitare il paradigma della giustizia riparativa come prassi metodologica per le prese in carico di minorenni in area penale e delle loro famiglie.

Il progetto nasce dalla consolidata collaborazione tra Istituto don Calabria e CNCA in tema di Giustizia riparativa. Sviluppa le azioni in Lombardia, Veneto e nella provincia autonoma di Trento. Il progetto intende ridurre nel tempo le recidive commesse da minorenni autori di reato che sono stati in carico a Uffici di Servizio Sociale per Minorenni (Ussm). Il modello di intervento si inserisce nella logica della Giustizia riparativa, ponendo l’attenzione sulla relazione tra reo e comunità locale di appartenenza: rileggendo il reato come una rottura di questa relazione e l’azione riparativa come la ricostruzione di una relazione virtuosa.

Il progetto, in sintesi, intende:

  1. Abilitare le competenze dei minorenni autori di reato
    • Costruendo percorsi “sartoriali”, in grado di slatentizzare e sviluppare in modo duraturo passioni e competenze.
    • Rendere i minori autori di reato protagonisti del proprio percorso riparativo, accompagnandoli nella rielaborazione dell’esperienza e costruendo le condizioni perché i risultati del percorso riparativo siano duraturi.
    • Utilizzare e promuovere tutti quegli snodi territoriali capaci di parlare un linguaggio che può “arrivare” ai ragazzi, e di offrire spazi di osservazione, progettazione e sperimentazione, volti al cambiamento del minorenne.
  2. Promuovere attivamente il territorio nelle diverse fasi del percorso riparativo
    • Ricostruire i legami tra il minorenne autore di reato e il contesto territoriale attraverso “percorsi diffusi” e concertati con il territorio, valorizzando l’azione riparativa del percorso e riattivando le relazioni compromesse.
    • Attivare percorsi di incontro, facilitazione e mediazione tra il minorenne autore di reato e le vittime dirette e indirette (ivi inclusi la famiglia del minorenne e i cittadini del territorio).
    • Coinvolgere le realtà del territorio in attività/eventi finalizzati a promuovere il protagonismo giovanile e la cultura della legalità e coinvolgendo i più giovani (10-14 anni) in attività preventive e di attivazione sociale.
  3. Rendere sistematico l’approccio della Giustizia riparativa
    • Sostenere a livello provinciale e/o di Corte d’Appello lo sviluppo di Tavoli permanenti per la Giustizia riparativa.
    • Promuovere a livello locale partenariati per la diffusione delle pratiche di Giustizia riparativa.
    • Sperimentare e teorizzare l’intreccio tra la dimensione della Giustizia ripartiva e quella della coesione sociale, in un circolo virtuoso dove la cura del territorio produce riconciliazione a vantaggio di tutta la collettività.

“Tra Zenit e Nadir: rotte educative in mare aperto” intende istituire, a partire dai territori coinvolti, delle comunità educanti sul paradigma della Giustizia riparativa attraverso la costruzione di nuove alleanze tra l’approccio istituzionale di corresponsabilità dell’amministrazione pubblica, le competenze del mondo profit, la spontaneità del cittadino, la specializzazione del terzo settore. Oltre a questo la comunità educante che si andrà a definire, nel corso del progetto, dovrà fondare le sue prassi metodologiche sul paradigma della Giustizia riparativa che vede un diretto e partecipe coinvolgimento dell’autore di reato, della vittima e della comunità.

La strategia progettuale identifica come indirizzi:

  1. L’istituzione di una équipe inter-partner dedicata alla definizione delle procedure/prassi metodologiche operative, sul paradigma della Giustizia riparativa, della presa in carico dei bisogni dei minorenni in area penale e all’empowerment di tutto il nucleo familiare, finalizzata a sperimentare modalità di lavoro e di trasferirle, a termine progetto, in diversi contesti territoriali.
  2. L’introduzione di attività innovative che promuovano l’ascolto, l’empowerment e la partecipazione dei minorenni nel loro percorso riparativo, attraverso gruppi di ascolto, rafforzamento delle soft skill e la preparazione/facilitazione di attività che abbiano valenza formativa e riparativa, che sappiano coinvolgere sia la comunità educante-riparativa che, in alcuni casi ove possibile, la vittima di reato.
  3. Facilitazione dell’accesso sia delle famiglie sia delle vittime di reato ad un servizio a bassa soglia, visibile, tempestivo, non etichettato e de-istituzionalizzato in grado di offrire informazione, orientamento ai servizi, contatti con le reti territoriali di supporto.

Per l’implementazione di strategie efficaci di contrasto alla devianza minorile risulta fondamentale non utilizzare l’indicatore della “recidiva” come unico dato progettuale poiché vi è il rischio di incorrere in azioni correttive di breve termine e non progettare azioni capaci di promuovere politiche e strategie di prevenzione sistemica. Risulta più utile ragionare sulle azioni di contrasto alla carriera deviante su un piano dinamico-evolutivo, così da incidere sui fattori di rischio in grado di interrompere circoli viziosi strutturali e promuovere fattori di protezione in grado di impattare sui “cambi di rotta” in favore del singolo minorenne e fornire indicazioni a livello regionale e nazionale per apportare correzioni a tutto il sistema Giustizia.

L’Istituto don Calabria, come ente capofila, e la rete CNCA, in quanto organizzazioni promotrici di questo progetto, ritengono essenziale il coinvolgimento di tutta la comunità educante. Secondo l’approccio scelto, il comportamento deviante viene essenzialmente inteso come espressione di una difficoltà evolutiva che ostacola il raggiungimento di compiti di sviluppo specifici e necessita di opportunità di rispecchiamento psicosociale. In adolescenza lo stesso rispecchiamento fornito nelle relazioni primarie dall’attaccamento, che costituisce la base del senso di sé, è ricercato nella relazione con l’ambiente extrafamiliare come riconoscimento sociale dell’identità. Il progetto “Tra Zenit e Nadir: rotte educative in mare aperto”, pertanto, vuole proporre azioni concepite per non essere “mere” offerte occupazionali, ma azioni intenzionali capaci di contribuire alla costruzione di un’idea di sé e del proprio essere sociale, che forniscano valore rituale nella propria dimensione sociale attraverso esperienze significative di assunzione di responsabilità.

Coerentemente con le evidenze scientifiche, la significativa esperienza degli enti proponenti in interventi per la prevenzione primaria (scuole, quartieri, genitori, luoghi di aggregazione) attraverso incontri di formazione e sensibilizzazione, secondaria (centri diurni, doposcuola, educativa di strada, educativa domiciliare, sostegno alla genitorialità) attraverso azioni educative e formative in favore di soggetti a rischio e terziaria (interventi educativi in progetti di area penale esterna, in comunità residenziali in applicazione di misure cautelari o di sicurezza e in messa alla prova) mostra l’efficacia degli interventi educativi con un approccio di “prossimità nei contesti di vita del minorenne”. Tale impostazione metodologica permette di personalizzare gli interventi sia in ambito preventivo, sia di proporre soluzioni in favore di minorenni autori di reati, sia di diversificare la risposta educativa territoriale in favore di minorenni autori di reato incidendo sul sistema di relazioni familiari e amicali.

Infine, il progetto “Tra Zenit e Nadir: rotte educative in mare aperto” intende prendere in carico il territorio per renderlo capace di prendere in carico i ragazzi, nell’ottica di trasformare le loro risorse in apporto positivo al dinamismo sociale e professionale del territorio stesso.

L’iniziativa avrà quindi importanti elementi di innovazione:

  • il filo conduttore del paradigma riparativo che opera sia nelle attività di promozione culturale e sociale del territorio sia nelle attività di presa in carico diretta dei ragazzi;
  • la costruzione di un nuovo modello di presa in carico che favorisce e fruisce della connessione tra formazione e riparazione, privilegiando la dimensione relazionale dell’apprendimento e proponendo un approccio formativo del tipo “territorio-scuola”;
  • l’opera di promozione sociale culturale nella costruzione della comunità educante-riparativa, ossia capace di sviluppare modelli e relazioni educativi e al contempo capace di accogliere la riparazione e includere i ragazzi e i giovani nella loro potenzialità trasformativa, quale fulcro della sostenibilità del progetto anche oltre il triennio;
  • la diffusione sui territori della presa in carico: il progetto intende abbattere i muri classici dell’unità di offerta tipica (comunità residenziale, centro diurno, scuola) e inserire i ragazzi nella dinamicità della vita del territorio, in contatto con le realtà formative, imprenditoriali e del terzo settore che caratterizzano la comunità territoriale;
  • la presa in carico della famiglia nell’ottica della preparazione del reinserimento e dell’autonomia, con una focalizzazione sulla fase di “sgancio” dai servizi sociali.

“Tra Zenit e Nadir: rotte educative in mare aperto” si sviluppa nei seguenti territori:

  • Lombardia nei territori di: Milano (municipalità 7-8-9), Brescia, Cremona
  • Veneto nei territori di: Verona, Vicenza, Venezia, Bassano del Grappa, Treviso
  • Trentino Alto Adige nel territorio di: Trento.

Per la gestione del progetto ci si dota di alcuni strumenti di indirizzo, di gestione e di valutazione: un Gruppo di coordinamento interistituzionale e interregionale, una Cabina di regia operativa a carattere regionale e un processo di monitoraggio e valutazione partecipata attraverso una consulenza esterna.

Dall’inizio del progetto la Cabina di regia Interregionale si è incontrata a cadenza mensile per delineare e definire le prassi metodologiche di coinvolgimento operativo delle Istituzioni pubbliche, Comuni, ASL, Centri per la Giustizia Minorile. Ha definito e consolidato la rete del privato sociale attraverso incontri formativi di accompagnamento e approfondimento sulla declinazione metodologica del paradigma riparativo nella presa in carico di minorenni in ambito penale e delle loro famiglie.

Nel mese di giugno 2022 è iniziato a Venezia e a Vicenza il percorso formativo a livello locale di tutti gli operatori, sia nell’ambito pubblico che nell’ambito privato, per delineare la figura professionale del facilitatore, quale figura che si adopera per trovare la migliore soluzione tra le parti in conflitto. Tale figura risulta di particolare importanza allorquando realizzi interventi precoci di intervento (early childhood intervention: letteratura scientifica che si occupa di analizzare e valutare l’impatto, in termini di riduzione dei rischi di commissione di un reato, dei servizi socio-assistenziali) rivolti principalmente ai minorenni e alle loro famiglie coinvolte in programmi di protezione e di tutela.

Il facilitatore, in tal senso, funge da anello di congiunzione tra il sistema formale di giustizia e il privato sociale: a lui viene demandato il compito di sollecitare e trovare la soluzione più idonea ai bisogni di ogni singolo attore della vicenda penale, mettendo in connessione individui, famiglie, contesti, comunità.

Tra Zenit e Nadir. Rotte educative in mare aperto