Una vicepreside in spaccata!

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I ragazzi partecipanti al laboratorio di giornalismo hanno scelto come soggetto della loro intervista la vicepreside dell’I.C Belforte del Chienti, Francesca Pellizzaro che si è felicemente prestata a rispondere alle curiosità dei suo scolari.
Di seguito un estratto dell’intervista.

Che difficoltà ha trovato nel suo ambito lavorativo?
La difficoltà è stata quella di avere il mio primo impiego di lavoro nel mio stesso liceo; poi cambiando scuola la difficoltà è il domandarsi: “sarò in grado? Mi piacerà? Riuscirò a integrarmi? Anche perché non succede mai che va tutto bene da subito.

Proprio a causa di queste difficoltà, ha mai pensato di lasciare o cambiare il suo lavoro?
Una volta in realtà l’ho fatto. Ho partecipato a tanti concorsi non vincendo mai; sono rimasta delusa, per cui sono andata a fare teatro. Purtroppo non riuscivo ad arrivare a fine mese e decisi di reinserirmi in graduatoria. Ripropongo spesso il teatro ai miei alunni perché la mia passione è rimasta.

Quali sono i pro e i contro della sua professione?
I pro sono tantissimi, adoro stare con i miei alunni e li conosco tutti, spesso ricordo anche i loro problemi. I contro? Ci vuole tanta energia, per alcune cose sono molto meno tollerante, mi dà fastidio il rumore e le chiacchiere di sottofondo. 

Da quanto pratica il suo mestiere? Da quanto è vicepreside?
Io lavoro qua da 14 anni, e sono vicepreside da circa 8 anni.

Che cosa farebbe per migliorare questa scuola?
Cambierei qualcosa della scuola in generale; soprattutto la burocrazia; passare giorni a scrivere carte togliendo così tempo prezioso allo scambio con i ragazzi.   

Quali sono secondo lei le differenze più grandi tra ragazzi che incontra ora nel 2021 in classe rispetto a quelli di 10 anni fa?
Una cosa che mi preoccupa veramente è che i giovani di oggi hanno la capacità di ascolto limitata e superficiale; inoltre sono troppo stimolati. Le cose passano davvero troppo veloci e loro non fanno neanche in tempo ad afferrarle e a tenerle. 

Dove le vengono le idee dei progetti che ripropone a scuola?
Osservando i miei studenti e ciò che mi circonda; quando vedo una cosa che mi piace provo a riproporla e questo è possibile grazie a un corpo docenti che supporta le mie idee e viceversa.

Quale sarebbe il suo sogno per sentirsi completamente realizzata a livello lavorativo?
Direi che sono contenta, faccio un lavoro che mi piace; ecco forse vorrei solo avere qualche anno di meno per dire posso fare ancora molto. Forse darei fuoco a tutte le carte, la vicepreside è un ruolo che nessuno vuole fare, perché implica di stare tante ore a scuola.

Preferisce lavorare in team o da sola?
Io preferisco cominciare da sola e sapere che le cose poi dipenderanno da me; anche se, è sicuramente più facile trovare idee quando sei in un team, però mi rendo conto che non posso chiedere agli altri di investire più tempo nei progetti.

Dato che si vede quanto lei ama il suo lavoro, le piacerebbe insegnare il suo mestiere ad altri più giovani?
Certo, in realtà già lo faccio. Avete notato in questo periodo gli insegnanti che si chiamano tirocinanti? Loro sono qui per guardare noi mentre lavoriamo per imparare, per vedere per cogliere da ogni insegnante il suo stile diverso di insegnamento è per questo che lavorano in diverse classi. È anche capitato recentemente che questi tirocinanti hanno fatto domanda per rimanere a lavorare in questa stessa scuola. A volte mi chiedono anche di fare dei corsi di teatro per scuole le scuole, ed io porto loro le mie competenze e conoscenze nate praticando il teatro con i ragazzi. Allo stesso modo cerco di integrare negli spettacoli i ragazzi disabili, in quanto parti delle classi delle scuole; in questo momento in cui loro sono davvero inclusi perché fanno parte di un gruppo con uno scopo.   

Preferisce il lavoro cartaceo o digitale?
Dipende, generalmente uso entrambi. L’anno scorso quando buttavamo giù le idee erano su cartaceo. Io andavo a casa e col computer le scrivevo la scenografia, riportare in classe per presentarle agli alunni. Col digitale invece creo più le locandine degli spettacoli.

Esiste il bullismo in questa scuola? E quando lei ne viene a conoscenza cosa fa per affrontarlo?
Secondo me sì, ci sono sempre delle forme di bullismo come dappertutto. Le forme del bullismo sono diverse e non ce n’è una più dolorosa dell’altra. Ci sono le forme di esclusione; io penso che se venisse esclusa soffrirei e quindi credo che non bisogna escludere gli altri. Quindi cerco di far passare ai miei studenti un quesito: Ti piacerebbe che facessero la stessa cosa anche a te? Se è no, allora perché lo fai agli altri? Brutto è anche il bullismo fatto con i social media. Perché sono atti che causano comunque un enorme sofferenza ma chi le causa resta nascosto dietro uno schermo o all’anonimato per mancanza di coraggio. L’importante è anche che le cose vengono fuori dai ragazzi stessi, se non state bene e  vi sentite a disagio oppure se sapete che qualcuno sta vivendo un problema, dovete parlatene. Se sappiamo possiamo intervenire.

Ho mai avuto seri problemi da affrontare con alcuni studenti?
Sì, ne ho avuti tanti. Di uno in particolare ricordo anche la data di nascita. È stato qui con me alunno e ora c’è suo nipote, è stato uno studente che mi ha fatto vedere i sorci verdi; ma ora quando lo incrocio per strada mi dice: “Prof. io un po’ mi vergogno a venirla a salutare perché tutte le cose che mi diceva mi sono accorto essere vere, e lei aveva ragione”.

Che consiglio darebbe a chi vuole fare il suo stesso lavoro?
Sì generoso con il tempo che dedichi al lavoro, ai ragazzi, e con le emozioni positive.

Le piacerebbe diventare preside di una scuola?
Assolutamente no! Anche perché il preside è diventato un dirigente di azienda. Noi siamo insegnanti ed i risultati del nostro lavoro si vedranno solo nell’arco di 20 30 anni. Vedere gli occhi di un alunno che si illuminano perché hanno capito qualcosa è una gioia per me che se facessi la preside non potrei vedere. Un preside che sta sempre chiuso nel suo ufficio che cosa ne sa dei suoi alunni?

C’è una classe ora particolarmente caotica?
Più o meno tutte, le classi “mortaccine” non esistono più ed è meglio. I ragazzi vivaci ci sono sempre stati, ora invece è come se gli alunni avessero paura del silenzio e dovessero riempirlo con le chiacchiere. Anche una classe molto vivace di interessi tende rispetto agli anni passati ad essere più chiassosa.

Da 1 a 10 quanto è soddisfatta di tutto il percorso della sua carriera?
Direi 11! Da un lato mi dico vorrei andare in pensione oggi, quando mi sento particolarmente stanca. Dall’altro non ci vorrei andare mai perché la carica e l’energia che ti danno i ragazzi non la ritrovi da nessuna parte.

C’è un libro o un film da cui ha preso spunto per la sua filosofia di vita o lavorativamente parlando?
Sicuramente “L’attimo fuggente”, mi piace moltissimo “Sister Act 1 e 2”, e molti altri incentrati sulla figura dell’insegnante come anche “Good bye Mr. Holland” vecchissimo ma toccante perché parla di un professore di musica ormai anziano che viene visitato dai suoi ex alunni che lo ringraziano per il suo lavoro. Quando ero molo giovane una ragazza mi disse: “io voglio fare  l’ISEF (Istituto Superiore di Educazione Fisica) perché mi pacerebbe un giorno diventare come lei”. E questo è stata una grande soddisfazione per me, perché tu fai trasparire la passione e l’amore che hai per il tuo lavoro e che ci credi veramente. Ed è un messaggio forte.

Lei è mai stata bocciata?
No bocciata no, sicuramente perché sono molto fortunata ad avere un’ottima memoria, credo di aver studiato sempre la metà di quello che hanno studiato i miei compagni. Ero anche molto brava organizzarmi anche perché facendo ginnastica artistica e atletica la sera non avevo tutto questo tempo per poter studiare a casa la sera, prestavo anche molto attenzione in classe; se stai attento in classe l’80% del lavoro è fatto, a casa è solo un ripasso.

C’è un professore che ammira molto in questo istituto?
Ce ne sono molti, la prof. Presciuttini (appena andata in pensione) era la collega di inglese e faceva anche il pomeriggio, lei ha molto lavorato per il vostro benessere puntando a voi come persone. Mi piacciono comunque molto le prof. Scoppetta, Pellegrini e Zaccaria, Fejes perché si vede che danno l’anima nel loro lavoro. Il privilegio della nostra scuola è che accoglie tutti gli insegnanti che vengono qui e che trovano una situazione molto accogliente e familiare; sono loro i primi a cercare di tornare qui a lavorare con noi;

Ha scelto lei questo lavoro?
L’ho scelto io da piccola perché facendo ginnastica artistica mi sono ritrovata a 16 anni ad avere la mia prima squadra da allenare. Ed ero brava. Sapevo che avrei amato lavorare con le disabilità e dopo vari corsi di perfezionamento sono diventata insegnante di sostegno.

Ci fai un passo di ginnastica artistica?
Ma certo vi faccio subito un bella spaccata!

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