La metafora del palombaro | # 3
di stemlab
In questo aprile sospeso, a volte immobile, non si ferma il mio viaggio da educatrice in questi giorni che sembrano spesso uguali uno all’altro, dove fatico a non confondere il week end dalla settimana lavorativa. Dove inizia uno e finisce l’altro?
Smart working in cucina
Lo smarrimento non è dovuto alla sensazione di sentirsi perennemente in vacanza, come mi succedeva alle medie da metà giugno in avanti, ma dalla difficoltà del non riuscire a staccarsi dalla tastiera del portatile. Questa cosa dello smart working forse non l’ho capita bene, perché fatico a mettere un confine tra il lavorativo e il privato, tra quello che considero casa e quello che invece dovrebbe rientrare nel mondo esterno. Non essendo abituata a lavorare da casa, e non avendo una stanza che possa dedicare solo a questa attività, tutto si svolge in cucina, dalla giornaliera conference call alla preparazione del pranzo, il caffè, la scrittura di progetti, i webinar fino alla cena della sera. Diciamo che la privacy l’ho abbandonata alla seconda riunione su Zoom, in cui si intravedeva la moka dietro di me, invece delle tante librerie che intravedevo sbirciando nel privato altrui. Questo non perché non possegga librerie e libri, ma semplicemente non coincidono con la logistica adottata di postazione computer, tazza di tè e teiera.
La metafora del palombaro
Costretta a passare questa primavera in casa, la situazione mi è un po’ sfuggita di mano nel momento in cui ho iniziato ad immaginarmi con una tuta da palombaro durante misteriose esplorazioni sottomarine. È un’immagine che mi è tornata spesso alla mente, perché nei miei viaggi tra siti, piattaforme e applicazioni, mi sono sentita più di una volta proprio come un palombaro che cammina in modo goffo sul fondo marino. Non trovandosi nel suo ambiente naturale, è costretto ad utilizzare uno scafandro, termine che deriva dal greco Skaphè (barca) e andrós (uomo), composto da un elmo scintillante, una tuta di gomma e delle scarpe piombate. Impossibile muoversi con disinvoltura, ostentando sicumera come canterebbero Elio e le Storie Tese, perché i pesi attaccati al collo e nelle scarpe lo tengono in bilico impedendogli di risalire in superficie.
Ecco un primo punto di incontro con questa figura che sembra quasi mitologica.
Il palombaro resta sospeso esattamente come si sentono molti di noi in questa quarantena. Come lui in modo goffo mi sto confrontando con termini che non mi appartengono e con cui lentamente prendo confidenza.
La metafora del palombaro mi affascina per diversi aspetti: c’è un tubo che gli permette di respirare e che lo tiene legato a un riferimento, una barca, permettendogli di ricevere ossigeno ed è il suo unico legame con il mondo di sopra. Mentre cammina lentamente, deve fare attenzione a non danneggiare la tuta, deve raccogliere più informazioni possibili su quello che vede e intuisce, perché la visibilità non è delle migliori, è confinato lì sotto per aggiustare qualcosa.
Il tubo non solo gli permette di ricevere ossigeno, ma garantisce la sicurezza di non perdersi sul fondo marino, strattonando una corda, il palombaro viene recuperato e torna sulla barca. Ecco, in questa azione, mi sono riconosciuta, rivedendo nella barca la mia comfort zone, che a piccoli tratti abbandono per spingermi in piccole esplorazioni tra la moltitudine delle possibilità legate all’educativa digitale.
In una delle mie immersioni, mi sono imbattuta nel webinar del 26 marzo di Riconnessioni dal titolo Laboratorio di creatività digitale: leggiamo e creiamo insieme. Tra le donne brillanti che sono intervenute, una in particolare ha fatto breccia nella mia tuta da palombaro, Giulia Natale, docente di Riconnessioni. Una nativa cartacea, come si definisce lei stessa sul suo sito www.giulianatale.it: “Dopo aver lavorato in una casa editrice specializzata per bambini e ragazzi, da alcuni anni cerco negli store contenuti digitali di qualità, alcuni li racconto nel mio piccolo canale di You Tube”. Giulia Natale arricchisce la rete con il suo blog paddybooks, wired.it e mamamò, portale dedicato all’educazione digitale di bambini, ragazzi e adulti, che raccoglie recensioni di app, ebook, videogiochi, canali video, film e serie tv e notizie su media education e tecnologia under 13. Una suggestione tira l’altra, prendetevi del tempo e leggete i suoi articoli.
Il falso mito per cui tecnologia e manualità non vanno d’accordo.
Una delle sfide che affronta quotidianamente è sfatare il falso mito per cui tecnologia e manualità non vadano d’accordo insieme. Niente di più falso, perché aprono a grandi e piccoli una valigia di infinite possibilità tra cartoncini, colla, forbici e storie interattive. A tal proposito, continuando a restare nell’ambiente marino, vi riporto un esempio di incontro perfetto tra due mondi che Giulia Natale racconta sulla rivista Frizzi Frizzi: si tratta dell’ultimo libro di Julie Stephen Chheng, uscito a febbraio 2018 La Pluie à midi.
L’autrice del libro è una giovane designer franco-cinese che, grazie alla collaborazione con la casa editrice Éditions Volumiques di Étienne Mineur, è riuscita a realizzare un progetto ibrido che ha messo insieme digitale e cartaceo. Quello che ha davvero fatto la differenza, spiega Giulia Natale, è l’approccio con cui hanno lavorato su questo libro, perché il progetto è stato impostato fin dall’inizio cercando una combinazione vincente tra due linguaggi narrativi diversi, creando un nuovo modo di narrare una storia. I due registri, quello cartaceo e quello digitale, possono essere fruiti separatamente, ma anche combinando app e libro insieme, con un livello di cura e incastro che è davvero magico e sorprendente.
Viene voglia di inventarsi un libro interattivo alla seconda pagina di Pluie à midi, lo consiglio per grandi e piccoli soprattutto quando avete necessità di poesia nelle vostre giornate.
Storie di marinai e problem solving
Per concludere la mia esplorazione, prima di risalire in superficie, segnalo ancora un’app che ho scoperto e scaricato sempre grazie alla segnalazione di Giulia Natale. Burly men at sea, app ludica e narrativa degli sviluppatori indipendenti Brain&Brain, disponibile anche in italiano, in una traduzione che permette di apprezzare tutta l’ironia dei dialoghi. Vi confronterete con tre marinai barbuti che si ritrovano di fronte a una mappa bianca da cui partire, c’è un inizio e una fine della narrazione ma tutto quello che succede nel mezzo lo decidete voi giocando. I colori sono chiari, le musiche divertenti, gli scenari incantevoli, semplicemente belli, stimolano l’esplorazione e quel problem solving che ritorna sempre quando sei educatore.
Terminata la mia immersione, tiro la corda e mi faccio riportare nella mia comfort zone, concludo il mio lavoro da remoto al pc e riemergo, tolgo lo scafandro e finalmente prendo una boccata d’aria sul balcone.
Per oggi abbiamo dato.
Chiara Puleo | Educatrice, Liberitutti scs
Tre suggerimenti per voi:
Ventimila leghe sotto i mari (nell’originale francese Vingt mille lieues sous les mers) di Jules Verne. Assolutamente da vedere la versione cinematografica del 1917 di Stuart Paton https://www.youtube.com/watch?v=fDnlxrmqc4o
Segnali di vita tratto dall’album La voce del padrone (1981) di Franco Battiato.
https://www.youtube.com/watch?v=o4Su0flhCf0
RICONNESSIONI
https://www.riconnessioni.it/to/appuntamenti/dal-23-al-27-marzo-webinar-con-riconnessioni/
Ti potrebbe interessare
La Scienza è cultura! Una formazione per ricordarcelo
di stemlab
I momenti di formazione sono tra i più preziosi perché ti concedono il lusso di chiedere, domandare, confrontarti e (ri)attivare il cervello...
Gaming ed Educazione: una nuova strada da percorrere insieme
di stemlab
Un articolo di “Kidscreen” di un anno fa fotografava il rapporto tra gioco e minori, fornendo dati misurabili rispetto alle preferenze tra...
Instillare speranza in tempi di incertezza. Alfabetizzazione del rischio.
di stemlab
Il ruolo degli insegnanti, come quello dei genitori, si rivela particolarmente importante per la buona riuscita di un progetto di vita, che sia...