“Al Centro S.O.S. non ci sentiamo più soli”: intervista a Eleonora, mamma adottiva di un orfano speciale
di centriantiviolenzaemma
“Il Centro S.O.S. è un luogo dove io e mio figlio ci siamo subito sentiti accolti. Lui ci viene volentieri perché si sente riconosciuto senza dover dare spiegazioni”.
Eleonora (nome di fantasia), che ha adottato un orfano speciale, ha deciso di raccontare la sua esperienza che non è stata facile: “Spesso – dice – ci siano sentiti soli nell’affrontare i bisogni, i problemi di un ragazzino che doveva elaborare un evento così traumatico”.
Eleonora e suo marito avevano fatto domanda di adozione e a settembre 2015 gli è stato proposto “l’abbinamento”, questo il termine tecnico, con Francesco rimasto solo dopo il femminicidio della madre. Il padre era finito in carcere e i fratelli affidati ad altre comunità.
Dopo pochi mesi è stato formalizzato l’affido preadottivo di un anno.
“Volevamo dirlo noi a Francesco – racconta Eleonora – invece l’ha saputo dai responsabili della comunità. Una mancanza di attenzione a cui ne sono seguite tante altre. Pochi giorni dopo, il 12 dicembre dovevo andare io a prenderlo a scuola e portarlo a casa ma hanno fissato alla stessa ora la firma in Tribunale dei documenti. Bastava poco per coordinarsi e non deludere Francesco che mi aspettava.”
Dal giorno in cui ha lasciato la comunità per tutto il primo anno con loro, secondo Eleonora, i servizi sociali sono stati assenti:
“Ci hanno spiegato che il caso era complesso ma non c’erano risorse per poter seguire nostro figlio e ci hanno invitato a rivolgerci ad uno psicologo privato. Cosa che ovviamente abbiamo fatto ma diverso sarebbe stato essere seguiti come famiglia da una équipe specializzata. Siamo andati avanti da soli ma quando c’è stato bisogno di un sostegno educativo abbiamo puntato i piedi e ottenuto un concorso per le spese di un educatore che ha affiancato Francesco. L’abbiamo fatto per principio, perché non si dimenticassero che il suo diritto ad essere tutelato è un obbligo per lo Stato.
L’attenzione si concentra sulle vittime primarie dei femminicidi, sulle donne uccise, e ci si dimentica dei figli e delle figlie che in un attimo perdono tutto. Ragazzi e ragazze quasi sempre cresciuti assistendo alle violenze, bambini e bambine che non avrebbero potuto far nulla ma si sentono in colpa per non essere riusciti a fermare chi ha ucciso la loro madre. A cui non va nascosta la verità ma vanno anche protetti dai media. Che hanno diritto di non essere sempre associati a quello che gli è accaduto, ma di essere ricordati da chi, per legge, deve prendersi cura di loro”.
Del Progetto S.O.S. Eleonora ha saputo da una lettera di presentazione inviata al suo ordine professionale. Dopo il primo contatto telefonico, sono iniziati i colloqui al Centro S.O.S. per capire a quali bisogni avrebbe potuto rispondere. Il primo è l’assistenza legale per ottenere gli aiuti economici previsti dalla legge 4 del 2018 per gli orfani di femminicidio.
“Nessuno – sostiene Eleonora – ci ha contattato per informarci, io l’ho scoperto per caso leggendo un articolo. Un altro segnale di quanto poca attenzione ci sia. Noi possiamo permetterci di mantenere Francesco ma se non fosse così? Lui ha diritto ad avere anche i 50 mila euro destinati alle vittime di crimini domestici.”
Ma in che altro modo il Progetto potrebbe essere utile a Francesco?
“Gli ha fatto piacere sapere dell’esistenza del Centro S.O.S., ci viene volentieri perché sa che sarà ascoltato e non giudicato per la sua storia. Io spero che il progetto possa essere per lui un “navigatore”, uno strumento che lo aiuti a trovare l’attenzione e il riconoscimento che gli sono dovuti. Sta per finire gli studi e forse potrebbe avere anche bisogno di un aiuto per capire cosa fare da grande”.