La valutazione di impatto: un processo articolato che guarda oltre i numeri

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Il progetto S.C.AT.T.I. analizzato con gli occhi dell’ente valutatore Disamis Srl. Un percorso a più tappe che coinvolge diversi attori. 

Il processo di valutazione di S.C.AT.T.I. è sembrato sin dall’inizio un viaggio avvincente. Dalle prime riunioni con il coordinamento nazionale e i referenti dei territori ai giorni di missione sul campo, passando per i colloqui e gli incontri di partenariato, abbiamo percepito da subito un certo entusiasmo: quello appassionato e appassionante che rincuora sempre, perché testimone di un certo modo di fare e di vivere la cittadinanza e l’impegno sociale.

Quando abbiamo cominciato, S.C.AT.T.I. era già in fase avanzata e noi eravamo chiamati a sostituire il soggetto valutatore di un progetto che – nonostante il COVID – stava andando avanti. Questo diceva già molto di quello che avremmo imparato man mano.

Un compito fondamentale che ci siamo dati subito è stato quello di trasmettere il messaggio che la valutazione deve essere utile, utilizzabile e utilizzata, deve riguardare l’opportunità di riflettere e apprendere, e che non è tanto un giudizio esterno quanto invece un percorso di autoconsapevolezza facilitato – questo sì – da un occhio esterno. Abbiamo dedicato a ciò gran parte della fase di esplorazione del mandato valutativo, tramite incontri, discussioni generose e illuminanti, animate dalla voglia di condivisione e dal senso critico di chi era collegato davanti alla webcam e ci offriva con spontaneità uno spaccato vivido della propria realtà quotidiana da quattro territori così lontani eppure in qualche modo vicini tra loro.

Non appena è stato possibile, abbiamo organizzato i casi studio territoriali a Cosenza, Palermo e Milano (rimandando all’autunno – per ragioni d’opportunità – quello di Roma): i documenti li avevamo studiati, quello che era possibile discutere a distanza era stato discusso. Era tempo di incontrarsi, di calcare i luoghi del progetto, di conoscere di persona gli operatori, i volontari, i bambini, i genitori, i docenti e i membri delle istituzioni, del privato sociale e della comunità educante in generale con cui avremmo passato un intenso mese di lavoro in comune.

Una volta sul campo, forti del grande supporto ricevuto prima e durante le missioni, siamo riusciti ad essere molto produttivi. Prima un esercizio partecipativo con i bambini nelle scuole, poi le numerose interviste (individuali e di gruppo), infine workshop in plenaria con tutti gli operatori, in cui discutere insieme retrospettivamente e prospetticamente sui cambiamenti percepiti (anche su se stessi), su quelli auspicati e sulle aspettative da lì a due anni (che saranno oggetto di indagine successivamente).

È difficile dire se si tratti di quattro progetti diversi uniti da una mission comune o di un unico progetto declinato in quattro modi diversi. Peraltro, manca ancora una buona porzione del pianificato: oltre a realizzare il caso studio romano dovremo analizzare in profondità i documenti e i materiali progettuali, per ripercorrere – attraverso gli artefatti prodotti (es. verbali, fogli firme, linee guida, slide, fotografie e video, etc.) – la storia del progetto, delle persone, delle idee e delle emozioni che lo hanno fatto crescere e vissuto al contempo. Qualunque siano le “conclusioni” a cui arriveremo (paragrafo d’obbligo dei Rapporti valutativi), siamo certi che ricorderemo di quest’esperienza i volti, gli occhi e i sorrisi di persone competenti, brillanti e appassionate; qualità che ci auguriamo di trovare sempre più spesso nei progetti che valutiamo.

 

Articolo a cura di Gabriele Levi e Walter Antonio Canu di Disamis, ente valutatore del progetto S.C.AT.T.I.

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