S.O.S. in Liguria: difficoltà e speranze
di centriantiviolenzaemma
“S.O.S. è un progetto molto interessante ma complesso perché tocca un tema per noi molto sensibile. Gli orfani e le orfane di femminicidio sono figli e figlie di donne che non si è riusciti a proteggere. Vittime anche loro delle violenze che con il nostro lavoro cerchiamo di portare alla luce”
A parlare Paola Calcagno del Centro Per non Subire Violenza di Genova, uno dei partner operativi del progetto S.O.S.. L’associazione gestisce due centri antiviolenza, una casa rifugio e due alloggi di secondo livello per l’autonomia.
Quanti orfani speciali sostenete?
Al momento sono sei, tra i 6 e i 16 anni. 4 sono i figli di una donna uccisa nel savonese dal loro padre che ora è in carcere. Gli altri due vivono nello spezzino, hanno perso anche il padre che si è suicidato, sono affidati a parenti della madre. I due femminicidi sono avvenuti nel 2023 e 2024. Appena lo abbiamo saputo dai giornali abbiamo scritto ai direttori dei distretti sociali, che ci hanno messo in contatto con i servizi che seguivano i minori. Ma il percorso per arrivare a sostenerli è stato lento e tortuoso.
I diversi contributi, per cure mediche, scolastiche, attività sportive, sono stati definiti con le assistenti sociali e le loro tutrici. Ma ci sono voluti mesi. Recentemente ci è stato anche chiesto di contribuire a sostenere un percorso psicoterapeutico che i servizi pubblici non possono più garantire. Speriamo a breve di riuscire a offrire sostegno anche ad una delle famiglie affidatarie.
Ma quanti si stima siano in Liguria i potenziali beneficiari?
Dati ufficiali non ci sono. Secondo la ricerca Eures, commissionata nel 2021, all’avvio del progetto S.O.S erano 13. Ma mentre per i casi recenti siamo riuscite a trovare dei contatti, per quelli passati le ricerche sono veramente difficili. Possono aver cambiato regione, nome. E poi sono giustamente tutelati dal diritto alla privacy.
Avete avuto difficoltà nel dialogo con i servizi pubblici?
Il rapporto è delicato, bisogna muoversi con tatto, nel rispetto dei reciproci ruoli. Ma i centri antiviolenza, espressione del privato sociale, possono dare un contributo importante di affiancamento. Le risposte per chi resta dopo un femminicidio sono ancora insufficienti.
Insieme agli altri partner liguri del progetto S.O.S vorremmo contribuire alla definizione di un protocollo che definisca in modo chiaro il percorso che va attivato subito dopo un femminicidio e che garantisca sostegno anche nel tempo. Ne abbiamo parlato nell’incontro che abbiamo avuto in Prefettura a Genova.
Prevenzione e sensibilizzazione sui temi della violenza. Cosa prevede il progetto S.O.S.?
Noi da anni facciamo formazione per il riconoscimento della violenza di genere nelle scuole, siamo un punto di riferimento.
Nei primi tre anni del progetto S.O.S. abbiamo avviato nuovi corsi e laboratori per insegnanti delle primarie e delle secondarie, e operatori della comunità educante. E vogliamo coinvolgere in questa attività anche il mondo dello sport.
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