Un’immersione nel sistema First Step Method

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Cosa succede quando si ha la possibilità di ripartire per una nuova avventura?

Solitamente si attraversano diversi stati d’animo dalla curiosità all’euforia e, se si ha la possibilità di partire con qualcuno, le emozioni si amplificano ulteriormente, risuonando perché la cassa armonica è costituita da un gruppo e non da un singolo. Con l’avvio della seconda annualità di Thub06 si è aperta anche una nuova edizione della sperimentazione del First Step Method che quest’anno coinvolge i due plessi scolastici di Via Paolo Braccini, 75 e Via Varallo, 33.

La sperimentazione è cominciata con una settimana di formazione per il gruppo di lavoro che applicherà il metodo nelle due scuole torinesi.

L’immersione nel sistema First Step Method è stata possibile grazie ad Elisa Greber e a Francesca Seegy, professioniste attive da anni nel promuovere questo approccio in tutto il mondo, che hanno saputo coinvolgere pienamente i dirigenti, le insegnanti e le educatrici delle cooperative sociali (Liberitutti scs, Cooperativa Sociale Educazione Progetto e Terzo Tempo) che seguiranno la sperimentazione presso le 5 sezioni delle due scuole dell’infanzia.

Sono stati giorni di formazione preziosi e come in tutti i viaggi, si è preparata una valigia, mettendo dentro quello che potrà essere utile partendo da questa riflessione: qualsiasi relazione si voglia instaurare necessita della capacità di mettersi nelle condizioni migliori per osservare e accogliere l’altro.

Osservare nella sua pienezza l’altro, sul piano intellettivo e motorio: “Osservare la capacità corporale del bambino di comunicare con noi” è il primo passo che suggerisce Elisa e che viene messo in valigia. Osservare cosa comunica il corpo di chi abbiamo davanti, come si muove nello spazio, come si esprime attraverso la sua capacità sensoriale e come si relaziona con il mondo è la base del pensiero pedagogico del FSM. La seconda cosa da mettere in valigia è Vincere la paura di avere di fronte bimbi troppo stanchi e fragili che si possano rompere da un momento all’altro”. Spesso si ha timore di chiedere ai bimbi con disabilità di superare i propri limiti fermandosi alla prima stanchezza che manifestano cadendo a volte nella trappola dell’iperprotezione che ostacola un possibile cambiamento. Alla valigia a questo punto si può aggiungere un altro pezzo fondamentale: “Attraverso il contatto fisico si vanno a smontare situazioni bloccate per ricreare un nuovo equilibrio”. Solo attraverso il contatto si instaura fiducia e si permette al bambino di esplorare nuovamente la propria fisicità ricostruendo “Dove inizia e finisce il suo corpo, aiutandolo a visualizzarsi così nella propria testa e a rispondere alla domanda: Chi sono io? Dove inizio e finisco?”.

L’ultima accortezza che suggeriscono Elisa e Francesca prima di chiudere la valigia è un mai più senza da tenere a mente per tutto il viaggio: poichè un cambiamento come sempre richiede coraggio è necessario “Ricordarsi di trasformare le difficoltà del bimbo/a in un elemento di positività per lui/lei che possa fungere da spinta per raggiungere una maggiore autonomia e benessere psicofisico.” 

 

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