L’Agorà “virtuale” degli Operatori
di Arcos
La scuola, che mai come oggi abbiamo compreso quanto sia al centro della vita sociale, definendone i tempi, incidendo sulla possibilità dei lavoratori smart di lavorare, riempiendo o svuotando i mezzi di trasporto pubblico, … si è improvvisamente trovata a doversi ripensare. Sappiamo che ciò forse poteva avvenire anche prima, anche senza la necessità dell’emergenza pandemica, sappiamo che da qualche parte qualche cambiamento era avvenuto, ma che nella maggior parte delle nostre scuole vivono i modelli del secolo scorso e forse anche di quello prima ancora.
In questo scenario, il mondo della scuola è stato improvvisamente catapultato (da un giorno all’altro, possiamo davvero dire) nella dimensione della didattica a distanza (la DAD). E con esso le famiglie.
Il Progetto “La Scuola una Piazza” ha tra i suoi obiettivi proprio quello di rinnovare la scuola coinvolgendo l’esterno, di incidere sulle povertà educative facendo in modo che ci siano processi osmotici tra il contesto e la scuola, che la scuola si apra ed entri nelle piazze e che la comunità entri nella scuola. Lo scambio può creare flussi di valore per tutti: bambini, insegnanti, famiglie, comunità.
La scuola che esce dalle sue mura, la scuola che si “allunga” nella comunità che la circonda traendone contribuiti e altrettanto lasciandone.
Arrivato il Covid-19 anche il Progetto “La scuola una piazza della città” ha subito alcune conseguenze: le “uscite” per i laboratori, gli sportelli, la banca del tempo, tutti i servizi previsti dal progetto si sono necessariamente dovuti fermare; ma tale stop è durato poco, e alcuni operatori – educatori, mediatori culturali, psicologi, psicomotricisti, … – si sono reinventati e hanno individuato nuove modalità per non abbandonare i contatti creati nel tempo, per stimolare le famiglie a nuovi servizi focalizzati sul momento contingente, per trovare formule per coinvolgere i bambini. Insomma, un processo di rimodulazione che ha impegnato gli operatori e le cooperative e che ha inciso positivamente, visti i feed back a oggi ricevuti, sulle vite complicate delle famiglie.
A fronte di tale passaggio, abbiamo realizzato un incontro virtuale con gli operatori del Progetto per raccogliere indicazioni su cosa è stato realizzato, ma soprattutto su quali sono state le loro impressioni rispetto al vissuto di chi è stato coinvolto nelle attività, per comprendere se ci sono lezioni da imparare per il futuro da questa esperienza.
Questa attività fa parte del percorso di monitoraggio e valutazione che segue il Progetto via via nel suo sviluppo per dar conto sia ai finanziatori (Fondazione con i Bambini), sia al Comune di Genova e alle Cooperative coinvolte nel percorso. La finalità ultima della valutazione sarà quella di individuare i risultati raggiunti, i cambiamenti attuati e, in divenire, gli impatti possibili; obiettivo in itinere del processo valutativo è invece quello di avere costante consapevolezza di ciò che di buono e di ciò che c’è da reindirizzare.
Ciò che gli operatori hanno vissuto in una condizione di emergenza li ha indotti a riflettere sul proprio lavoro, sulle esigenze degli utenti, sulla possibilità del cambiamento. Questa che è, di fatto, una prospettiva utile in generale al fine di essere attenti a cosa accade nei contesti, oggi diventa essenziale per ripensare le modalità dei servizi educativi a supporto della comunità.
Un repentino passaggio a un sistema in cui la relazione diretta sparisce è parso inizialmente un cambiamento impossibile per proseguire le attività, ma per altri, dopo i primi momenti di smarrimento è stata attivata una riprogettazione delle attività mettendo, come sempre, al centro il bisogno dei bambini e delle loro famiglie.
Le reazioni al cambio di contesto ottenute sono varie e non tutte si sono appoggiate a tool digitali; il primo supporto per tenere la relazione con i genitori (soprattutto le mamme) è stato, di fatto, il telefono, tramite consulenza psicopedagogica, una voce amica che dona supporto e sollievo alle famiglie.
In questo ambito anche le letture, direttamente via telefono o via WhatsApp fatte ai bambini sono state un supporto molto apprezzato. Importante rivalutare come il non poter utilizzare il senso della vista, ha stimolato gli altri sensi e, in particolare, di essersi resi conto che “l’emozione passa attraverso la voce”, anzi evitare “l’invasione delle immagini” favorisce la concentrazione dei bambini sul testo.
Un tema interessante fa riferimento al tipo di relazione che, grazie a contatti diretti via telefono, si è avuta con le famiglie: “siamo entrati in casa”, “abbiamo instaurato un rapporto più intimo”.
Entrare in casa significa avere maggiore visibilità delle fragilità delle famiglie, percepire l’angoscia legata ad un momento di forte incertezza che stiamo vivendo, comprendere il contesto fisico e psicologico in cui vivono. In particolare, chi si occupa di mediazione culturale ha avvicinato le famiglie per fornire informazioni precise sul Covid-19 nella lingua madre, per ascoltare le diverse esigenze, in alcuni casi molto legate alla vita quotidiana non solo per i bimbi 0-6, ma spesso anche per la gestione dei bimbi più grandi che devono frequentare lezioni on line.
L’“entrare in casa” ha messo in evidenza vari bisogni, in primis di ascolto, e ha sensibilizzato alcuni operatori all’attenzione massima che è importante avere rispetto ai vissuti delle famiglie nei confronti dei figli, rispetto alle condizioni di vita, tra queste oggi diventano importanti 4 fattori fino a ieri non del tutto rilevanti: possesso di device adeguati, accesso alla rete, capacità di utilizzo degli strumenti e, non ultimo, la possibilità di avere un luogo fisico nella casa in cui poter parlare al telefono o avere una video chiamata.
Certo ci troviamo di fronte a mondi pedagogici in parte inesplorati (quando mai si pensava di far trascorrere così tanto tempo a un bimbo davanti a uno schermo), ci si prospettano cambiamenti comportamentali che, probabilmente, ci accompagneranno ancora per qualche tempo, ma gli educatori “sono in viaggio, prima dei loro utenti”.
Insomma, la “piazza” del Progetto sta diventando anche una piazza virtuale.
A cura di Daniela Congiu, Mixura
daniela.congiu@mixura.com
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